Una vita in apnea, tra luci ed oscurità!
Reduce dalla seconda lezione del corso di fotografia dove mi sono picchiata per più di mezz’ora con una Nikon (naturalmente ha vinto lei) per impostare tutti quei dati sul display che mi dovrebbero permettere di scattare una buona foto non sfocata ma con una luce corretta, mi sveglio stamani più confusa che mai conscia del fatto che nei miei prossimi incontri di box con la fotocamera sarà il cellulare ad avere la meglio!
Dopo una ricca colazione mi metto alla guida della mia auto per recarmi al lavoro: il cielo è terso, c’è quella luce accecante che mette allegria, neanche una nuvola all’orizzonte, decido di non fermarmi per scattare delle foto e proseguo fino allo stabilimento. Arrivo, parcheggio, scendo, sembra di essere in un altro pianeta: un vento fortissimo mi fa barcollare, ringrazio la borsa del computer, quella da passeggio e l’ultima con la frutta per non essere volata ed essermi attaccata alla bandiera italiana o a quella europea (quella tedesca nel frattempo è volata via). Stamani l’ho proprio odiato questo vento, spesso ho addirittura provato a fotografarlo, ma non ci sono mai riuscita! Nel quadro che sto per mostrarvi il vento è invece rappresentato alla perfezione.
Come si fa a non amare il vento in quest’opera di Vincent Van Gogh? Tutto si muove, con dolcezza e leggiadria, il paesaggio con i suoi colori e le sue luci muta da una tonalità all’altra come in una danza diretta da un vento magico: dipinto bellissimo, spettacolare ed unico!
Trafelata e piena di borse come sempre saluto la guardia, corro, timbro e salgo le scale per raggiungere il mio ufficio; dopo che ho acceso come sempre la radio entra il mio responsabile che mi comunica che non presenzierà alla riunione del mattino perché sarà impegnato con degli ospiti nella “Obeya room”.
La “Obeya room”, termine a me sconosciuto e sentito per la prima volta in quell’istante tant’è che il mio superiore mi guarda e vede stampato sulla mia fronte il punto interrogativo, quella luce che è rimasta spenta, quella lampadina che ahimè non si è accesa!
Frugo nel mio database alla ricerca della giusta lampadina da accendere ma niente, buio completo, mi dico che forse mi sono persa qualcosa e faccio la figura dell’idiota davanti al mio capo!
La prima cosa che faccio una volta rimasta sola è quella di cercare il significato della “Obeya room”: che non è altro che una grande stanza inventata dal giapponese Takeshi Uchiyamada dove viene realizzato un progetto dall’inizio alla fine grazie ad una squadra che lavora in team in modo efficace e tempestivo dandosi degli obiettivi precisi.
Da stamani la nostra sala riunioni è stata ribattezzata la “Obeya room” ed anche se intrinseco nel significato c’è molto di più, per il momento per me resta la stanza dove ci riuniamo e dove veniamo illuminati dalla luce, dalle nostre idee!
Dove ci porterà tutta questa innovazione? A nuova luce o ci complicherà di più la vita? Staremo a vedere, al momento mi sembra tutto alquanto pieno di ombre!
Spesso si crede che le cose sofisticate, più complicate portino a maggiori risultati ma se si pensa al passato quante volte i percorsi più semplici, più umili e senza troppi “girigogoli” ci hanno condotti alle soluzioni migliori.
Questo quadro del pittore francese Claude Lorrain, nato a Champagne nel 1600 e morto a Roma nel 1682, ci riporta al passato. Lorrain, considerato maestro del paesaggio ideale, ha saputo rappresentare in modo meraviglioso la luce in questa sua opera.
Mentre con Lorrain viene esaltata la luce nell’opera che sto per mostrarvi viene rappresentato un momento di oscurità: si tratta di un opera del grande Picasso, pittore, scultore e litografo spagnolo di fama mondiale, considerato uno dei protagonisti assoluti della pittura del XX secolo.
Bellissimo questo quadro che raffigura la guerra con quelli che sembrano essere pochissimi tratti ma che invece tutti insieme lanciano un messaggio chiaro e preciso: le urla e la disperazione degli uomini e dei cavalli.
È invece tranquillo e non urla affatto il bambino nella foto di Oliviero Toscani: geniale quest’immagine dove il neonato sembra che per venire alla luce esca direttamente dalla lampada.
La nostra vita è un continuo alternarsi di luce e di buio sin dalla nascita!
Talvolta siamo avvolti dalla luce, altre volte brancoliamo nel buio. Senza la luce non ci sarebbe nemmeno la vita, ma a volte far luce su qualcosa può farci sentire la morte dentro. Ma non esisterebbe la luce senza il buio, né il buio senza la luce.
Nel buio un sogno prende forma ed un’idea i suoi contorni.
Platone diceva: possiamo perdonare un bambino quando ha paura del buio, ma la vera tragedia è quando un uomo ha paura della luce.
Bellissimo il saluto che si facevano i fotografi del secolo scorso quando s’incontravano per augurarsi buon lavoro: “Gute Licht”, ovvero buona luce, ed è questo l’augurio che faccio ad ognuno di noi, di incontrare nella nostra vita più luce che buio ricordando a tutti però che anche il buio è fondamentale, perché anche nel buio si creano dei momenti di vita bellissimi ed indimenticabili ed è il momento in cui i nostri sogni si delineano!
Luce e buio
Quando l’amore arriva
lo riconosci subito,
ha una luce diversa
negli occhi,
una luce che ti travolge,
una luce che ti avvolge,
una luce che ti bacia,
una,
due,
tre,
quattro,
infinite volte,
travolgendo tutto ciò che incontra
come un tsunami!
E quando arriva
Il buio niente cambia,
basterà saperlo amare
incondizionatamente
come fosse luce,
e non esisterà più differenza alcuna
tra luce e buio,
solo e solamente amore!