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Preparativi di viaggio: quell’insana passione per “la lista”

Il Giro d’Italia

Il Giro d’Italia

Oggi ho visto la tappa del Giro d’Italia. Era una tappa alpina, Borgofranco d’Ivrea – Crans Montana, 199 km; doveva essere il primo tappone, invece stamani “Date le avverse condizioni meteorologiche, specie sul versante italiano, la Commissione ha deciso di venire incontro alle richieste degli atleti applicando il Protocollo Weather Extreme. La tappa 13 sarà accorciata con il nuovo km 0 fissato a Le Chable, ai piedi della Croix de Couer. La parte finale della tappa rimane invariata. La gara seguirà l’orario originale“. Dunque, niente, tappa ridotta, vabbè, l’ho vista lo stesso.

Era la prima tappa che vedevo del Giro di quest’anno, le altre finora le ho sempre sentite alla radio, soprattutto quando mancavano pochi chilometri all’arrivo. Sono al lavoro (…) alla scrivania, accendo la radio e sto.

Da bambino ero appassionatissimo di ciclismo, quasi come col calcio. Ero appassionato di molti sport, ed il ciclismo lo scoprii intorno ai sette anni, tifando per Gianni Bugno, per me un fenomeno che se avesse avuto un carattere più deciso e determinato avrebbe vinto tutte le corse possibili.

Non so a voi, ma quando io ero nell’età dell’infanzia guai a non fare merenda, quindi intorno a metà pomeriggio arrivava lo yogurt o la schiacciata o i biscotti o boh. L’orario della merenda coincideva con la trasmissione in tv del Giro, quindi hai voglia ad appassionarcisi. Fra l’altro se ricordo bene in quelle settimane prendeva il posto di “Bim Bum Bam” su Italia 1, quindi non avevo alternative, essendo sempre stato un oppositore di “Solletico”, su Raiuno. Non mi ricordo se in quegli anni “Bim Bum Bam” andasse in onda effettivamente su Italia 1 o su Canale 5, dovrei ricercare su Wikipedia, solo che non ho voglia quindi fidatevi anche se non era vero.

Insomma, sì, era il 1994 quando mi innamorai del ciclismo. C’era Bugno che era però in una fase calante della carriera ma alle volte tornava il Campione di (pochi) anni prima e vinceva, c’era il giovane Marco Pantani che stava emergendo con potenza, il regno di Miguel Indurain, eccetera. Giro d’Italia, Tour de France, il Mondiale, ero spettatore interessatissimo.

Nel 1995 ci fu il boom, perché iniziai a guardare anche le classiche (la Milano-Sanremo, per esempio), mio padre durante il Giro d’Italia mi comprava la Gazzetta dello Sport (organizzatrice della competizione) che quell’anno regalava anche l’album delle figurine (e relative figurine i cui doppioni attaccai sugli sportelli degli armadi di camera mia). A luglio vidi in edicola un mensile che parlava di ciclismo: ovviamente lo feci comprare, si chiamava BiciSport, lo feci comprare per quattro anni circa.

E soprattutto, in quel periodo lì, imparai ad andare in bicicletta. Già, probabilmente imparai tardi, ma ‘sticazzi, so che per anni io e la bicicletta eravamo abbastanza una cosa sola. Siccome sempre in quel periodo me ne regalarono anche un’altra, allora intorno casa mia correvo con mio Nonno paterno, che costringevo volontariamente a fare le gare con me. Gare che ovviamente vincevo correttamente.

Ero coinvolto. Ero talmente coinvolto che feci costruire nei vari punti intorno casa mia dei piccoli cartelli che indicassero le varie Cime dolomitiche (Passo Pordoi, Mortirolo…) e alpine, anche francesi (Alpe d’Huez…). Una maglietta bianca me la feci colorare con l’iride per far finta d’essere campione del mondo, un’altra forse me la feci fare rosa, non ricordo… Insomma, ero impazzito.

Quel periodo un po’ termino quando una parente abbastanza stretta mi disse, riferita ai vari cartelli, “sembrano i cartelli per la sepoltura dei gatti”, ci rimase un po’ male e dopo poco li feci togliere. Così mi ricordo, poi magari ricordo male.

Non mi sbaglio invece nel ricordare che in bicicletta andavo praticamente tutti i giorni. Mi comprai anche la maglia di una squadra (la Lotto, sia perché era lo sponsor tecnico del Milan sia perché era anch’essa rossonera). Pensai che magari, forse, potevo iscrivermi anche a ciclismo per correre davvero. Idea che poi non ebbe seguito.

Ma ad un certo punto, stop, la mia passione ciclistica iniziò a calare. Era il 5 giugno 1999, si correva la penultima tappa del Giro d’Italia: Madonna di Campiglio – Aprica, 190 chilometri. La maglia rosa la indossava Marco Pantani, che l’anno prima fece la doppietta Giro-Tour (ed avevo le prime pagine di quell’impresa attaccate in camera). Aveva 5 minuti e 38 secondi di vantaggio sul secondo, doveva essere la tappa del trionfo in una competizione dominata in lungo e largo. Quanto mi ha esaltato Pantani, quanto.

Il 5 giugno 1999 cadeva di sabato. Il pomeriggio ci sarebbe stato l’ultimo incontro del primo anno di Catechismo per la Cresima, con partitella di pallone finale, ma avevo già detto di no, non sarei andato, c’era la tappa, c’era il trionfo di Pantani. Non potevo, non volevo fare altro.

Torno a casa da scuola, poso lo zaino, accendo la tv. Però atmosfera strana, non c’era Pantani, che succede? Vengo allora a sapere che Pantani fu squalificato perché nei regolari controlli sul valore dell’ematocrito nel sangue aveva superato il 50%, che era il valore consentito. Anzi, per essere precisi superò il 51% perché c’era l’1% di tolleranza. Bum. Tristezza. Ovviamente andai all’ultimo incontro del Catechismo.

Da quel giorno il mio interesse nel ciclismo lentamente calò, mi esaltai un po’ per le vittorie di Cipollini e Bettini ai Mondiali, poi niente più. Ad un certo punto l’unico sport che mi interessò fu solo il calcio, cadendo in una pigrizia mentale che ho cercato negli ultimi anni di superare tornandomi ad interessare anche al ciclismo. Ciclismo che per me è lo sport più faticoso del mondo e quindi il più affascinante (il più bello, per me, però è il calcio).

Manca però il ciclista che mi fa esaltare, sussultare, emozionare, per cui tifare. Chissà se lo ritroverò.

Beh, se ci fosse un nuovo Gianni Bugno o un nuovo Marco Pantani, chissà….

 

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Nicolò Bagnoli

Nicolò Bagnoli

Nasce nel 1986, nel 2010 ha l'idea di WiP Radio di cui è il direttore, è quasi alto come Berlusconi, davanti ad un microfono può starci ore. Parlando, ovviamente.

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