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Preparativi di viaggio: quell’insana passione per “la lista”

FIXING A HOLE (Lennon – Mc Cartney)

FIXING A HOLE (Lennon – Mc Cartney)

Paul McCartney – voce raddoppiata, basso,
John Lennon – cori
George Harrison – cori, chitarra solista
Ringo Starr – batteria

Registrazione 9 febbraio 1967
Produttore: George Martin
Fonico: Geoff Emerick

 

Sto riparando un buco
Che lascia entrare la pioggia
E impedisce alla mia mente di vagare
Dove vuole

Sto riempiendo le fessure
Che attraversavano la mia porta
E non lasciavano vagare la mia mente
Dove vuole

I buchi sul tetto e l’apparizione di gesù

Paul ha sempre smentito che il “buco” del titolo fosse un riferimento all’assunzione di eroina. In più interviste ha dato diverse versioni dell’ispirazione del brano: dalla riparazione del tetto della sua villa in Scozia alla necessità  di aprire spazi aperti di libertà. Più volte ha affermato che nel periodo di composizione della canzone faceva assunzione massiccia di marijuana.

Mc Cartney: “[…] c’era gente che lavorava in casa e la cosa divertente avvenne la sera che andammo a registrarla, perché portai con me un tizio di nome Jesus. Questo tizio era arrivato fino al mio portone e io gli avevo detto: sì salve, perché di solito rispondevo così a tutti, poi se mi disturbavano dicevo no, mi spiace, no, e in genere se ne andavano. Questo qui invece disse salve, sono Gesù Cristo. Perbacco, gli risposi io un po’ impressionato, poi dissi, beh, allora è meglio che entri.” (da “Beatles” Ernesto Assante – Ed. Laterza)

Sto dipingendo la stanza
A tinte vivaci
E quando la mia mente vaga
Andrò lì

La canzone

Il pezzo è caratterizzato dal clavicembalo, i cui accordi sono la base armonica dell’intero pezzo.
Sopra si stende una linea molto melodica di basso: caratteristica questa delle composizioni di Paul da questo momento in poi.

George Martin: “Usava lo strumento come una voce: non si limita mai ad adoperare le classiche sequenze di tonica e dominante, com’era tipico della maggior parte dei bassisti di quei tempi, ma voleva che il basso cantasse. Quando aveva qualcosa da dire, lo diceva nel modo più eloquente, con lo strumento che amava di più al mondo.” (da L’estate di Sgt. Pepper” George Martin – Ed. La Lepre)

 

 

Mi sto prendendo il tempo
Per una quantità di cose
Che ieri non erano importanti
E ancora vado

La registrazione

Paul non sapeva scrivere la musica e, quando gli veniva un’ispirazione, aveva l’esigenza di registrare la sua idea in tempo reale. A quei tempi l’unico modo era andare subito in sala di registrazione ad Abbey Road che purtroppo aveva tutte le sale prenotate ed occupate.
Fu così che finirono per stendere la prima traccia di Fixing a hole negli studi di Regent Sound.

La registrazione fu poi completata negli studi di Abbey Road in soli due giorni.

 

 

 

Sto riparando un buco
Che lascia entrare la pioggia
E impedisce alla mia mente di vagare
Dove vuole, dove vuole
Sto riparando un buco
Che lascia entrare la pioggia
E impedisce alla mia mente di vagare
Dove vuole

Live e cover

Nel film del 1978 tratto da Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, George Burns esegue una versione soft della canzone.

Infine una performance dal vivo di Paul Mc Cartney e la versione originale in studio.

Ernesto Macchioni

Ernesto Macchioni

Il mare in tempesta fu improvvisamente colpito ai fianchi da un milione di tonnellate di olio. Fu così che venne alla luce Ernesto Macchioni in un'inaspettata giornata d'estate in pieno novembre 1961. La finestra fu finalmente aperta, Ernesto si affacciò e venne invaso da un fiume di luce e salmastro. L'infanzia la passò a cercare di capire se era meglio saper giocare a pallone o ascoltare la musica. Scelse la seconda ipotesi, senza rendersi conto di quanto si sarebbe complicato la vita. Il mare lo guardava perplesso. Faceva le scuole medie quando imparò a suonare la chitarra. Divenne amico intimo di Francesco Guccini, Francesco De Gregori, Lucio Battisti, cercando di scacciare l'inopportuna presenza di Claudio Baglioni. Erano amici fidati, a loro non importava se non sapevi giocare a calcio. Il mare scuoteva la testa. Alle superiori si illuse che il mondo era facile e cambiò religione diventando comunista. Bussarono alla porta di casa gli Inti-illimani e li fece entrare. (Battisti lo nascose nell'armadio). Claudio Lolli chiese "permesso" e lo fece accomodare. Pink Floyd e Genesis erano degli abitué ormai da tempo. La casa era piena di gente. Sua madre offriva da bere a tutti (ma non riuscì mai a capire cosa ci faceva quel ragazzo riccioluto rintanato fra i vestiti). Il mare aspettava. Venne l'ora provvisoria del buon senso e del "mettisufamiglia". La chitarra si era nel frattempo trasformata in un pianoforte. La casa era grande adesso e, oltre ai figli, poteva contenere anche vecchi giganti come Chet Baker e Miles Davis, lo zio Keith Jarrett e il nipotino Pat Metheny. La moglie offriva da bere a tutti, compreso Lucio Battisti che si era da tempo tolto la polvere dell'armadio di dosso. Qualcuno aveva infranto i sogni e il muro di Berlino, scoprendo che era fatto di carta come loro. Il mare si fece invadente e, stanco di aspettare, entrava anche in casa nei momenti più inopportuni. Era una folla. Quando Ernesto decise di far entrare anche Giacomo Puccini, Giuseppe Verdi e Gabriel Fauré la situazione cominciò a farsi insostenibile. Soprattutto quando il nostro protagonista scoprì che tutti, ma proprio tutti, compreso Francesco Guccini, sapevano giocare a pallone. Era un caos indefinibile vederli giocare fra le stanze, scoprire che De Gregori poteva benissimo entrare in sintonia con Giacomo Puccini e servirgli un assist da campionato del mondo preciso sulla testa. E tutto sotto lo sferzante vento di libeccio che infuriava in tutta la casa. Il mare si godeva le partite con un braccio sulla spalla di Ernesto, in totale stato confusionale. Quando in casa entrò Wolfang Amadeus Mozart la casa scoppiò. Ernesto lo trovarono sorridente fra le macerie. Lo videro togliersi i calcinacci dalle spalle, prendere un pallone e cominciare a palleggiare (un po' impacciato a dire il vero). Qualcuno giura di aver visto Lucio Battisti, con indosso una giacca di Ernesto, allontanarsi allegramente a braccetto con Giuseppe Verdi. Il mare, un po' invecchiato, respirava adagio sulla battigia.

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