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Recensione “Autolesionismo” , Cecilia Di Agostino, Marzia Fabi & Maria Sneider

Recensione “Autolesionismo” , Cecilia Di Agostino, Marzia Fabi & Maria Sneider

Ciao a tutti! Oggi parliamo di un libro molto interessante che parla di un tema molto particolare e che non ho mai trattato.

AUTOLESIONISMO – QUANDO LA PELLE E’ COLPEVOLE

di Cecilia Di Agostino, Marzia Fabi, Maria Sneider

 

Editore: L’asino d’oro

Pagine: 122

Prezzo: 9.80 €

Prezzo ebook: 7.91€

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“<< Sono come anestetizzata, mi taglio per sentire qualcosa>>. Da dove nasce l’insostenibile angoscia che spinge una ragazzo a riempirsi il corpo di tagli? Perchè la pelle diventa il bersaglio da colpire e da sfregiare? Il gesto dell’autolesionista non è un tentativo di suicidio, non è aderire a una tendenza o a seguire una moda: è un “rimedio” a un danno più grave e insieme un sintomo di malessere profondo. Questo testo, agile e alla portata di tutti, esamina il significato che nel corso dei secoli hanno assunto il corpo e le sue manipolazioni, e racconta l’autolesionismo attraverso i film che lo hanno descritto e alcuni casi clinici affrontati con una psicoterapia che non ferma solo il gesto disperato, ma ne rimuove le cause profonde, proponendo la possibilità della cura.”

Contestualizziamo. Che cos’è l’autolesionismo?

Le autrici, sin dalle prime pagine, definiscono l’autolesionismo un termine molto ampio e che  in psichiatria può rientrare in tantissime patologie. Si parla di autolesionismo in riferimento all’uso di droghe o sostanze alcoliche, quando siamo difronte a disturbi alimentari come anoressia e bulimia o quando si parla di gioco d’azzardo (nei casi di persone che si fanno del male sperperando tutto il loro patrimonio). Essendo quindi un tema molto vasto e complesso le autrici, in questo scritto, si concentrano sull’autolesione come ferita inferta alla pelle, sfregio, atto violentissimo contro il proprio corpo.

Una cosa fondamentale che ci teniamo subito a precisare è che l’autolesionismo non ha nulla a che vedere con il tentativo di suicidio, anzi è il contrario. Nei gesti autolesivi dei pazienti si riscontra, paradossalmente, un forte attaccamento alla vita.

Strano ma vero, chi si autolesiona non ipotizza mai di morire, bensì vuole sentirsi vivo, è un disperato tentativo di rimanere legato alla vita, per cercare di restare ancorato ad un corpo che non sente più il suo.

Il libro, dopo le dovute precisazioni e contestualizzazioni, esamina tutto ciò che riguarda il mondo dell’autolesionismo, classificandolo in tre categorie di atti autolesivi, i quali si differenziano tra loro per la gravità del gesto:

Superficiale/moderato: è la forma di autolesionismo più diffuso negli adolescenti e nella patologia borderline è la forma più diffusa. le sue manifestazioni comprendono lo strapparsi i capelli, mordersi le unghie fino a farle sanguinare, graffiarsi, bruciarsi, stuzzicare vecchie ferite impedendo il  processo di cicatrizzazione e soprattutto procurarsi tagli controllati e relativamente poco profondi.

Stereotipato: è una forma che troviamo solitamente associata a disturbi mentali come la sindrome di Tourette. l’autismo o il ritardo mentale e comprende comportamenti rigidi, ripetitivi, automatismi quali lo sbattere la testa contro un muro, comprimere i bulbi oculari, percuotersi, mordersi.

Maggiore o automutilazione: è poco frequente ma è il più grave. Questo tipo di autolesionismo si manifesta nelle psicosi, in particolare nella schizofrenia o in intossicazioni acute da sostanze. Il danno fisico che ci si procura è spesso invalidante perchè arriva a includere l’amputazione di organi o arti o parti di essi, l’enucleazione dei bulbi oculari, l’autocastrazione, il taglio di un orecchio o delle dita.

Ed è solo l’inizio…

Successivamente, le autrici, con una scrittura semplice, scorrevole e facilmente comprensibile anche dai non addetti ai lavori, esamina nel dettaglio i tre tipi di autolesionismo, soffermandosi anche sul fenomeno dei piercing e tatuaggi e sul ruolo che stanno ricoprendo, toccando anche l’autolesionismo che, al contrario, è socialmente accettato (come il fenomeno dei flagellanti, la Body Art e gli Emo), domandandosi perchè, sempre più individui, soprattutto nella popolazione giovanile, arrivano a questo gesto violentissimo contro di sè.

Alla fine del libro, le autrici hanno inserito dei casi clinici e dei film che possono esserci utili per capire il fenomeno in modo più esaustivo, riportando anche l’analisi dei film in questione: “Thirteen” , “Molto forte, incredibilmente vicino”.

 

Insomma, un libro non troppo tecnico per avvicinarsi al tema e per avere un’infarinatura più che generale su un tema sempre più attuale. Un libro del quale non ci si pente di avere nella libreria.

 

Buona Lettura a tutti!

 

Rachele.

 

Rachele Bini

Rachele, 31 anni. Una, Nessuna, centomila. Copywriter e amante della comunicazione, la scrittura è il suo pane quotidiano. Ha gestito un Ufficio Stampa per una piccola Casa Editrice Indipendente. Aspirante Giornalista, scrive per "Il Tirreno".

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