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Preparativi di viaggio: quell’insana passione per “la lista”

La Rubrica Dei No

La Rubrica Dei No

Continuiamo a parlare di razze che dovrebbero essere conosciute meglio e non prese solo perché “di moda”. 

 

Il pastore Belga

 

Innanzi tutto cominciamo col dire che del pastore Belga esistono quattro varietà, pur restando un’unica razza. 

Si differenziano (o almeno questa era l’idea iniziale) essenzialmente per il colore o la tipologia di pelo. 

Il Groenendael, non ho idea di come si pronunci; è simile al suono prodotto russando col raffreddore, tipo grrrrunnndl, io vado di groellander, gronedel, grendl, a sentimento: tanto nessuno sa come diavolo si chiama sto coso nero col pelo lungo. 

 

 

Il Laekenois, la pronuncia è facile, ma a vederlo sembra il meno pastore belga dei pastori belga. Col pelo duro, pare un incrocio fra un enorme Jack russel e uno schnauzer. Poca importanza tanto in Italia non li vedrete mai. 

 

 

Il Tervueren, se proprio avete voglia di pronunciarlo, sappiate che dovrete mettere la bocca come la Ferragni in qualsiasi foto e fare il verso del treno sulle rotaie, dovrebbe venir fuori un suono tipo “tuvurùn” e accontentatevi, tanto non sarete mai in grado di pronunciarlo e comunque, nell’improbabile caso riusciste a vederne uno nella vostra vita, lo scambiereste per un Collie. 

 

 

Il Malinois. Pronunciato malinuà, per gli addetti ai lavori “malin”, ma ho sentito anche roba assurda tipo “maligno”, “millenuà” o anche “pastore tedesco magro”. L’aspetto oramai lo conosciamo tutti; saltano fuori come funghi e li vediamo dappertutto, nei film, nelle pubblicità e purtroppo anche in mano a gente che dovrebbe avere la diffida anche per tenere tartarughe d’acqua, figuriamoci una macchina da guerra come quel cane. 

 

STORIA

 

Cito Wikipedia: “Il Pastore Belga deriva da quel ceppo di cani che popolava le zone adibite a pascolo nell’Europa nord-orientale; i suoi progenitori sono quindi i medesimi del Pastore Tedesco. Il professor Reul e i suoi collaboratori Bernaert e Van der Snick, studiosi della Scuola veterinaria di Cureghen in Belgio, hanno dato vita alla prima selezione della razza come la conosciamo oggi. Il 29 settembre del 1891 venne fondato a Bruxelles, da un gruppo di appassionati, agricoltori e pastori, il Club du Chien de Berger Belge. Il 15 novembre 1891 riuscirono a riunire, nel primo raduno di questa razza, un gruppo di un centinaio di cani, sui quali Reul e gli altri cominciarono ad operare la loro selezione. Il 20 marzo del 1894 venne depositato il primo standard di razza, che costituì la base per poter iniziare l’allevamento. Negli anni a venire ci furono tra gli allevatori notevoli disaccordi, che esistono ancora oggi, su quali fossero le varietà da preferire alle altre, deludendo quindi gli allevatori delle specie scartate. Quindi ci furono diverse scissioni dal club ufficiale, che portarono a salvare alcune varietà, ma in pratica crearono molta confusione.”

 

Tralasciando gli strafalcioni di sintassi, punteggiatura e grammatica che mi fanno rabbrividire peggio di un gesso sulla lavagna, sostanzialmente e molto a grandi linee la storia del Pastore Belga è questa: una gran confusione. 

 

Come dice il nome, il Belga è un cane pastore, ma come spesso ci si scorda, purtroppo, è che non è un cane da conduzione di pecorelle, come il mite Border Collie, ma un cane da guardiania. 

Appuntatevelo mentalmente, più tardi ci servirà. 

 

Le varietà a pelo lungo sono oramai e purtroppo costituite da soggetti da show, a discapito come sempre del carattere, il Laekenois è quasi del tutto scomparso proprio a causa del manto; il pelo duro non piace quasi a nessuno (di nuovo, purtroppo, perché pare che sia un cane dal carattere tostissimo), mentre il famoso malinois si sta diffondendo a macchia d’olio, probabilmente proprio in virtù del fatto che un pelo corto dà molti meno problemi di manutenzione ed è più pratico in un cane da lavoro. 

 

IL MALINOIS. 

 

In questo articolo vorrei soffermarmi proprio su questa varietà, visto che è la più diffusa non solo in Italia, ma anche nel mondo. 

Tralasciando il fatto che esiste oramai anche una linea da show (per i non addetti ai lavori, linea da show è linea da bellezza, anche se questa varietà, fra tutte, troppo bella non sarà mai, diciamocelo), il malin è apprezzato in ambito cinofilo per essere un cane duttile, instancabile, polivalente ed entusiasta: qualunque cosa faccia col proprietario, sarà contentissimo di farla e la farà alla grande. 

Con la loro fisicità atletica, la loro esuberanza ed entusiasmo, eccellono in qualsiasi disciplina sportiva e non: dalle prove di utilità e difesa, ricerca, protezione civile, agility, disc dog, obbedienza, e chi più ne metta, fino quasi costituire una categoria a parte. 

 

Il cane perfetto, no?

No.

 

Forse un tempo lo era, forse fino a dieci anni fa lo è stato, perché fino a dieci anni fa di malinois non se ne vedevano se non in mano a gente che ci lavorava sul serio, gente che passava le giornate ad allenarsi col cane nella disciplina che avevano scelto, persone che hanno bruciato il televisore in una pira votiva al dio dell’addestramento cinofilo, che il divano l’han smembrato e ne hanno fatto maniche e protezioni per l’addestramento, gente che ogni fine settimana, neve, pioggia, vento o 40 gradi all’ombra si faceva 400km per andare a fare gli stage col campione del mondo pincopallo. 

 

Adesso il malinuà lo vogliono tutti, e ce l’hanno tutti, perché “ho il cane delle forze speciali”, “ho visto quel cane che sembra un pastore tedesco ma tutto chiaro col pelo corto in ‘John Wick’ che staccava arti ai cattivi come fossero stracci da ruba-bandiera, lo voglio anche io”. 

Ed ecco che qui casca l’asino, o, in questo caso, il Pastore Belga. 

 

Come è successo al pastore tedesco, l’inizio della fine è stata la fama: più richiesta significa meno attenzione nelle selezioni (soprattutto del carattere), meno oculatezza nel selezionare le famiglie adottanti, ed eccoti servita la formula del disastro perfetto. 

 

Ci sono ancora (per fortuna sono tanti) allevatori che selezionano cani fisicamente perfetti, ma soprattutto caratterialmente equilibrati, e che col cavolo li danno in mano alla Cettola Qualunque che ha visto la razza solo in TV e davanti alla TV li terrà, frustrati e mezzi impazziti dalla noia. 

 

E poi ci sono quegli allevatori (non molti, ma anche fosse uno solo sarebbe uno di troppo) che se ne sbattono del carattere, se ne sbattono se mettono una pistola difettosa in mano a uno che si farebbe male anche a giocare a freccette, e via andare: tanto prendono duemila euro a cucciolo. 

Oppure che hanno assecondato la richiesta di mercato dello sport di cani super reattivi, super spinti in aggressività e ipercinetici, calcando la mano su alcune peculiarità di razza portandole all’esasperazione, creando delle povere bestie che non possono far altro che lavorare, lavorare sempre e comunque, sempre attenti, mai fermi ed incapaci di rilassarsi, incapaci di prendere una sola decisione autonoma, tanto che se non ordinato, potrebbero anche scordarsi di respirare. 

 

Ora, vorrei ricordare che tutte le quattro varietà del pastore belga hanno origine da nomi di città del Belgio. 

Gli abitanti di Malines, la città che ha dato il nome alla varietà protagonista di quest’oggi, vengono chiamati con uno stravagante soprannome: Maneblussers, ossia, letteralmente, “coloro che spengono la luna”. Questo nomignolo origina da un fatto realmente accaduto, ovvero il presunto incendio della torre della cattedrale di San Rombaldo nel 1687. Una notte tutta Malines venne svegliata poiché la torre era in fiamme. Subito si formò una lunga catena umana per portare i secchi pieni d’acqua fino in cima all’edificio, ma presto si accorsero che quello che credevano un incendio non era altro che un riflesso: la luce della luna, riflessa nelle vetrate della cattedrale, e una leggera nebbia che avvolgeva la torre all’altezza dell’orologio avevano dato a molti l’impressione che si trattasse di fumo.

 

Vedete da voi che, nomen omen, anche i malinois non potevano essere gli Enrico Fermi dei cani. 

 

Si vedono molti filmati di spettacolari acrobazie di queste bestie che possono far rimanere a bocca aperta chi guarda; malinois che saltano su parapetti altissimi correndo praticamente in verticale, che mordono cose ciondolanti da altezze improponibili restando appesi come enormi prosciutti, e sono gli unici che lo fanno. 

La realtà è che sono gli unici a farlo perché sono gli unici abbastanza stupidi per farlo: nessun cane normale penserebbe di scalare un muro di 20 metri solo perché il bipede che gli dà da mangiare glielo chiede, un cane normale guarderebbe l’umano con l’espressione da “te sei scemo” e sul muro ci farebbe pipi. 

 

Ma il malinois medio, non quello troppo schizzato o troppo coglionciotto, non pensa, non mangia e non vive se non per compiacere il proprio umano; sempre appiccicato tanto da guadagnarsi il soprannome di “cane a tre zampe” (la quarta è il proprietario) anzi, se potesse entrerebbe proprio all’interno del corpo del suo bipede per vivere come un suo polmone e respirare la stessa aria. 

 

Questo, sommato ad una scarsa autostima peculiare della razza (sono bravo solo se il mio umano mi guarda e approva) una tempra da adolescente (capacità di reagire positivamente a stress ed avversità) ed una temperamento altissimo (capacità di rispondere prontamente agli stimoli… E vi ricordate che è nato come cane da guardianìa? Il che significa che una risposta perfettamente naturale per lui che è scritta nei suoi geni, è l’aggressività), è un mix esplosivo nelle mani di qualcuno che non sappia gestirlo. 

 

No, non è il cane per far compagnia alla nonna. Deve non solo muoversi, ma lavorare. 

No, non vale se avete il giardino “così si sfoga da solo”, perché la peggior cosa che potete fare ad un cane del genere è lasciarlo solo, lui che vive col proposito di fungere da vostro ipotalamo e fare OGNI COSA con voi. 

 

I canili sono pieni, ma davvero strabordano, di malinois ceduti perché non gestiti correttamente. 

Malinois aggressivi, autolesionisti fino all’automutilazione, tristi e rotti dentro o tutte queste cose insieme.

 

Questo è un cane nato, progettato e perfezionato per il lavoro, se non avete voglia di sacrificare ogni minuto libero per lavorare col cane, ogni maledetto weekend, ogni giorno in cui piove, fa freddo, o fottutamente caldo per andare al campo di addestramento, o anche una passeggiata (anche, non in sostituzione di) e creare un rapporto talmente stretto da strangolarvi, NON PRENDETE QUESTA RAZZA. 

Non è una colpa, ma pensateci bene e magari prendete un Carlino, o un Bouledogue Francese, che dopo tre passi sono in debito d’ossigeno e saranno felicissimi di tornare sul divano a guardare Netflix. 

 

 

Elena Caccavale

Elena Caccavale

Nata a Pisa nel 1980, cresciuta male fra Pisa e Cascina, migra periodicamente da un posto all'altro. Addetta alla sicurezza in aeroporto per scelta (d'altri) e cinofila a caso e per caso.

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