ON AIR


Preparativi di viaggio: quell’insana passione per “la lista”

Trentaquattresima intermittenza

Trentaquattresima intermittenza

Benvenuti, o ben tornati tra queste pagine.

Oggi ripesco un mio vecchio scritto, una riflessione su tre opere che allontanano il protagonista dal suo centro, facendolo scontrare con le sue periferie esistenziali.

Perdersi in periferia

Gran parte della narrativa mondiale si basa sull’opposizione che si viene a creare tra centro e periferia. Per centro possiamo intendere un nucleo atteggiamenti, convenzioni e spazi che sono i propri e caratterizzanti dei nostri protagonisti. In questo humus il nostro personaggio prospera, senza particolari intoppi. I problemi (e, di conseguenza, il divertimento del fruitore) arrivano quando il personaggio viene allontanato dal suo centro di gravità permanente, per dirla con Battiato. Viene immesso in un altro contesto, diverso e talvolta opposto, alla situazione di partenza.

Oggi vi proporrò tre storie che sradicano i personaggi da una comfort zone e li introducono in un mondo nuovo. Le risultanti di questo meccanismo possono essere disastrose, salvifiche, o vacue, come vedremo nei tre esempi che vi proporrò.

Agostino

Scritto nel 1943 da Alberto Moravia, questo romanzo racconta le vacanze estive di un adolescente, alla scoperta del mondo degli adulti. Questa evoluzione (o involuzione, dipende dalle prospettive) si porterà con sé una serie di traumi e di scoperte che andranno ad accompagnare le vacanze del nostro giovane e la consapevolezza su cosa significhi, realmente, abbandonare l’età “innocente” per entrare nell’età adulta.

Nei primi giorni d’estate, Agostino e sua madre uscivano tutte le mattine sul mare in patino. Le prime volte la madre aveva fatto venire anche un marinaio, ma Agostino aveva mostrato per così chiari segni che la presenza dell’uomo l’annoiava, che da allora i remi furono affidati a lui. Egli remava con un piacere profondo su quel mare calmo e diafano del primo mattino e la madre, seduta di fronte a lui, gli discorreva pianamente, lieta e serena come il mare e il cielo, proprio come se lui fosse un uomo e non un ragazzo di tredici anni.

La madre di Agostino era una grande e bella donna ancora nel fiore degli anni; e Agostino provava un sentimento di fierezza ogni volta che si imbarcava con lei per una di quelle gite mattutine.

Questi turbamenti nascono dal vedere la madre non più come figura quasi astratta, ma come oggetto desiderato da altri uomini e con una sua coscienza sessuale. Questa scoperta è quella che darà il via a tutto,  immergendo il nostro protagonista in una spirale di dubbi e domande che troveranno una risposta nel bellissimo finale. La dinamica centro-periferia si realizza nell’evento stesso della vacanza come elemento esterno alla vita ordinaria del giovane. Agostino lascia la città (Pisa), per dirigersi in Versilia. Se fosse rimasto in città, non sarebbe mai entrato in contatto con delle realtà “pericolose” per il suo limbo adolescenziale.

Questo piccolo incidente diede ad Agostino il sentimento definitivo di non appartenere più al mondo in cui si trovavano ragazzi del genere di quello del pallone; e comunque di essersi così incanaglito ormai da non poterci più vivere senza ipocrisie e fastidio.

Tuttavia sentiva con troppo dolore che non era neppure simile ai ragazzi della banda. Troppa delicatezza restava in lui; se fosse stato simile, pensava talvolta, non avrebbe sofferto tanto delle loro rudezze, delle loro sguaiataggini e della loro ottusità. Così si trovava ad avere perduto la primitiva condizione senza per questo essere riuscito ad acquistarne un’altra.

Queste perplessità sono accompagnate dalla scoperta della sfera sessuale, e tutte le conseguenze che questa comporta. È un romanzo breve, si legge in una giornata; tutto è al suo posto. È chiaro quando vuole essere esplicativo, e allusivo quando vuole essere più oscuro, specialmente nel descrivere le più recondite fantasie del protagonista. In più, visto che una storia ambientata in estate, direi che potrebbe essere un perfetto antidoto al caldo torrido che ci avvolge in questi giorni.

Intanto bisognava continuare a vivere nel solito modo; e a questo pensiero sentiva tutto il suo animo ribellarsi come per il senso amaro di un’impossibilità definitiva.

Una sorella

Fumetto scritto e disegnato da Bastien Vivès, esce nel 2017 in Francia. La storia è simile, per molti versi, al romanzo precedente, tranne per la conclusione a cui arrivano queste due opere. Vorrei davvero parlarvi delle due diverse posizioni, ma non non voglio rovinarvi la sorpresa.

Anche qui abbiamo una vacanza, anche qui abbiamo un adolescente che scopre, non il mondo degli adulti, ma il mondo dei ragazzi più grandi di lui. Una ragazza in particolare, figlia di amici di famiglia, lo traghetterà in un mondo nuovo. Tra feste sulla spiaggia, e chiacchierate notturne, questo romanzo si concentra sul rapporto tra i due protagonisti, nel loro conoscersi, rifiutarsi e nel loro completarsi.

Il sesso è raccontato più esplicitamente rispetto all’altra opera, e rappresenta, già nelle prime pagine ,come attributo qualificante del mondo adulto, come esclusivo appannaggio degli adulti. Il ragazzo è descritto come non più bambino, infatti si allontana sempre di più dai giochi infantili del fratellino, e come non ancora adulto, in quanto non riesce a comprendere del tutto quel mondo strano e complesso degli uomini intorno a lui.

Non esagera mai e non scade nemmeno una volta nella banalità o nella volgarità più becera. Il tema della sessualità adolescenziale è trattato con una delicatezza unica: tutto è sussurrato e raccontato con un’intimità a tratti disarmante, pronta a sconvolgere le nostre certezze riguardanti un’età particolare e molto difficile.

Ultimo tango a Parigi

Questo film esce nel 1972, è diretto da Bernardo Bertolucci e interpretato da Marlon Brando e Maria Schneider. Basterebbe questo per consigliarvelo, no?

Paul e Jeanne sono due persone sole che casualmente si incontrano in un appartamento vuoto e qui decidono di fare un “gioco”: in questo spazio non avranno identità, e saranno solamente due amanti, svuotati delle loro storie individuali. Per un po’ la situazione reggerà, ma, essendo un’opera scelta in questo frangente, nasceranno i problemi quando questo patto tra i due personaggi inizierà a rivelare le prime falle.

La periferia, in questo caso, è particolare. Non ci sono spostamenti geografici, rimaniamo sempre a Parigi, ma l’azione viene traslata in un luogo neutro per i due protagonisti: un appartamento vuoto. Questa soluzione è un pretesto per svuotare i due del loro vissuto e rinnovarli. Entrambi ne usciranno irrimediabilmente diversi, e l’equilibrio trovato prima di entrare in contatto con questa “periferia” non risulterà più valido nel nuovo assetto che si sarà venuto a creare.

Le chiavi di lettura di questo film sono infinite, perché questa è la caratteristica delle grandi opere, quindi ci tengo a sottolinearne solo una, che riassume in sé tutto ciò di cui abbiamo parlato. L’opera d’arte, come rivela in modo particolarmente efficace questa pellicola, mette a nudo la pulsione voyeuristica dello spettatore, e di chi fruisce l’opera d’arte in generale. L’opera è catartica e sublima le nostre pulsioni e le nostre inclinazioni, liberandole e rivelando un sottobosco che facciamo fatica a confessare persino a noi stessi.

L’ impatto è traumatico perché questo film fa di quest’idea il suo filo conduttore, e non è concesso volgere lo sguardo in un’altra direzione. Lo spettatore si scopre in qualche modo osservato e denudato della sua funzione, e si ritrova lì, solo e nudo, insieme a Paul e Jeanne, a far l’amore sul pavimento di quello squallido appartamento.

O meglio, si ritrova con una sua personale macchina da presa a fissare e ad immortalare l’atto sessuale dei due, in tutto il loro squallore.

Il voyeur viene osservato a sua volta e svelato. Il trucco, il cinema e la mediazione dell’arte non esistono più. Solo attraverso l’incontro con la periferia, la finzione artistica può essere svelata.

L’ultimo tango è quello che viene ballato in una sala da ballo di periferia sul finale del film, dove la presentatrice chiarifica le posizioni che abbiamo espresso fino ad ora:

Che ci fa qui l’amore? Andate al cinema per vedere l’amore!

Grazie per avermi seguito in questo delirio. Spero che vi siate divertiti con me.

Un saluto e buona scoperta!

Gabriele

Gabriele Bitossi

Gabriele Bitossi

Gabriele nasce nel '96 ed è da sempre appassionato di storie, in ogni loro forma. Studia italianistica all'Università di Pisa e sceneggiatura alla Scuola internazionale di comics a Firenze. Starebbe ore a parlare coi suoi personaggi preferiti... e se lo facesse già?

Articoli Correlati

Commenti