ON AIR


Preparativi di viaggio: quell’insana passione per “la lista”

Family Day, somme, sottrazioni e figuracce

Family Day, somme, sottrazioni e figuracce

Unioni civiliSabato 30 gennaio a Roma si è tenuto il Family Day, evento che ha saputo magistralmente catalizzare l’attenzione dei media e degli italiani. La formula era quella prevista: tanti cartelli, tante canzoni, tante parole, tanto Gasparri e tante aspettative da parte di chi era a favore della manifestazione e paradossalmente, anche da parte di chi era contro. Funziona così: sai di avere un avversario che quanto ad argomenti si rivela debole, quindi ti accomodi in attesa che una buca rallenti la sua corsa. In ogni caso gli regali la tua attenzione e se restiamo fedeli alla formula del ‘bene o male, purché se ne parli’ possiamo dire che gran parte della diffusione mediatica del Family Day c’è stata nei giorni successivi, perché di buche ce ne sono state parecchie e l’evento si è rivelato il flop che chi era contro pronosticava. È stata una lotta impari fin dall’inizio e non entro nel merito di leggi e votazioni. Parlo di logica. Parlo di diritti. Se una parte invoca il divino per controbattere alla chiarezza di un’affermazione come “estendere un diritto a un altro non toglie niente a te”, significa che la gara non andrà avanti a lungo.Senza contare che, nei giorni successivi personaggi più o meno noti, trasmissioni più o meno seguite, aziende di vedute più o meno larghe, hanno fatto a gara a saltare sul carro delle unioni civili e preciso che la mia non è una critica. Dove finisce la buona fede, in fondo, inizia la strategia e un po’ di appoggio non fa certo male.
Per quel che riguarda la televisione, Luciana Littizzeto ha lanciato lo splendido hashtag a volersi bene #nonsirischianulla e per la rete continuano a girare estratti del video delle Iene in cui Enrico Lucci intervista alcuni tra i partecipanti all’evento con risultati esilaranti, ahinoi, perché da ridere ci sarebbe ben poco. Maurizio Gasparri, puntuale come sempre, ha salutato il giornalista con un’uscita che definire infelice sarebbe riduttivo e che non ha fatto che confermare l’inadeguatezza del parlamentare a ricoprire qualsiasi carica istituzionale. L’ira suscitata dalla ‘battuta’ non si è fermata alla rete (da ieri gira una petizione dal titolo Gasparri chieda scusa, lanciata da Iacopo Melio su Change.org), ma ha raggiunto il Parlamento: l’Onorevole Dall’Osso (Cinque Stelle) ha mandato Gasparri a quel paese durante il suo intervento, venendo immediatamente redarguito per il turpiloquio. Personalmente mi auguro che al rimprovero sia seguita una stretta di mano, in ogni caso il servizio di Lucci, tra chi invoca cataclismi e chi tenta di spiegare che l’omosessualità è un virus geneticamente modificato dalle case farmaceutiche, si è rivelato un grazioso patchwork della media umanità che saltellava su quel prato. Un patchwork cucito ad arte, voglio augurarmi, perché confido nella legge dei grandi numeri.
Non è la gente il problema, non è chi mangiava il panino con la frittata mentre il figlioletto scorrazzava in giro senza avere la minima idea di dove fosse. Almeno, non solo. Family dayIl problema maggiore riguarda chi aveva accesso al palco, chi poteva prendere in mano il microfono e parlare. Se alle parole fischiassero le orecchie, quando qualcuno le pronuncia, a quest’ora il termine ipocrisia se ne starebbe accucciato in un angolo con i timpani sfondati e la testa tra le braccia, a dondolarsi sui talloni in preda al panico e alla paranoia. Ipocrisia è stata la parola più pronunciata del nostro vocabolario, negli ultimi giorni e non senza motivo. In fondo il divorzio è un diritto per cui altri hanno lottato e di cui tutti oggi possono godere. Essere libera di concepire un figlio senza essere sposata e senza venire additata per strada e chiamata sgualdrina, è un diritto che oggi hanno tutte le donne, perché quelle a cui è toccato in passato hanno avuto la forza di girare a testa alta e difendere la propria dignità. Per questo credo sia giusto rassicurare la signora Meloni, che sabato ha annunciato alle telecamere di essere incinta e di colpo si è ritrovata al centro delle attenzioni e del sarcasmo. Il problema è che l’ipocrisia è una lama che taglia la tela di certe convinzioni. La trama è apparentemente perfetta, il mondo è in mano a chi ha il diritto di sposarsi e crescere figli perché unito da un vincolo divino e legittimo, poi arriva l’ipocrisia e la tela si sfalda. Ciò che dovrebbe preoccupare la signora Meloni non è l’ironia, ma il fatto che se il mondo fosse quello che lei sogna e i fautori della famiglia tradizionale fossero coerenti con ciò in cui dicono di credere, all’annuncio della sua gravidanza portata avanti al di fuori del sacro vincolo, sabato avrebbe avuto in risposta un’ondata di fischi in grado di spaccare in due l’intera superficie del Circo Massimo.
Per fortuna il mondo, anche se ogni tanto si sforza di sembrare peggiore, non è così. Ci siamo evoluti quel tanto che basta a permetterci il lusso di desiderare un figlio senza avere per forza una fede al dito. Ora servono pochi passi in più e il mondo che sogna la Meloni ce lo lasciamo alle spalle. Nel mondo che sogno io invece non c’è bisogno che la Coop esponga cartelli accostando mele dello stesso colore e neanche che l’Ikea elevi a metafora dadi e brugole, perché venga gridato il diritto all’uguaglianza tra omosessuali ed eterosessuali. Prima di essere qualunque altra cosa, siamo cittadini italiani. Dovrebbe bastare questo a estendere un diritto, ma come ho già detto, l’appoggio dei grandi marchi di sicuro è utile alla causa.
Nota a margine: molti degli intervistati durante il family day, alla domanda “Lei ha amici omosessuali?” hanno risposto “Certo!”
Mi permetto di fare un appello: signori amici omosessuali di chi era al Family Day, magari la prossima volta gli amici sceglieteveli meglio. Mica per niente, ma non credo sia esaltante raccontare a un amico che si desidera sposare il proprio compagno e sentirsi rispondere “No, non ne hai il diritto.”

Francesca Gaudenzi

Francesca Gaudenzi

Ho sempre preferito la parola scritta a qualsiasi altra forma di comunicazione. Se le altre bimbe deliziavano gli zii con canzoncine e racconti dettagliati di vita quotidiana, io piantavo il muso e cercavo le parole. Studiavo le reazioni della gente, ne osservavo i gesti, le espressioni del volto, associavo il tutto a un contesto e cercavo di dargli una forma, così, cercando cercando, le parole sono arrivate. Da sei anni curo una rubrica sulla rivista Strumenti Musicali in cui mi occupo di donne e musica, ho un blog personale e da quest’anno inizio la mia avventura con i ragazzi di WiP Radio.

Articoli Correlati

Commenti