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Preparativi di viaggio: quell’insana passione per “la lista”

Oltre le storie

Oltre le storie

Oltre le storie

Benvenuti o ben tornati fra queste pagine! La struttura che questo blog assume è in fieri, in divenire secondo ciò di cui voglio parlare volta per volta. Tuttavia, ho avuto un feedback positivo per quanto riguarda l’alternanza dei primi due articoli. Il primo era molto più generale ed introduttivo ad una riflessione generale. Il secondo andava un pochino più nello specifico per indagare con maggiore circospezione un determinato argomento.

Penso che possa essere una buona combinazione per accontentare un po’ tutti e per spaziare su vari argomenti. Stando all’alternanza interna che mi sono in qualche modo prefissato, torniamo con una riflessione che spero possa farvi passare qualche minuto piacevole in questo strano periodo.

Ci risiamo: zone rosse, coprifuoco e visioni distopiche che pensavamo possibili solo al cinema. In questo dilagare, vorrei riprendere la discussione avviata col secondo articolo del mio precedente blog. Trattavo l’importanza delle storie nella nostra quotidianità, ma mai come in questo periodo abbiamo bisogno di spingerci oltre. Oltre, appunto, alle storie stesse.

Quanto sono importanti le storie, le narrazioni, gli aneddoti, nella nostra vita di tutti i giorni? Pensiamoci: banali resoconti giornalieri, o semplici barzellette assumono i connotati di veri e propri racconti, ciascuno codificato attraverso un proprio sistema interno di connessioni e regole. C’è chi dice che il nostro bisogno di raccontare, e di esplicitare la violenza nelle opere che creiamo, sia una necessità strettamente connessa all’uomo. Questi arriverebbe a sublimare il suo bisogno primordiale di lottare nelle narrazioni che esperisce. La pratica del raccontare storie (storytelling) avrebbe quindi radici lontanissime: una volta che il bisogno principale dell’uomo non è più quello di cacciare, ecco la necessità di colmare il vuoto che la caccia lascia. D’accordo o no con questa visione “primordiale”, non possiamo che confermarne l’essenza: la storie sono parte di noi da sempre.

In questa simil reclusione avverto il bisogno di fantasticare, di buttarmi a capofitto in letture che oltrepassino il realismo per farmi atterrare in zone sconosciute o dimenticate. Navi spaziali, alieni e terre misteriose sono il perfetto carburante per alimentare la fantasia e il cuore in queste bizzarre giornate.

Sono cresciuto con i classici dell’avventura ottocenteschi, e penso che a breve li toglierò dallo scaffale dove si trovano da troppi anni, per ridestarmi quel sense of wonder sopito da troppo tempo. Ricordo però, una domanda che si faceva largo nella mia mente: e dopo?

Una volta finita la narrazione del personaggio circostanziata al romanzo, che succede? Quei personaggi, nella mia testa, assumevano un’identità ben precisa, cessando di esercitare la loro funzione di creature fittizie e diventando persone a trecentosessanta gradi.

Le due opere che vi porto oggi procedono in questa direzione. Estrapolano dal loro contesto originale protagonisti di famosissime opere letterarie e li fanno convivere nel medesimo universo narrativo. Adoro questi pastiches e credo che mai, come con all’interno di questi mondi, la fantasia viaggi verso lidi e terre sconosciute.

Ecco le due opere:

Penny Dreadful è una serie Tv nata del 2014, prodotta da Showtime, articolata in tre stagioni. Narra le gesta di un improbabile gruppo costituito dai protagonisti della letteratura horrorifica vittoriana. La serie, pur non essendo un capolavoro come l’opera successiva, è un piacevolissimo divertissement. Gioca con gli stereotipi del genere, talvolta ribaltandoli, ma mantenendo sempre l’essenza originale del personaggio in questione.

La lega degli straordinari gentlemen è un capolavoro in piena regola. Il pantheon di personaggi da cui attingono gli autori è il medesimo della serie precedente, ma il tutto è portato a livelli insuperabili. Si tratta di un fumetto che analizza le gesta di questi freaks, di questi personaggi che, una volta compiuto ed esaurito il loro percorso, diventano dei veri e propri outsiders.

Esaurita la loro parabola esistenziale, si ritrovano soli, svuotati dell’interesse che caratterizzava le loro narrazioni, in situazioni al limite tra il grottesco e il tragico. Basti pensare all’uomo invisibile creato dall’ottimo H.G Wells. Mentre questi, nel romanzo di partenza, era un pretesto per raccontare le insicurezze e lo sdoppiamento del sé, ora sfrutta la sua invisibilità per violare la castità di suore sventurate, convinte di aver finalmente ricevuto l’attenzione dello spirito santo.

Perché credo che opere del genere possano essere utili in questo particolare contesto storico? In queste giornate apparentemente prive di senso, ci sfugge il senso ultimo della nostra ricerca esistenziale. Ci sfuggono le domande da porci, ma soprattutto ci sfuggono le risposte.

Queste narrazioni riescono a trasmettere come il segreto sia sempre davanti ai nostri occhi. Per quanto il me bambino non riuscisse ad afferrare la vitalità del personaggio di cui stava fruendo e aveva la necessità di immaginarsi una vita oltre la vita fittizia, quest’ultimo aveva in sé già tutte le caratteristiche essenziali. E tutte le risposte del caso.

L’ossessione per la verità ultima è umana e legittima, e credo che con le storie, specialmente con quelle architettate in questa maniera, il cuore possa placare i suoi tormenti. L’esito della ricerca è sempre insito nel testo stesso, come le risposte che ci sfuggono sono sempre dentro di noi.

Sono nascoste in piena vista (ricordando la bellissima Lettera rubata di Poe). Le vicende, a cui ho brevemente accennato sopra, ci prendono per mano alla scoperta del mondo, delle loro possibilità e di noi stessi. I tipi sociali a cui ci riduciamo in queste giornate alienate e alienanti diventano esseri capaci di vivere.

Sono due atti d’amore nei confronti delle storie, delle narrazioni e, soprattutto, della fantasia. Quando tutto intorno sembra crollare, quando gli appigli si fanno scivolosi, le storie sono l’ultimo baluardo a cui potersi aggrappare per non crollare definitivamente.

Storie. Alla fine è tutto ciò che saremo. Che ci lasceremo dietro. Delle storie narrate e rinarrate attraverso il tempo. Le più grandi sono quelle che non muoiono mai. Le storie immortali. Incoronate. Le più meritevoli tra le nostre tante fantasie. Queste sono le storie… di cui sono fatti gli Dei.

Vi ringrazio per avermi seguito in questo delirio.

Buon viaggio e buona scoperta!

Gabriele

Gabriele Bitossi

Gabriele Bitossi

Gabriele nasce nel '96 ed è da sempre appassionato di storie, in ogni loro forma. Studia italianistica all'Università di Pisa e sceneggiatura alla Scuola internazionale di comics a Firenze. Starebbe ore a parlare coi suoi personaggi preferiti... e se lo facesse già?

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