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Preparativi di viaggio: quell’insana passione per “la lista”

SOMETHING (George Harrison)

SOMETHING (George Harrison)

SOMETHING (George Harrison)

George Harrison: voce, chitarra ritmica, chitarra solista
Paul McCartney: cori, basso
John Lennon: pianoforte
Ringo Starr: batteria
Altri musicisti
George Martin: arrangiamento d’archi
Billy Preston: organo Hammond

Registrazione: 15 agosto 1969
Produttore: George Martin
Fonico: Geoff Emerick

 

 

 

 

 

 

 

Qualcosa nel modo in cui si muove
Mi attrae come nessun’altra donna
Qualcosa nel modo in cui cerca di conquistarmi
Non voglio lasciarla ora
Sai che ci credo eccome

Il brano

Something è unanimemente considerato il capovaloro di George Harrison e fu definita da Frank Sinatra “la migliore canzone d’amore di tutti i tempi”.

Origine

Nasce ben prima di Abbey Road, almeno come spunto: doveva infatti essere originariamente sviluppato e incluso nel White Album.

Forse per paura di essere rifiutata dai colleghi, George abbozzò e regalò inizialmente il brano a Joe Cocker, che la incisa nel 1968 modificandola minimamente.

Furono invece gli stessi componenti del gruppo che convinsero Harrison a ripensarci e a incidere e includere il brano come gruppo includendolo in Abbey Road.

Testo

E’ opinione comune che il brano sia una canzone d’amore dedicata alla moglie Pattie Boyd, ma l’autore ha sempre smentito questa interpretazione. In un’intervista asserì di avere avuto in mente Ray Charles che la cantava e di essersi ispirato alla canzone di James Taylor: Something in the Way She Moves. Appunto.

Tra l’altro Ray Charles stesso pubblicò poi effettivamente una versione del brano, realizzando il sogno di George Harrison.

 

Da qualche parte nel suo sorriso lei sa
Che non ho bisogno di nessun’altra donna
Qualcosa nel suo modo di fare che mi fa capire
Non voglio lasciarla ora
Sai che ci credo eccome

Registrazione e accordi

Something merita una recensione professionale che ci descriva le performance degli artisti. Per questo ci siamo affidati a quanto riporta il famoso sito Pepperland.

L’intervento orchestrale scritto da George Martin, pur non brillando per eccezionale fantasia, è efficace, e aggiunge ulteriore eleganza ad un arrangiamento eccellente – caratterizzato da un ottimo lavoro al basso di McCartney e da una performance molto inventiva di Starr (qui straordinario con le sue rullate terzinate) – che culmina in un assolo di chitarra perfetto per tono e intenzione, ed ha un tocco di classe nel finale, quando finge di modulare ancora al La maggiore, per ripetere invece il breve riff e acquietarsi sul conclusivo Do maggiore. Per una curiosa coincidenza, questo schema tonale anticipa quello del long medley sul lato B dell’album.

[da Pepperland.it]

Accordi

Di seguito gli accordi nella notazione inglese:

[F] [Eb] [G/D]

[C]Something in the way she [Cmaj7]moves
[C7]Attracts me like no other [F]lover
[D7]Something in the way she [G]woos me
I [Am]don’t want to leave her [Ammaj7]now
You [Am7/G]know I believe and [D9]how [F] [Eb] [G/D]

[C]Somewhere in her smile she [Cmaj7]knows
[C7]That I don’t need no other [F]lover
[D7]Something in her style that [G]shows me
I [Am]don’t want to leave her [Ammaj7]now
You [Am7/G]know I believe and [D9]how [F] [Eb] [G/D] [A]

[A]You’re asking [C#m/G#]me will my love [F#m]grow [A/E]
I don’t [D]know, [G]I don’t [A]know
You stick a[C#m/G#]round and it may [F#m]show
I don’t [D]know, [G]I don’t [C]know

Solo: [C] [Cmaj7] [C7] [F] [D7] [G] [Am] [Ammaj7] [Am7/G] [D9] [F] [Eb] [G/D]

[C]Something in the way she [Cmaj7]knows
[C7]And all I have to do is [F]think of her
[D7]Something in the things she [G]shows me
I [Am]don’t want to leave her [Ammaj7]now
You [Am7/G]know I believe and [D9]how [F] [Eb] [G/D]

Mi chiedi se il mio amore crescerà
Non lo so, non lo so
Te ne stai li adesso, questo forse lo dimostra
Non lo so, non lo so

 

Qualcosa nel modo in cui lei conosce
E non devo fare altro che pensare a lei
Qualcosa nelle cose che mi dimostra
Non voglio lasciarla ora
Sai che ci credo eccome

Live e cover

Something vanta un incredibile numero di cover tra le quali spiccano Elvis Presley, Frank Sinatra, Joe Cocker, Smokey Robinson e James Brown.

Harrison ha sempre riferito di amare in paritcolar modo quella di James Brown, in efftti fra le più creative.

Ma non possiamo certo omettere l’esibizione live dello stesso Harrison, al Madison Square Garden di New York, il 19 dicembre 1974.

Infine, credetemi, non perdetevi quest’ultimo video: una versione indimenticabile di Paul McCartney, Ringo Starr, Eric Clapton e altri, compreso il figlio di George, fatta in occasione del concerto tributo al Royal Albert Hall a Londra il 29 novembre 2002.

Ernesto Macchioni

Ernesto Macchioni

Il mare in tempesta fu improvvisamente colpito ai fianchi da un milione di tonnellate di olio. Fu così che venne alla luce Ernesto Macchioni in un'inaspettata giornata d'estate in pieno novembre 1961. La finestra fu finalmente aperta, Ernesto si affacciò e venne invaso da un fiume di luce e salmastro. L'infanzia la passò a cercare di capire se era meglio saper giocare a pallone o ascoltare la musica. Scelse la seconda ipotesi, senza rendersi conto di quanto si sarebbe complicato la vita. Il mare lo guardava perplesso. Faceva le scuole medie quando imparò a suonare la chitarra. Divenne amico intimo di Francesco Guccini, Francesco De Gregori, Lucio Battisti, cercando di scacciare l'inopportuna presenza di Claudio Baglioni. Erano amici fidati, a loro non importava se non sapevi giocare a calcio. Il mare scuoteva la testa. Alle superiori si illuse che il mondo era facile e cambiò religione diventando comunista. Bussarono alla porta di casa gli Inti-illimani e li fece entrare. (Battisti lo nascose nell'armadio). Claudio Lolli chiese "permesso" e lo fece accomodare. Pink Floyd e Genesis erano degli abitué ormai da tempo. La casa era piena di gente. Sua madre offriva da bere a tutti (ma non riuscì mai a capire cosa ci faceva quel ragazzo riccioluto rintanato fra i vestiti). Il mare aspettava. Venne l'ora provvisoria del buon senso e del "mettisufamiglia". La chitarra si era nel frattempo trasformata in un pianoforte. La casa era grande adesso e, oltre ai figli, poteva contenere anche vecchi giganti come Chet Baker e Miles Davis, lo zio Keith Jarrett e il nipotino Pat Metheny. La moglie offriva da bere a tutti, compreso Lucio Battisti che si era da tempo tolto la polvere dell'armadio di dosso. Qualcuno aveva infranto i sogni e il muro di Berlino, scoprendo che era fatto di carta come loro. Il mare si fece invadente e, stanco di aspettare, entrava anche in casa nei momenti più inopportuni. Era una folla. Quando Ernesto decise di far entrare anche Giacomo Puccini, Giuseppe Verdi e Gabriel Fauré la situazione cominciò a farsi insostenibile. Soprattutto quando il nostro protagonista scoprì che tutti, ma proprio tutti, compreso Francesco Guccini, sapevano giocare a pallone. Era un caos indefinibile vederli giocare fra le stanze, scoprire che De Gregori poteva benissimo entrare in sintonia con Giacomo Puccini e servirgli un assist da campionato del mondo preciso sulla testa. E tutto sotto lo sferzante vento di libeccio che infuriava in tutta la casa. Il mare si godeva le partite con un braccio sulla spalla di Ernesto, in totale stato confusionale. Quando in casa entrò Wolfang Amadeus Mozart la casa scoppiò. Ernesto lo trovarono sorridente fra le macerie. Lo videro togliersi i calcinacci dalle spalle, prendere un pallone e cominciare a palleggiare (un po' impacciato a dire il vero). Qualcuno giura di aver visto Lucio Battisti, con indosso una giacca di Ernesto, allontanarsi allegramente a braccetto con Giuseppe Verdi. Il mare, un po' invecchiato, respirava adagio sulla battigia.

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