Nel primo passo del nostro percorso avevamo parlato del “Risveglio”, delle sue possibili inclinazioni e sfaccettature, cercando in qualche modo di dare voce e spiegazione alle sensazioni che la parola stessa suscita in noi.
E così, come se fosse un flusso continuo senza sosta il “Percorso emozionale” che vorrei tanto farvi seguire, dopo due lunghissime settimane sono riuscito a decidere, o meglio, a scegliere ciò che ritenevo fosse la cosa migliore.
Gli occhi. I nostri occhi.
Non sto certo qua a chiedere cosa vi venga subito in mente ascoltando la parola “occhi”, perché, molto probabilmente (non lo sto dando per certo sia chiaro), penseremmo quasi tutti immediatamente a quelli che si trovano sul nostro volto, sia a destra che a sinistra del naso.
Potrei cimentarmi nella spiegazione dettagliata e scientifica dell’esatta composizione degli occhi, ma per prima cosa non sono qua per questo e secondo, io non ne ho idea, dovrei controllare su internet e a quest’ora avreste già fatto da soli.
Ma vorrei farvi soffermare su quanto gli occhi possano regalarci.
La vista, data per scontata (nella maggior parte dei casi) sin dalla nascita. Vediamo le cose, scopriamo il mondo attraverso i cinque sensi, con la vista come protagonista principale.
Ma quanto è importante al fine della nostra vita? Quante difficoltà avremmo se non potessimo usare i nostri occhi per vivere?
Mi ricollego al risveglio, quando succede, la prima cosa che ci differenzia dal non essere più nel mondo dei sogni è aprire gli occhi, tornando a contatto diretto con la realtà.
Probabilmente ci avviciniamo allo specchio, ci laviamo il viso e la prima cosa che guardiamo cos’è?
Sono i nostri occhi.
Sono riposati? Hanno le occhiaie? Sono sempre socchiusi? Sono rossi?
Un piccolo primo sguardo mattutino ai nostri occhi e il nostro cervello è già pronto a dare un giudizio sul nostro sonno. Un giudizio che potrebbe condizionare in modo non così superfluo tutta la nostra giornata.
Ed è quello forse il momento in cui ci avviciniamo di più alla vera essenza dei nostri occhi, al vero significato che essi proiettano sulla nostra vita.
Alcuni posso addirittura chiamarli “lo specchio dell’anima” o se vogliamo, citando Al Pacino, possiamo dire “Gli occhi Chico, quelli non mentono mai”.
E vorrei soffermarmi forse sulla cosa che a me più sta a cuore, forse alla funzione più odiata (o più amata? Dipende da come la si pensa) che essi hanno.
Il pianto, le lacrime.
Molte volte, soprattutto nell’età adolescenziale, era usuale sentirsi dire quella frase che tanto caratterizza la mascolinità (tossica?): “Gli uomini non devono piangere”. Naturalmente l’accezione “uomini” intendeva proprio il genere maschile, riuscendo a peggiorare la già tragica situazione creatasi con quell’affermazione.
Perché dover impedire ad una cosa naturale di accadere? Perché dovremmo trattenere le lacrime? Le emozioni? La felicità o la tristezza che provengono da esse?
Non voglio dire che il detto “Il mondo sarebbe un posto migliore se gli uomini ammettessero di piangere e le donne di masturbarsi” sia una verità universale, perché anche qua, analizzandolo, troveremmo dei preconcetti di genere che non mi aggradano.
Ma vorrei utilizzarlo per dire che forse piangere alle volte serve, alle volte funziona, alle volte ne abbiamo proprio bisogno.
I nostri occhi molto probabilmente sono stati creati, oltre che per donarci la vista, per permetterci di esternare le nostre emozioni.
E con queste parole, con queste mie emozioni, vorrei dire al mondo che le lacrime, di qualsiasi tipo, vanno bene.
Non vergognatevi di farlo da soli in camera, di notte guardando il mare, vicino alla persona che amate, con un vostro caro amico nel momento del bisogno, mentre ascoltate della musica, mentre state leggendo, mentre state scrivendo un blog. Nessuno vi giudicherà.
La natura ci ha regalato questa possibilità, non sprechiamola.
Un elogio agli occhi, un elogio alle lacrime, un elogio al pianto. Voglio credere di non essere da solo.
Adesso mi sono emozionato e forse piangerò, di gioia, mi guarderò alle specchio e i miei occhi mi diranno il resto.
Forse la vista, in fin dei conti, è solo un accessorio.