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Recensione “Svegliami a mezzanotte”, Fuani Marino

Recensione “Svegliami a mezzanotte”, Fuani Marino

SVEGLIAMI A MEZZANOTTESvegliami a mezzanotte 

di Fuani Marino

 

Editore: Einaudi

Pagine: 158

 

SINOSSI. Un tardo pomeriggio di luglio in un’anonima località di villeggiatura, dopo una giornata passata al mare, una giovane donna, da poco diventata madre, sale all’ultimo piano di una palazzina. Non guarda giú. Si appoggia al davanzale e si getta nel vuoto. Perché l’ha fatto, perché ha voluto suicidarsi? Non lo sappiamo. E forse, in quel momento, non lo sa nemmeno lei. Ma quel tentativo di suicidio non ha avuto successo e oggi, quella giovane donna, vuole capire. Fuani Marino è sopravvissuta a quel gesto e alle cicatrici che ha lasciato sul suo corpo e nella sua vita. Ma le cicatrici possono anche essere una traccia da ripercorrere, un sentiero per trasformare la memoria in scrittura. Marino decide cosí di usare gli strumenti della letteratura per ricostruire una storia vera, la propria. In parte memoir, in parte racconto della depressione dal di dentro e storia di una guarigione, anamnesi familiare e storia culturale di come la poesia e l’arte hanno raccontato il disturbo bipolare dell’umore, riflessione sulla solitudine in cui vengono lasciate le donne (e le madri in particolare) e ancora studio di come neuroscienze, chimica e psichiatria definiscano quel labile confine tra salute e sofferenza: “Svegliami a mezzanotte” è un testo incandescente nel guardare senza autoindulgenza, anzi a tratti con affilata autoironia, in fondo al buio. Disturbante come a volte è la vita, ma luminoso nella speranza che sa regalare.

 

RECENSIONE.

E poi sono caduta, ma non sono morta.

Le pagine di Svegliami a mezzanotte iniziano così, descrivendo quel fatidico giorno in cui la protagonista (nonché l’autrice), Fuani Marino, decide di buttarsi dall’ultimo piano di una palazzina. Un racconto a posteriori, un monologo che segue un’azione, una decisione drastica, finale e desiderata.

Ho tentato di uccidermi il 26 luglio 2012, avevo da poco compiuto trentadue anni e da neppure quattro mesi partorito la mia prima ed unica figlia, Greta.

Un libro autobiografico, senza censure e molto coraggioso, che pone al centro un tema che ancora oggi è considerato tabù: il suicidio e tutto ciò che lo circonda.
L’autrice decide di raccontarsi, di capire perché è arrivata a questo gesto estremo, e ci narra la sua storia dividendola in due parti: Prima e Dopo la caduta.
In questo contesto, per “far indossare le scarpe” di Fuani al lettore, la Marino ci racconta la sua vita fin dall’infanzia: la storia dei suoi genitori e la genesi del suo nome, i primi pensieri depressivi e la richiesta disperata di aiuto mai accolta.

E’ molto diverso, infatti, decidere di non avere figli o non riuscire a metterne al mondo, da abdicare alla martenità una volta che la si è raggiunta.

Leggendo Svegliami a mezzanotte, si capisce quanta sofferenza c’è dietro un suicidio e quanto ancora sia difficile parlarne; Infatti, per i sopravvissuti c’è solo imbarazzo, silenzio e l’etichetta (quasi) di criminale suicida (infatti, nel gergo comune si dice “commettere un suicidio” come se fosse un reato uguale all’omicidio).
E se nelle situazioni “normali” essere un suicida è blasfemo, figurarsi quando la suicida è una donna, appena diventata madre.

Nei mesi fra il parto e il tentativo di suicidio la si poteva [la tragedia] percepire nelle mie condizioni che non miglioravano malgrado i pellegrinaggi dai vari specialisti. Chiesi più volte di essere ricoverata, ma non volevano separarmi dalla piccola, mentre io in quel momento non avevo bisogno d’altro.

Eh già, con questo libro oltre al suicidio e al disturbo mentale, si accenna anche a tematiche femministe e riusciamo a scorgere quanto la società sia intrisa di atteggiamenti svalutanti nei confronti della donna in quanto tale e si riconosce, invece di quanto la donna sia un oggetto: si evince che la donna è importante solo in funzione di suo figlio (so che scrivo una cosa molto forte, ma pensiamoci bene. Non è davvero così? Siamo importanti in quanto madri, siamo importanti in quanto mogli, ma siamo importanti in quanto esseri umani? Nel caso, sono felice di sbagliarmi).

A nessuno con un attacco di appendicite in corso verrebbe in mente di non correre all’ospedale e non consegnarsi alle cure, e non vedo come si possa pensare di assumere per la prima volta dei farmaci dagli effetti tanto imprevedibili senza contemporaneamente affidarsi a personale medico specializzato.

La malattia mentale occupa in questo testo uno spazio significativo. L’autrice spiega quanto la malattia mentale sia ancora stigmatizzata e insabbiata, trattata come una non malattia ma piuttosto come una mancanza di volontà, pigrizia e arginato dagli altri con “dai, ma che cosa ti manca, hai tutto dalla vita”, “C’è chi sta peggio di te, non fare le bizze (capricci)”, “con il tempo passerà”. Infatti, racconta Fuani, quando inizia a concretizzarsi Svegliami a mezzanotte, una sua cara amica che lavora in editoria, le dice di salvaguardarsi, di proteggersi, di non darsi in pasto al pubblico.

Mentre cercavo di spiegarle il motivo per cui era così importante per me non nascondere quanto mi era successo esponendomi in prima persona, compresi che questo libro non era solo il racconto di una cosa terribile che mi era successa, ma anche un gesto politico, almeno nelle intenzioni.

Un libro con molti spunti di riflessione, asciutto, scorrevole ma soprattutto CORAGGIOSO.
Non dovrebbe richiedere coraggio parlare delle nostre emozioni e delle nostre difficoltà, ma in un’era in cui è obbligatorio essere produttivi, gioiosi e sempre al top, lo è.
Come accenna Fuani, purtroppo non esiste un “Pride” per chi ha disturbi psichiatrici, perché difficilmente solidarizzano gli uni con gli altri.

Iniziamo ad urlare che noi ci siamo.

E non è vero che “facciamo le bizze”, “siamo troppo sensibili”, “pensiamo troppo”, “siamo svogliati e pigri”. Stiamo soffrendo. E la sofferenza non è MAI un capriccio.

Grazie per aver scritto questo libro.
Grazie per averci raccontato la tua storia.

Vi devo anche dire perchè lo dovete leggere?
Non penso.

 

Buona Lettura a tutti!

 

Rachele.

 

 

CURIOSITA’ :
Fuani, a proposito del disturbo mentale e della maternità, riferisce che “nei manicomi, non venivano rinchiuse solo le persone con forme di malattia o ritardo mentale, ma anche chiunque risultasse deviante rispetto a quanto la società si aspettava da lui o, più spesso, da lei. Nei confronti delle donne gravava un atteggiamento severo per le inadempienze riguardanti gli ambiti coniugali e domestici, per secoli gli unici cui potessero ambire.”
Vi ricorda niente?
A me viene in mente il libro di Karen Venturini, Melanconia con stupore.

 

 

 

 

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Rachele Bini

Rachele, 31 anni. Una, Nessuna, centomila. Copywriter e amante della comunicazione, la scrittura è il suo pane quotidiano. Ha gestito un Ufficio Stampa per una piccola Casa Editrice Indipendente. Aspirante Giornalista, scrive per "Il Tirreno".

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