Saranno tipo quindici anni che, di base, non faccio colazione.
Dal 2009 ad oggi l’avrò fatta saltuariamente… boh, quattro volte, non mi sembra oltre.
Non la faccio perché preferisco dormire venti-trenta minuti in più.
Prima invece la facevo sempre eh… Dall’asilo (anche se non posso rimembrare con precisione) fino ai primi anni universitari.
Quando andavo alle Elementari mangiavo latte e biscotti. Biscotti Plasmon per la precisione perché sì, sono un grande fan dei Plasmon e li ho mangiati fino a non tantissimissimo tempo fa; d’altra parte anche Filippo Inzaghi li adorava ed in carriera ha realizzato 198 reti in 468 presenze nei club e 25 gol su 57 partite in Nazionale. Dunque, io e Pippo eravamo dalla parte giusta.
Alle Medie invece iniziò l’era del toast: lo mangiavo con fontina e prosciutto cotto, accompagnato da succo di frutta. All’albicocca, naturalmente.
È stata la mia colazione praticamente ufficiale per un decennio, con una particolarità nata negli anni delle Scuole Superiori; la chiamo “particolarità” perché definirla “cazzata” mi aprirebbe una serie di riflessioni su me stesso che in questo momento non ho voglia di iniziare.
Premessa: sono un grande ritardatario. Lo so che è mancanza di rispetto ecc, ma non lo faccio assolutamente con cattiveria, lo assicuro (mi impegno a migliorare anche in quest’aspetto).
In assenza di cellulari con la sveglia, ed in assenza anche proprio di sveglie classiche, il secondo rumore che sentivo ogni mattina dal lunedì al sabato era questo:
La mitica sigla del segnale orario del Tg5 Prima Pagina: per qualcuno oggi rappresenta un trauma, per altri un piacevole ricordo, per altri ancora né l’uno né l’altro. Personalmente mi colloco fra la seconda e la terza opzione.
Il Tg5 Prima Pagina andava in onda ai miei tempi dalle 6 alle 8, ogni quindici minuti, dopo il segnale orario c’era lo speaker che annunciava i titoli. Agevolo un filmato:
Da notare il rumore che accompagnava la scritta in sovrimpressione, più che quello di una macchina da scrivere sembrava una scarica di mitra.
Ma comunque, torniamo alla “particolarità”. Se il secondo rumore mattutino che sentivo era il segnale orario del Tg5, il primo era quello di mia Mamma che mi svegliava dicendo che era tardi.
All’inizio le davo retta, quindi mi alzavo velocemente salvo poi scoprire che, invece, non era vero.
Successivamente, quindi, avevo mangiato la foglia e dinanzi ai buongiorno di mia madre (pieni di avvisi che sarei arrivato tardissimo a scuola) pensavo “sì sì, come no, certo, posso rimanere altri cinque minuti a letto invece”; invece no, cazzarola, aveva ragione, era tardissimo, porca miseria, che coglione.
Dunque dovevo mangiare abbastanza veloce, però un toast non è così facile da masticare velocemente, mica potevo ingoiarlo in tre bocconi. Soluzione: non lo finisco. In pratica: arrivavo all’ultima “riga” del toast (il pane tostato, una volta tale, ha delle “righe” orizzontali), mangiavo anche ai bordi per renderla perfetta esteticamente – completamente pari – e la lasciavo lì.
Anche il succo d’albicocca era compreso in questa pratica, infatti ne bevevo la metà.
Tutto questo per risparmiare boh, un minuto-un minuto e mezzo che sembrano pochi ma in realtà sono tantissimi.
Questa decisione di non completare la colazione ormai era talmente inquadrata in me che la facevo pure le – poche – volte in cui ero abbastanza puntuale.
Dopo i primissimi anni universitari, come ho scritto all’inizio, poi ho smesso di fare colazione: la mia pigrizia aveva (ha) vinto.
Arrivo a pranzo a stomaco vuoto, e posso giungere alle 15 senza aver né mangiato né bevuto dalla sera prima.
Sono una brutta persona? Ecco, magari in questo un esempio proprio non lo sono. Non che lo sia in altri ambiti però vabbè, ora non voglio deprimermi.
Diciamo questo: la stragrande maggioranza fa colazione. Quando dico che non la faccio mi guardano con un’aria di rimprovero, aggiungendo “ma come, è il pasto più importante della giornata!”.
Sì, ok, vero, ma io ho sonno.
Se cerco su Google “motivi per fare colazione” la prima risposta in evidenza è “Diversi studi dimostrano infatti come la prima colazione serva a risvegliare il metabolismo e a darci la giusta dose di energia. Ci svegliamo infatti dopo una notte di digiuno e affrontiamo la giornata. Per gli studenti poi è indispensabile per svolgere al meglio l’attività intellettuale” (tratto da humanitas-care.it).
Googlando invece “motivi per non fare colazione” c’è solo un articolo a metà prima pagina, di wired.it dal titolo “Saltare la colazione non è un problema”.
Non sono in minoranza, di più: appartengo proprio ad una ridotta.
Ora per esempio ho molta fame ma sono le 11.45, fra non molto pranzerò.
Per di più quando andavo a scuola facevo anche merenda a metà mattinata (crackers salati).
Come passare da un estremo all’altro.
Forse tornerò a fare colazione, mi sto convincendo dopo questo flusso di coscienza, i ricordi ed i consigli delle persone in tal senso.
Però si sta bene al calduccio delle coperte, no?
Dai, altri cinque minuti.
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