ON AIR


Preparativi di viaggio: quell’insana passione per “la lista”

La differenza tra augurare il male e farlo è sottile: a volte si chiama violenza psicologica.

La differenza tra augurare il male e farlo è sottile: a volte si chiama violenza psicologica.

Augurare il male non si fa, ma non sarebbe meglio concedersi di augurare un mal di pancia ogni tanto mentre si cerca di non essere delle merde tutti i giorni? Vi porto all’interno della mia osservazione partecipante nel mio paesino, dove l’apparenza è parte del tessuto sociale e fa perdere di vista la realtà.

Il mio percorso di studi – inutile al lavoro remunerativo, ma utile a darmi una prospettiva critica sulle cose – ha fatto sì che (tra triennale e magistrale) dovessi dare 20 esami di sociologia e altri di antropologia. Materie che insieme alla pedagogia, la psicologia e la filosofia, ho davvero amato sin dal Liceo che ho frequentato: quello delle Scienze Sociali.

Così in questa mia situazione attuale mi sento parte di un’osservazione partecipante (tecnica di ricerca etnografica incentrata sulla prolungata permanenza e partecipazione alle attività del gruppo sociale studiato da parte del ricercatore). E amando l’antropologia e ricordandomi di Malinowski, l’idea non mi dispiace.

Come sapete dopo 14 anni di città (prima Firenze e poi Verona) sono di nuovo immersa nel popolo che mi ha dato i natali, ormai da 1 anno 4 mesi. Non è stata una scelta ma più che altro una tappa obbligata, dettata dalla necessità di lavorare fronte mare, e dalla necessità di recuperare le forze dopo vari giri intorno al mondo e alla mia esistenza. Tappa coadiuvata dall’amorevole scelta dei miei genitori di lasciarmi una casina tutta per me.

Non so se sarà la mia scelta definitiva, ma al momento non ho forze per affrontare altri cambi. Sono ancora più debole di quello che pensavo, poiché questa tappa è fondamentale e parla di stabilità… una parola con cui io non ho mai fatto pace, e che mi vede ancora una volta diversa dai canoni, difficile da accettarsi, difficile da accettarmi. Ancora di più in un caratteristico e ridente paesino di mare, dove non c’è niente che non va e tutto è bellissimo… in superficie.

La mia analisi ha fatto emergere delle cose contrastanti e interessanti concernenti l’importanza dell’apparenza a scapito anche di una certa consapevolezza della realtà che creiamo.

Infatti, senza critica, come penso capiti in tutte le piccole realtà d’Italia qui a casa mia l’apparenza ha il suo peso, e non parlo di apparenza estetica, di vestiti o di chirurgia, ben venga se uno si piace di più.
Parlo di apparenza valoriale.
Ma non parlo nemmeno di mostrarsi diversi da come siamo, con vestiti costosi, abbonamenti alle palestre più costose, il culto della macchinona. I grandi classici di un paese cresciuto alle spalle della Solvay, che menomale c’era lei se no avrei passato delle cene molto magre!

Quello su cui voglio farvi ragionare oggi è l’importanza che in piccole realtà come la mia ha il non augurare il male, pur facendolo.

Poco importa se poi non ci siamo l’uno per l’altro, se non conosciamo nemmeno il nome del vicino, se ci scanniamo tutti i giorni con il vicino, se non supportiamo il nostro compagno o la nostra compagna del liceo, la facciata è sempre la più importante da salvaguardare. Sono abbastanza sicura che avvenga così nelle realtà piccole, perché anche quando vivevo a Minorca d’inverno ho riscontrato molto questa cosa, la facciata del “va tutto bene” anche se non è così.

Allora la mia provocazione di oggi è questa: ma è meglio augurare il male o farlo?

Ovvio che in un mondo ipotetico non bisognerebbe né augurarlo, né farlo. Ma dopo aver assistito a vari sketch imbarazzanti vorrei spiegarvi che…

  • schernire il vostro amico come diverso, prendere tutto da lui come una sanguisuga, non andargli mai incontro sottolineando e umiliandolo per le sue difficoltà che ai vostri occhi sono solo richiesta di attenzioni, non ascoltarlo quando chiede di parlare… è peggio che augurare un’influenza a qualcuno che vi ha fatto arrabbiare
  • sminuire la persona con cui state uscendo, costringerla a rispondervi dopo 20 secondi se no cancellate il messaggio, avere esplosioni di rabbia alternate a momenti di coccole, avere il controllo sulle comunicazioni chiedendo più messaggi, meno messaggi, più chiamate, meno chiamate e urlarle poi che vi sta sul cazzo perché ha mandato quel messaggio in più, è violenza psicologica. E non vi pulite la coscienza dicendo: eh ma io le auguro il meglio. E’ come stropicciare una rosa e poi pretendere che torni bella come prima (cit. Jane the Virgin).
  • svalutare continuamente un dipendente, senza dare opportunità di crescita, sottovalutandolo e facendo sì che i risultati conseguiti siano sempre insignificanti e poi licenziarlo augurandoli il meglio, non fa di voi dei buoni capi. E nemmeno delle belle persone. Fa di voi delle persone mediocri che abusano del loro ruolo, non considerando che dall’altra parte c’è una persona che grazie ai vostri consigli potrebbe crescere.

Di esempi così ce ne sarebbero mille, ovviamente io non sono per la violenza. Nemmeno verbale.

Devo ammettere però che non sono una grande maestra del non parlare male: quando mi feriscono, quando mi lasciano, quando mi tradiscono tendo a esternare il mio disappunto. Di solito non auguro il male, anche se per qualche ragazzo di cui ero innamorata e per qualche collega particolarmente cattivo, ho augurato dei piccoli virus di dissenteria (non mi ricordo chi me l’ha insegnato, ma non è tutto farina del mio sacco).

Una cosa la so però:

  • metto amore e passione in tutto quello che faccio (e questo è innegabile e dimostrabile)
  • adoro aiutare gli altri
  • se c’è un conflitto di lavoro o in coppia o in amicizia mi metto sempre in discussione per prima (anzi io ho il problema opposto ovvero che a volte non tengo il punto, perchè lo ritengo meno importante di quello degli altri, quando invece bisogna proprio essere quasi superficiali perché alcune persone non ci arrivano proprio)
  • offro naturalmente parole di supporto e conforto, mi viene naturale. Perché vedo la bellezza negli altri e gliela rendo attraverso le mie parole e questa cosa è POTENTE
  • ammetto se sbaglio e chiedo scusa

Detto questo, siete proprio sicuri che vi potete permettere di non prendervi la responsabilità dei vostri piccoli atteggiamenti quotidiani con gli amici, i parenti, gli amori e i dipendenti? E soprattutto spiegatemi, avete tutti i chakra liberati, e tutti una connessione con l’universo al top che non vi fate remore a comportarvi di merda, ma se augurate il male l’universo vi ascolta e lo fa accadere? Cioè, vi considerate davvero così importanti? In caso, spiegatemi come si fa. Ve prego!

E se è vero che ancora mi pare una nota dissonante, questa mania del “no, il male non si augura a nessuno” mentre ci si comporta di merda con tutti (e rido mentre lo dico per quanto è vero) c’è solo una cosa che mi permetto, se so di aver fatto il 100% in una relazione, augurare la guarigione:

Non augurargli mai del male.
Questo non è ciò che sei.
Se ti hanno fatto soffrire,
significa che soffrono dentro.
Auguragli la guarigione.
Questo è ciò di cui
hanno bisogno.
— Najwa zebian

Ma anche qui, prima di augurare la guarigione a qualcuno, accertarti di essere andato dallo psicologo tu 🤣

Se vi posso fare un appello, a me cercate di non farmi del male. E se succede, perché succederà… chiedetemi scusa. Se però vi faccio arrabbiare tanto, va bene se mi augurate un po’ di mal di pancia, insomma… la rabbia serve (come racconto in questo articolo sulla rabbia). L’importante è che quando siamo insieme abbiate il coraggio di cercare una soluzione, io sarò sempre lì, ad aspettarvi!

Un abbraccio

LeTy- GaGa

Letizia Vallini

Letizia Vallini

Alla soglia dei 30 anni sono tantissime le cose che ha da raccontare. Nativa di Rosignano e di adozione Veronese, nel suo cuore e nella sua mente sogna da un po' gli States. Per cercare di non perdere tutto ciò che le accade, cerca di parlarne: attraverso la radio, la scrittura, l'arte, attraverso il suo lavoro - si occupa di web marketing e community management, colora la sua vita di tinte brillanti. Anche se si sente grata davvero solo quando si accorge di riuscire a colorare un momento della vita degli altri, che sia un secondo, un giorno o il tempo che ci vuole :) .

Articoli Correlati

Commenti