ON AIR


Preparativi di viaggio: quell’insana passione per “la lista”

EP.5: Bruciare sempre, spegnersi mai

EP.5: Bruciare sempre, spegnersi mai

“Bruciare sempre, spegnersi mai”  cantava Lodo Guenzi de Lo Stato Sociale in “Eri più bella come ipotesi”.
Fermiamoci un attimo, voi come lo leggete il titolo di questo film?
Al netto della vostra capacità di analisi del testo chi è che brucia, il ritratto, o la giovane?
Non allarmatevi se pensate che il vostro intuito stia facendo cilecca, sono abbastanza sicura che siano valide entrambe le ipotesi, anzi, che sia un’ambiguità ricercata.

Lei si chiama Héloise, è una giovane dama del 1770 in procinto di sposarsi con un nobile che non ha mai visto, e che la vedrà per la prima volta tramite ritratto.
Se vi sembra un metodo anacronistico per conoscersi, vi invito a riflettere sul fatto che duecentocinquanta anni dopo, miliardi di coppie ogni giorno si vedono per la prima volta in una piccola foto tonda di un profilo Instagram, e che la metà di loro, delusa dalla versione “no filter” in carne ed ossa, non arriva al secondo appuntamento.

Triste verità, lo so.

Quella di Hèloise è una condizione tipica delle giovani della sua epoca e anche di quella precedente, è già successo alle altre donne della sua famiglia. La prima, sua madre (interpretata dalla “nostra” Valeria Golino) ha accettato la sua condizione passivamente, ma cerca per la figlia un futuro sposo che le regali una vita diversa.
La seconda, sua sorella si è suicidata.

Per questo Hèloise brucia.

Quello che la arde è un furore che neanche lei riconosce e che sua madre individua in una naturale ribellione alla condizione di un matrimonio imposto, brucia dello stesso fuoco per il quale è perita sua sorella, è una giovane in fiamme.
Eppure le fiamme sono oggetti mutevoli per eccellenza, la legna trasforma il fuoco, gli cambia orientamento.

 

Imparare a nuotare

La legna che viene aggiunta improvvisamente al nostro fuoco ha le fattezze di una giovane pittrice incaricata di ritrarre Heloise, che da sempre sfugge alla sua stessa immagine nel tentativo di fuggire alla sua sorte, il matrimonio imminente.
Ritratto della giovane in fiamme (“Portrait de la jeune fille en feu”, Cèline Sciamma, 2019) è la storia di un ritratto impossibile, tessuta sulla trama di una raffinatissima sceneggiatura (non a caso miglior sceneggiatura a Cannes 2019), a tal proposito consiglio una prima visione in italiano, per poterla apprezzare in tutte le sue sfumature, a meno che non siate stati molto attenti in terza media e il francese non sia la vostra seconda lingua.

 

Sto dicendo che ci saranno anche cose piacevoli

State dicendo soprattutto che avrò modo di distrarmi

 

Incoraggiandola a contrarre il matrimonio e a scegliere di coglierne gli aspetti positivi, la pittrice cerca di insegnare ad Heloise a nuotare in un mare che non desidera conoscere, ed è quello della vita futura. Le sta consigliando non solo di galleggiare nel suo futuro, ma di imparare  a solcarne le acque, a trovare una direzione al suo vagare e a seguirla.

 

Il mare dove non si tocca 

E’ il titolo di un libro di Fabio Genovesi che mi fu regalato anni fa. Non ne ricordo nemmeno una riga, se non quella del titolo citato, che è effettivamente abbastanza suggestivo. A grandi linee però penso che trattasse dell’imparare a cavarsela da soli quando i nostri punti fissi vengono meno, si tratta di esplorare un mare che aldilà delle retoriche zuccherine sul coraggio di buttarsi, per quanto coraggiosi si possa essere, potrebbe comunque esserci fatale.

A questo punto della storia scopriamo che non è forse Hèloise l’elemento fragile della coppia, ma bensì la pittrice. Ambedue si sono spinte fino al punto di non toccare più nel mare incantevole e spietato dell’amore, e viene fuori che fra le due quella che ha imparato a nuotare più rapidamente, è proprio la giovane che brucia di un fuoco che non s’è spento mai, ha solo cambiato forma.

Quella che era rabbia adesso è amore.

 

La scelta del poeta

Per affrontare questo ultimo punto, che poi è il fulcro di quello che volevo dirvi, è necessario scomodare un temibile libro di letteratura latina, perché parliamo del mito di Orfeo ed Euridice. Nel caso foste stati tanto fortunati (o furbi) da evitarvi un percorso scolastico senza il latino, non temete, allego qui di sotto un rapido riassuntino della vicenda:

Orfeo ed Euridice

Orfeo è un celebre poeta proveniente dalla Tracia (a proposito di crossover: prima di comparire come poeta in questa vicenda, Orfeo lo troviamo fra gli argonauti nelle Argonautiche di Apollonio Rodio) che ha perso la sua amata, Euridice, perita per il morso di un serpente. La sventurata si trova adesso negli inferi e Orfeo è determinato a riportarla in vita, e gliene viene data l’occasione proprio per merito della sua vena poetica che muove a compassione anche le creature demoniache. C’è un però: il patto è che Orfeo intraprenda il cammino dagli inferi alla terra con Euridice alle sue spalle, senza voltarsi mai fino alla meta del loro cammino.

Cosa fa Orfeo? Ovviamente, si volta. E perde Euridice per sempre.

Ora, sul perché Orfeo si volti si è orchestrato uno dei più interessanti dibattiti letterari della storia: Virgilio, nella versione del mito che propone nelle Georgiche, scrive

“cum subita incautum, dementia cepit amantem”,

Tradotto, “quando un’improvvisa follia colse l’incauto amante”. E’ una “dementia” d’amore che porta Orfeo a voltarsi, dunque. Nella versione che invece propone Ovidio nelle Metamorfosi a questa motivazione di aggiunge il timore di Orfeo di starsi trascinando dietro un’ombra e non la vera Euridice.

Insomma, il binomio timore e passione è la causa della sua perdita, e se ci riflettete, anche di tutte le nostre.

Dopo aver letto insieme la versione del mito di Ovidio, sedute a tavola a lume di candela, le protagoniste del film affrontano lo stesso dibattito, ma a queste ragioni già esposte dell’errore di Orfeo, la pittrice sente di aggiungerne una terza:

“[…] Può darsi che girandosi faccia una scelta. Sceglie il ricordo di Euridice, è per questo che si gira. Non fa la scelta dell’innamorato, fa la scelta del poeta”.

Orfeo sceglie di Euridice una versione statica, intoccabile e non modificabile, sceglie di amare per sempre una Euridice passata, piuttosto che rischiare di disinnamorarsi di una lei futura.

 Sceglie la malinconia piuttosto che la felicità, la vena poetica piuttosto che l’amore.

Spegnersi mai

 

E’ una conclusione che un artista  può comprendere, tanto più una ritrattista, ed è infatti la stessa scelta che quest’ultima finirà per compiere: perdere per sempre Heloise, lasciare che si sposi, rinunciare ad un amore mutevole che rischia di spegnersi in favore del ritratto di una giovane immutabilmente in fiamme.

Non tutti gli amori sono destinati a concretizzarsi, alcuni sono destinati a rimanere soltanto la bella ipotesi della canzone dello Stato Sociale che ho citato all’inizio. Questi amori che nessuno vive diventano presto malinconia, e ciò che è bello della malinconia rispetto alla felicità, è che non passa.

Ora, io non so se serva più coraggio a scegliere la malinconia piuttosto che la felicità, so però che la felicità è spesso un mare dove non si tocca, che per viverlo basta galleggiare in fin dei conti, ma per arrivarvi è necessario imparare a nuotare.
Chi non sa nuotare resti a riva.
Per tutti quelli che vanno in fiamme invece, ricordate: bruciare sempre, spegnersi mai.
A tutti, un bacio.

Francesca Cullurà

È laureata in Lettere all’Università di Firenze ma se la cava discretamente anche nella sacra arte del darsi l’eyeliner. I suoi interessi sono la letteratura, la Formula1 e il vecchio cinema italiano. È convinta di saper guidare meglio di molti uomini.

Articoli Correlati

Commenti