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Michelangelo – il caparbio artista di Caprese (seconda parte)

Michelangelo – il caparbio artista di Caprese (seconda parte)

 

Michelangelo Buonarroti è stato il protagonista del mio precedente articolo. Oggi ripartiamo da dove eravamo rimasti la volta scorsa.

 

Di nuovo a Firenze per i Medici

 

Intorno al 1513 il figlio di Lorenzo il Magnifico, Giovanni, era diventato Papa con il nome di Leone X. Michelangelo lavorò per lui fin dal 1514, quando rifece la facciata della sua Cappella a Castel Sant’Angelo.

 

In seguito alla morte degli ultimi eredi diretti della dinastia medicea, il Papa maturò l’idea di creare una monumentale cappella funebre. L’opera venne affidata a Michelangelo e doveva anche ospitare i resti dei fratelli Lorenzo e Giuliano, padre e zio di Leone X. Tale progetto prese il nome di Sagrestia Nuova e doveva essere ospitata nel complesso di San Lorenzo.

 

sagrestia nuova

 

La morte di Leone X sospese il progetto solo per un breve periodo di tempo. Nel 1523, infatti, venne eletto il cugino Giulio. Quest’ultimo prese il nome di Clemente VII e confermò a Michelangelo tutti gli incarichi.

 

A questo progetto Michelangelo lavorò fino al 1534, sebbene in maniera discontinua. L’artista, inoltre, lasciò l’opera incompiuta.

 

Il rapporto di Michelangelo con i propri committenti

 

Michelangelo fece più volte parlare di sé per la sua apparente ingratitudine nei confronti dei suoi committenti.

 

Anche con i Medici il suo rapporto fu piuttosto ambiguo. Se ci pensiamo, furono loro ad introdurlo all’Arte e a procurargli commissioni di un certo livello. Nonostante questo, la sua fede repubblicana lo portò a nutrire sentimenti di odio nei loro confronti. Egli vedeva, infatti, i Medici come una sorta di minaccia per Firenze.

 

Nel 1527, dopo la cacciata di Alessandro de’ Medici, venne instaurato un nuovo governo repubblicano. Michelangelo, come si può immaginare, aderì pienamente a questo nuovo regime.

 

Nell’agosto del 1528, l’artista si mise al servizio del governo repubblicano. Venne prima nominato membro dei “Nove di milizia”, occupandosi di nuovi piani difensivi. Poco dopo, ricevette l’incarico di “Governatore generale sopra le fortificazioni”.

 

In questo periodo visitò Pisa e Livorno e si recò anche a Ferrara per studiarne le fortificazioni. Fece ritorno a Firenze a settembre, ma, preoccupato per l’aggravarsi della situazione, fuggì a Venezia. Qui venne però raggiunto dal bando del governo fiorentino che lo dichiarò un ribelle. Michelangelo fu, quindi, costretto a fare ritorno nella sua città, riprendendo la direzione delle fortezze.

 

La biblioteca pubblica

 

In seguito al ritorno dei Medici, Michelangelo ottenne il perdono di Clemente VII. Questo a patto che l’artista riprendesse immediatamente i lavori a San Lorenzo. Qui infatti, oltre alla Sagrestia, si era aggiunto il progetto di una monumentale libreria.

 

Ovviamente il Papa non perdonò Michelangelo per pietà. Egli, piuttosto, non voleva rinunciare all’indiscusso talento dell’artista del momento.

 

L’incontro con Tommaso de’ Cavalieri

 

Nel 1532, Michelangelo conobbe a Roma l’affascinante Tommaso de’ Cavalieri. L’artista legò particolarmente con lui e gli dedicò disegni e composizioni poetiche. Nello stesso periodo ebbe, invece, rapporti molto tesi con il guardarobiere pontificio Pietro Giovanni Aliotti. Questo era il futuro vescovo di Forlì, da Michelangelo considerato troppo impiccione.

 

Il Giudizio Universale

 

Michelangelo, non approvando il nuovo regime politico del Duca Alessandro, lasciò definitivamente Firenze.

 

L’artista si recò a Roma sotto invito di Clemente VII per decorare la parete di fondo della Cappella Sistina con il Giudizio Universale. Tuttavia, Clemente VII non fece in tempo a vedere neanche l’inizio dei lavori. Egli morì, infatti, dopo pochi giorni l’arrivo di Michelangelo a Roma.

 

Mentre l’artista riprendeva i lavori per la tomba di Giulio II, venne eletto pontefice Paolo III. Egli non solo confermò l’incarico del Giudizio, ma nominò anche Michelangelo pittore, scultore e architetto del Palazzo Vaticano.

 

Giudizio universale

 

Al centro del Giudizio Universale vi è il Cristo con vicino la Madonna che rivolge lo sguardo verso gli eletti. A differenza delle rappresentazioni tradizionali, vi è un grande movimento. Nell’opera sono presenti Santi senza aureola, Angeli senza ali e un Cristo giovane e senza barba. Questo potrebbe essere un’allusione al fatto che davanti al Giudizio ogni singolo uomo è uguale.

 

La Crocifissione

 

Intorno al 1537, Michelangelo aveva stretto amicizia con Vittoria Colonna, marchesa di Pescara.

 

Michelangelo

 

Sempre a quel periodo risale la Crocifissione realizzata appunto per Vittoria. Tuttavia, di quest’opera ci restano solo alcuni disegni preparatori. Non è quindi possibile sapere se l’opera sia andata dispersa o, addirittura, non sia mai stata dipinta.

 

Cappella Paolina

 

Nel 1542, il Papa commissionò a Michelangelo quella che rappresenta la sua ultima opera pittorica. Si tratta della decorazione della sua Cappella privata in Vaticano, nota come Cappella Paolina.

 

Michelangelo realizzò due affreschi. Il primo ad essere realizzato fu la Conversione di Saulo, mentre secondo fu il Martirio di San Pietro.

 

L’opera è interamente caratterizzata dal dramma. Questo, probabilmente, era dovuto allo stato d’animo pessimista provato dall’artista nell’ultimo periodo della sua vita.

 

Gli ultimi anni

 

Dopo aver concluso i lavori per la tomba di Giulio II, per l’artista iniziò il progressivo abbandono della pittura e della scultura, esercitata ormai solo in rare occasioni

 

Michelangelo

 

Nel gennaio 1546, Michelangelo si ammalò e venne curato nella casa del nobile Luigi del Riccio. Solo due anni prima, l’artista aveva disegnato la tomba dell’amato nipote di Luigi, Francesco Bracci.

 

Con la morte di Antonio da Sangallo il Giovane, a Michelangelo vennero affidate le fabbriche di Palazzo Farnese e della Basilica di San Pietro. Entrambe erano state lasciate incompiute da Antonio.

 

Basilica di San Pietro in Vaticano

 

Per quanto riguarda la Basilica Vaticana, Michelangelo non realizzò un progetto definitivo. Egli, infatti, preferì procedere per gradi.

 

In seguito alla sua morte furono pubblicate diverse stampe nel tentativo di restare fedeli al disegno originario. Tuttavia l’opera, così come l’aveva concepita Michelangelo, venne largamente stravolta da Carlo Maderno. Egli, infatti, completò la Basilica con l’aggiunta di una navata longitudinale e di un’imponente facciata.

 

Nel 1547, Michelangelo subì delle grosse perdite. Morirono, infatti, gli amici Vittoria Colonna e Luigi del Riccio. L’anno successivo morì, inoltre, suo fratello Giovansimone Buonarroti.

 

Pieta Bandini    Pietà Rondanini

 

L’Accademia delle Arti del Disegno

 

Il 31 gennaio 1563, Cosimo I de’ Medici fondò l’Accademia delle Arti del Disegno. Michelangelo ne venne subito eletto il console.

 

Questo fu l’ultimo tentativo di Cosimo I di convincere Michelangelo a fare rientro a Firenze, ma fallì. L’artista, troppo legato alla sua fede repubblicana, declinò l’invito.

 

La morte

 

Il 18 febbraio 1564, quasi ottantanovenne, Michelangelo morì a Roma, assistito da Tommaso de’ Cavalieri. Pare che fino a tre giorni prima avesse lavorato alla Pietà Rondanini.

 

Alice Antoni

Alice Antoni

Alice ama leggere e adora gli animali, in particolare i conigli. È da sempre appassionata di arte e di riciclo creativo.

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