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Preparativi di viaggio: quell’insana passione per “la lista”

Chi ha paura di volare?

Chi ha paura di volare?

Chi ha paura di volare? Ma soprattutto: perché?

La seconda domanda nasce da una questione personale: prima non avevo nessun timore di prendere un aereo, adesso si.

Il primo volo l’ho preso a 15 anni: vacanza-studio in Inghilterra. Sarà stata l’adrenalina dell’esperienza che mi stavo apprestando a vivere, sarà per la sensazione di potere tipica delle prime libertà conquistate, sarà che a 15 anni pensi di essere immortale e che niente possa andare male, fatto sta che volare mi era piaciuto un sacco.

E anche nelle successive occasioni nessun problema, come prendere un autobus. Unica sensazione: l’emozione del viaggio.

Poi è scattato qualcosa. Ma non c’è stata nessuna brutta esperienza traumatizzante a dare il via alla mia paura del decollo (perché di questo si tratta: il decollo). E anche dei vuoti d’aria, of course. O meglio, qualche volo un po’ ballerino da strizza collettiva mi è capitato, ma quando i miei problemi con gli aerei erano già conclamati. Nessun fattore scatenante degno di nota.

Quando si arriva al momento in cui l’aereo è pronto a decollare, fermo, con la pista libera davanti, i motori accelerati che aspettano solo che venga tolto quello che, nella mia mente, è un freno a mano, per poter schizzare in avanti, ecco, questo momento di attesa per spiccare il volo me lo vivo tipo stallo alla messicana. Ma disarmata. Mi sudano le mani, bocca impastata come se stessi tentando di masticare quattro uova sode contemporaneamente. Devo tapparmi le orecchie per non sentire il rumore dei motori in accelerazione e gli occhi per non vedere il corridoio alzarsi in verticale.

Quando l’indicatore della cinture di sicurezza si spegne, il corridoio torna al suo posto e vedo le hostess alzarsi, mi passa tutto. E se il volo è tranquillo e il cielo senza perturbazioni, me la passo bene fino all’arrivo, atterraggio compreso.

Perché questa paura del decollo? Forse perché una volta ho letto su Focus che la maggior parte degli incidenti aerei è avvenuto proprio nei delicati momenti del distacco dal suolo. Qualcuno potrebbe buttarla sullo psicologico, tipo paura della partenza intesa come cambiamento, insicurezza, ecc. Niente di tutto questo: penso solo che siamo carichi di carburante e ci stiamo alzando da terra, se qualcosa va storto facciamo un botto che nemmeno a Napoli per capodanno.

 

Chi ha paura di volare?

 

Secondo l’Istituto di Psicopatologia di Roma “Come per altre forme di ansia, dietro questa fobia specifica potrebbe esserci un esagerato bisogno di sicurezza, di stabilità e di controllo, che solitamente inizia durante un periodo di tensione e stress elevati per poi durare anni o, anche, tutta la vita. L’aerofobia, come tutte le fobie, ha poco o nulla a che vedere con l’effettiva realtà e/o pericolosità del volo, che sappiamo essere di gran lunga la più sicura modalità di trasporto, riflettendo piuttosto paure, pensieri e fantasie che la persona ha sviluppato nel tempo.”

In ogni caso, non voglio certo smettere di prendere aerei e viaggiare per questo.

Soluzioni? Il suddetto Istituto suggerisce alcuni rimedi:

DISTRARSI: ascoltare musica, leggere, parlare col vicino di posto. Soluzione valida ma per me non può funzionare: il rumore dei motori prima del decollo distrae da qualsiasi distrazione.

FARMACI: tranquillanti o placebo potrebbero funzionare, ti stordisci e quel che succede succede, un po’ come con una sbornia. Ma ho bisogno di sapere quello che mi accade intorno: se c’è anche una sola possibilità di salvarsi voglio essere cosciente per afferrarla.

TERAPIA COGNITIVO COMPORTAMENTALE: Sulla carta sembra utile. Una psicoterapia che insegna ad affrontare la situazione temuta tenendo sotto controllo le sensazioni fisiche che accompagnano lo stato d’ansia (tachicardia, affanno, vertigini). Però poi uno pensa: andare in terapia per prendere un aereo ogni tanto?

Insomma, mi sa che questa paura del decollo me la tengo. Magari se ne andrà come è arrivata. O forse no.

E voi?

 

 

 

Laura Lippi

Laura Lippi

Fiorentina di nascita, randagia per natura, viaggia low cost in solitaria dall’età di 4 anni quando, con un peluche come unico bagaglio, ha sconfinato nel cortile dei vicini “per vedere cosa c’è più in là”. E non ha mai smesso.

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