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Recensione “Il libro delle case” – Andrea Bajani

Recensione “Il libro delle case” – Andrea Bajani

Il libro delle caseIL LIBRO DELLE CASE 

di Andrea Bajani

Editore: Feltrinelli

Pagine: 256

 

 

 

TRAMA. A quante parti di noi siamo disposti a rinunciare per continuare a essere noi stessi? E soprattutto: dove abbiamo lasciato ciò che non ci siamo portati dietro? Quali case custodiscono in segreto o tengono in ostaggio i pezzi mancanti di noi? Per raccontare la vita di un uomo, l’unica possibilità è setacciare le sue case, cercare gli indizi di quel piccolo inevitabile crimine che è dire “io” sapendo che dietro c’è sempre qualche menzogna. Il libro delle case è la storia di un uomo – “che per convenzione chiameremo Io” –, le amicizie, il matrimonio nel suo riparo e nelle sue ferite, la scoperta del sesso e della poesia, il distacco da una famiglia esperta in autodistruzione, e la liberazione dal mobilio che per vent’anni si è trascinato dietro a ogni trasloco. Le case di Io sono tante. La prima è la Casa del sottosuolo a Roma, è sotto il livello della strada ma vi si sente ogni giorno il cannone che dal Gianicolo spara a salve contro la città. È lì che Io muove i primi passi a fine anni settanta, lì che si spartisce lo spazio con il resto della sua famiglia, lì che si rovesciano, dalla tv, le immagini di Aldo Moro sequestrato, del corpo di Pasolini rinvenuto all’Idroscalo. La storia di Io salta di casa in casa, su e giù per gli anni, tessere ciascuna di un puzzle che si costruisce tra l’ultimo quarto del millennio e il primo degli anni zero: è giovane amante di una donna sposata in una casa di provincia, infante che insegue una tartaruga a quattro zampe; è marito in una casa borghese di Torino, e bohémien in una mansarda parigina; adolescente preso a pugni dal padre in una casa di vacanza, e giovane universitario buttato sopra un materasso; e poi semplicemente un uomo, che si tira dietro la porta di una casa vuota. In questo romanzo costruito come una partita di Cluedo o un poliziesco esistenziale, Andrea Bajani scrive una prosa che si leva in poesia, sa di cielo e di angeli ma anche di terra e bruciato. È un viaggio, Il libro delle case, attraverso i cambiamenti degli ultimi cinquant’anni, nelle sue architetture reali così come in quelle interiori, i luoghi da cui veniamo e quelli in cui stiamo vivendo, le palazzine di periferia degli anni sessanta, lo sparo che cambia il corso della storia, e il bacio rubato dietro una tenda.

 

RECENSIONE.

La vera casa non è una gabbia con l’uccellino né un armadio per la biancheria, ma la presenza della persona che si ama.

Il libro delle case di Andrea Bajani mi ha sorpresa. Ho dovuto rielaborare, pensare, lasciarlo in attesa per comprenderlo appieno. E a mio parere, una sola lettura non basta.
Il libro, consigliato da Concita de Gregorio al Premio Strega 2021, esplora la vita di una persona (che viene chiamata “Io”) attraverso le case che essa ha abitato.

Al citofono c’è il cognome di Io con lo stesso carattere degli altri cognomi scritti sulla pulsantiera. È il terzo sulla destra, schiacciandolo col dito si entra in casa con un suono: dentro c’è una famiglia che Padre ha chiuso a chiave e che ogni tanto si affaccia alla finestra. Io ha otto anni, e se fosse possibile, guarderebbe sempre fuori.

In questo libro infatti, non si descrivono personaggi (infatti tutte le persone che vengono descritte non hanno un nome ma semplicemente uno status parentale: Io, Padre, Madre, Sorella, Nonna, Moglie con Bambina) ma si descrivono i luoghi, gli appartamenti, le case che queste persone hanno abitato e attraverso di esse, si comprende la vita del “personaggio principale”: Io.
Andrea Bajani rivoluziona il ruolo delle case nel suo romanzo, rendendole protagoniste, lasciando sullo sfondo i personaggi che normalmente abitano il romanzo.

La casa del persempre è una struttura circolare, ha la forma e la struttura di un anello nuziale. In quanto ritrovato architettonico è tra quelli tecnologicamente più avanzati: scompare dentro un palmo, può stare in una tasca.

La struttura di questo romanzo è originale, costituito di capitoli brevi che raccontano una fotografia, un frammento di vita; Capitoli che si susseguono in modo non cronologico, ma con salti temporali ( che ricorda molto lo stile de Il colibrì di Sandro Veronesi) che coprono 25 anni di vita.
Il tutto viene narrato in terza persona, scelta stilistica che vuole allontanare il lettore dalla vicenda personale di Io, rendendo la storia il più universale possibile.
La cosa che più mi ha colpita di questo libro è la capacità dell’autore di descrivere come casa, anche le cose più astratte (come la casa dei ricordi fuoriusciti) e gli oggetti (come la casa del persempre o la casa degli appunti).

La casa degli appunti è una casa delle parole semovente, è dove la sua attività si è trasferita. Io non ci entra ogni mattinata apre la porta quando vuole. Tecnicamente è un taccuino. Ha 81 pagine e quindi altrettanti appartamenti.

Unica pecca, a mio modestissimo parere, è la troppa brevità dei capitoli: avrei preferito capitoli più lunghi, per riuscire a comprendere nel profondo la storia di Io e delle case che egli ha abitato.
Consiglio di leggerlo con attenzione, perché nonostante questa piccola critica, è una storia davvero che merita di essere letta.

Buona lettura a tutti,
Rachele.

 

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Rachele Bini

Rachele, 31 anni. Una, Nessuna, centomila. Copywriter e amante della comunicazione, la scrittura è il suo pane quotidiano. Ha gestito un Ufficio Stampa per una piccola Casa Editrice Indipendente. Aspirante Giornalista, scrive per "Il Tirreno".

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