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Preparativi di viaggio: quell’insana passione per “la lista”

DON’T LET ME DOWN (Lennon – McCartney)

DON’T LET ME DOWN (Lennon – McCartney)

 

DON’T LET ME DOWN (Lennon – McCartney)

John Lennon — voce, chitarra elettrica
Paul McCartney — basso, cori
George Harrison — chitarra elettrica, cori
Ringo Starr — batteria
Billy Preston — piano elettrico

Produttore: George Martin
Fonico: Glyn Johns

 

 

 

 

 

Non mi lasciare, non mi lasciare

 

 

 

Nessuno mi ha mai amato come lei
Oh come lei, sì come lei
E se qualcuno mi ha amato come lei
Oh come lei, sì come lei
.

Il brano

“Don’t Let Me Down” è un brano di John Lennon pubblicato come lato B del singolo “Get Back”.

Anche questo fu uno dei brani  eseguiti durante il celeberrimo Rooftop concert.

Phil Spector, che fu incaricato di assembrare i brani delle Get back sessions, inspiegabilmente non la inserire nell’album che ne scaturì: Let It Be.

Non mi lasciare, non mi lasciare
Sono innamorato per la prima volta
Non sai che durerà?
È un amore che dura per sempre
È un amore che non aveva passato

 

 

Non mi lasciare, non mi lasciare

E dalla prima volta che lei mi ha davvero fatto
Oh mi ha fatto, mi ha fatto bene
Credo che nessuno me ne abbia davvero fatto
Oh lei mi ha fatto, mi ha fatto bene

Registrazione e accordi

“Don’t Let Me Down“, come molti dei brani registrati in quel periodo, subì diverse sovraincisioni e fu pubblicato in più di una versione.

 

Di seguito gli accordi e a seguire un breve tutorial video:

CHORUS 4/4 time

MI FA#m FA#m7 LAmaj7/SI MI
Don’t let me down Don’t let me down Don’t let me

FA#m FA#m7 LAmaj7/SI MIsus4 MI
down Don’t let me down

Verse 5/4 time

MI FA#m7 FA#m/SI
Nobody ever loved me like she does oo she does yes she

MI MIsus4 MI FA#m
does And if somebody ever loved me like she do me oo she

FA#m/SI MI MIsus4
do me, yes she does

CHORUS
And from the first time that she really done me oo she done me, she done me

good. I guess nobody ever really done me, oo she done me, she does me good

CHORUS
BRIDGE 4/4 time

MI SI
I’m in love for the first time Don’t you know it’s gonna last.

SI7 MI
It’s a love that lasts forever, It’s a love that had no past

 

 

 

Live e cover

Fra le cover citiamo con piaere: Annie Lennox in un concerto del 1993, Paolo Nutini in una versione molto suggestiva.

 

 

Ernesto Macchioni

Ernesto Macchioni

Il mare in tempesta fu improvvisamente colpito ai fianchi da un milione di tonnellate di olio. Fu così che venne alla luce Ernesto Macchioni in un'inaspettata giornata d'estate in pieno novembre 1961. La finestra fu finalmente aperta, Ernesto si affacciò e venne invaso da un fiume di luce e salmastro. L'infanzia la passò a cercare di capire se era meglio saper giocare a pallone o ascoltare la musica. Scelse la seconda ipotesi, senza rendersi conto di quanto si sarebbe complicato la vita. Il mare lo guardava perplesso. Faceva le scuole medie quando imparò a suonare la chitarra. Divenne amico intimo di Francesco Guccini, Francesco De Gregori, Lucio Battisti, cercando di scacciare l'inopportuna presenza di Claudio Baglioni. Erano amici fidati, a loro non importava se non sapevi giocare a calcio. Il mare scuoteva la testa. Alle superiori si illuse che il mondo era facile e cambiò religione diventando comunista. Bussarono alla porta di casa gli Inti-illimani e li fece entrare. (Battisti lo nascose nell'armadio). Claudio Lolli chiese "permesso" e lo fece accomodare. Pink Floyd e Genesis erano degli abitué ormai da tempo. La casa era piena di gente. Sua madre offriva da bere a tutti (ma non riuscì mai a capire cosa ci faceva quel ragazzo riccioluto rintanato fra i vestiti). Il mare aspettava. Venne l'ora provvisoria del buon senso e del "mettisufamiglia". La chitarra si era nel frattempo trasformata in un pianoforte. La casa era grande adesso e, oltre ai figli, poteva contenere anche vecchi giganti come Chet Baker e Miles Davis, lo zio Keith Jarrett e il nipotino Pat Metheny. La moglie offriva da bere a tutti, compreso Lucio Battisti che si era da tempo tolto la polvere dell'armadio di dosso. Qualcuno aveva infranto i sogni e il muro di Berlino, scoprendo che era fatto di carta come loro. Il mare si fece invadente e, stanco di aspettare, entrava anche in casa nei momenti più inopportuni. Era una folla. Quando Ernesto decise di far entrare anche Giacomo Puccini, Giuseppe Verdi e Gabriel Fauré la situazione cominciò a farsi insostenibile. Soprattutto quando il nostro protagonista scoprì che tutti, ma proprio tutti, compreso Francesco Guccini, sapevano giocare a pallone. Era un caos indefinibile vederli giocare fra le stanze, scoprire che De Gregori poteva benissimo entrare in sintonia con Giacomo Puccini e servirgli un assist da campionato del mondo preciso sulla testa. E tutto sotto lo sferzante vento di libeccio che infuriava in tutta la casa. Il mare si godeva le partite con un braccio sulla spalla di Ernesto, in totale stato confusionale. Quando in casa entrò Wolfang Amadeus Mozart la casa scoppiò. Ernesto lo trovarono sorridente fra le macerie. Lo videro togliersi i calcinacci dalle spalle, prendere un pallone e cominciare a palleggiare (un po' impacciato a dire il vero). Qualcuno giura di aver visto Lucio Battisti, con indosso una giacca di Ernesto, allontanarsi allegramente a braccetto con Giuseppe Verdi. Il mare, un po' invecchiato, respirava adagio sulla battigia.

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