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The Million Dollar Hotel | Il Cinema dei Margini

The Million Dollar Hotel | Il Cinema dei Margini

Il Cinema dei Margini

Il significato del termine margine (dal latino margo-ìnis) rimanda all’ idea della parte estrema di una superficie.
Allo spazio, all’ ambito entro cui qualcosa può attuarsi.
Nei fogli scritti o nelle pagine stampate, il margine, è lo spazio bianco che si lascia sui quattro lati.

Nel cinema il margine è quel confine che sancisce la separazione tra un dentro e un fuori.
La soglia in cui realtà e irrealtà si scambiano.

Il Cinema dei Margini è, dunque, quella lente che ispeziona questi luoghi a metà.
Che ci mostra e ci traduce questi orli in cui le vite sono come fosforescenti.
Esistenze illuminate da una latente diversità sotto un’ apparenza qualsiasi e regolare.
Bruciate da una dolorosa intensità.

The Million Dollar Hotel

Il Million Dollar Hotel è un albergo che ospita una ben assortita comunità di profughi della vita moderna nel bel mezzo dell’inarrestabile freneticità di Los Angeles.
Qui si consuma anche l’anomala morte di Izzy, figlio di un ricco magnate della televisione.
Sarà l’approfondita e ontologica indagine condotta dall’agguerrito agente Skinner a portare nuovo movimento e nuova luce tra le vite dei quasi invisibili e sciroccati inquilini del Million Dollar Hotel.

million dollar hotelTITOLO ORIGINALE: The Million Dollar Hotel
PAESE DI PRODUZIONE: Germania, Gran Bretagna, U.S.A
ANNO: 2000
REGIA: Wim Wenders
SOGGETTO: Bono, Nicholas Klein
FOTOGRAFIA: Phedon Papamichael
MONTAGGIO: Tatiana S. Riegel
MUSICHE: Bono, Brian Eno, Jon Hassell, Daniel Lanois
SCENOGRAFIA: Robbie Freed, Bella Serrel
CAST: Jeremy Davies, Milla Jovovich, Mel Gibson, Jimmy Smits, Peter Stormare, Tom Bower, Donal Logue, Tim Roth, Ezra Buzzington

È quella di un hotel dal passato florido e glorioso, adesso fatiscente limbo che accoglie e raccoglie derelitti, la prospettiva che sceglie di assumere lo sguardo del regista Wenders.
Uno sguardo attento sin dai tempi de Il cielo sopra Berlino (1987) a coltivare nelle sue immagini la cattura dell’impronta dell’invisibile.
Attento e intento a restituirci tra un fotogramma e l’altro qualcosa che ci manca.
Qualcosa che il nostro occhio ha quasi del tutto perduto.

L’incipit da film giallo che orienta la pellicola non è che un espediente registico per mostrarci tutt’altro.
Un invito autorale a spostare la nostra attenzione tra le righe.
Lì dove solo gli occhi di uno sguardo stupefatto, puro e ingenuo possono giungere senza macchiarsi.
Chi è infatti Tom Tom (Jeremy Davies), collante e voce narrante del circolo di sbandati del Million Dollar dotato di uno speciale candore considerato da alcuni espressione di stoltezza e da altri di sanità, se non la voce della purezza e di quell’innocenza che solo lo sguardo originario di un bambino possono conservare?
Lui, sembrano indicare i versi della poesia Lied vom Kindsein di Peter Handke che recita l’apertura de Il cielo sopra Berlino:

“Quando il bambino era bambino,
non sapeva d’essere un bambino.
Per lui tutto aveva un’anima,
e tutte le anime erano un tutt’uno.

Quando il bambino era bambino,
su niente aveva un’opinione,
non aveva abitudini.
Sedeva spesso a gambe incrociate
e di colpo sgusciava via.
Aveva un vortice tra i capelli,
e non faceva facce da fotografo.”

Lui che sa essere candidamente e totalmente travolto dalla bellezza tremenda di Eloise (Milla Jovovich), l’angelo di strada che lo condurrà a capovolgere il mondo.
Lui che nella sua entusiastica ed estrema adesione alla vita pare riuscire a fondere e imprigionare insieme lo stupore del fanciullo alla farraginosa complessità della realtà.

Una realtà in cui ognuno può liberamente scegliersi una verità in cui credere (quello che Skinner definisce il gioco della realtà), ma in cui molto più audace e difficoltoso risulta esercitarsi a vedere più verità insieme.
Esercitarsi a scorgere il Tutto di fianco al Nulla.

Questo è il potere segreto che Wenders pare suggerirci portandoci a spasso nel mondo fognario dei suoi angeli caduti.
In un film a tratti ipnotico, visionario e subliminale.

Serena Marconi

Serena Marconi

Serena Marconi è un'apprendista filosofa alla disperata ricerca di un suo posto in questo angolo di mondo strano. Nell'attesa di trovarlo si diletta in viaggi esplorativi tra i posti più disparati, dalla Namibia all'Argentina sognando il Tajikistan, e trova vita e ristoro nelle parole dei libri, nell'intensità della musica e soprattutto nei mondi altri del Cinema.

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