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Preparativi di viaggio: quell’insana passione per “la lista”

Berlino Multicolor. I miei 5 anni Arcobaleno.

Berlino Multicolor. I miei 5 anni Arcobaleno.

Berlino Multicolor. I miei 5 anni Arcobaleno.

Prefazione – è il primo articolo e scrivo di cuore, di pancia e di esperienze personali.
Faccio confusione quando parlo, figuriamoci quando scrivo. Ma cercherò, nel modo più semplice e diretto possibile, di farvi conoscere la mia gioiosa ma faticosa, Berlino.

Berlino.

Berlino è “Multiculti”, capitale internazionale, giovane e frizzante e per me è stata soprattutto MultiColor.
5 anni… inizialmente colorati di un rosso fuoco, una passione che mi ha portato a mettermi in gioco, a cambiare Stato, abitudini e lingua.
Un rosso che brucia, che corre e ti porta via da casa, con la gioia, la speranza e la curiosità di riiniziare.
Arrivata a Berlino ho visto la grande città. La possibilità di un futuro più certo di quello Italiano, nel pieno della crisi. Una metropoli che correva, andava, in orario, precisa e organizzata.

Così dall’ottobre 2013 ho iniziato questa avventura, lavorando in un ristorante italiano, come barista. Non conoscendo la lingua non potevo stare molto a contatto con il pubblico. Mi pagavo così il corso di tedesco, iniziato a novembre. Avevo un sacco di amici e amiche, provenienti da ogni parte del mondo: Lisbona, Brasile, Russia, America e Cina… eravamo un bel gruppo!
Parlare inglese, imparare il tedesco, confrontare varie culture e usi, mi faceva sentire una “donna di mondo”.

Passai cosi i miei primi mesi bianchi. Bianchi come un foglio su cui potevo ancora scrivere molto, come la neve che ci aveva accolto quell’anno, come la schiuma della birra che costava poco e se ne beveva forse troppa.
Il primo inverno a Berlino è stato lungo, freddo e buio, ma non ero sola, convivevo e mi sentivo indipendente.
Nessuno mi conosceva e potevo essere quella che ero davvero. La grande città mi piaceva, e ancora mi piace, per questo, per la libertà di essere Ilaria e di decidere da sola come organizzarmi la giornata e la vita.

Dopo i primi 6 mesi da barista, ho iniziato a fare la babysitter a Emma. Una bambina che mi rimarrà sempre nel cuore, arancione di capelli e di spirito, un’allegria che non dimenticherò mai.
A tutti gli altri lavori che ho fatto, al Lavoro a Berlino, do un grigio, un colore che sta in mezzo, al male al bene, al sole e alla pioggia, al giusto e allo scorretto. Ho iniziato a capire che la multiculturalità di un Paese, se non organizzata fino in fondo e regolata in tutte le sue sfaccettature, sfocia nel più grande caos.
La libertà troppo “frikkettona”, conduce le persone a non curarsi minimamente di chi sei e cosa fai, purtroppo soprattutto in ambito lavorativo, dove avevo allora, aspettative molto alte e dove mi aspettavo trattamenti diversi da quelli italiani.

La mia “delusione berlinese” inizia proprio qua, quando dal bianco dei primi mesi candidi, passando al grigio di lavori finiti male e persone care che si sono allontanate, sono arrivata al nero.
Anno 2015, quando per forza di cose, ho iniziato a vivere da sola, quando però nel nero, come nel bianco, puoi ancora scrivere molto, basta usare una penna bianca, argentata o anche d’oro!
Ho avuto a che fare per la prima volta, con coinquilini, turni di pulizie, feste in casa ma anche con chi, non conosce il rispetto dell’altro.

 

Per un anno ho continuato a lavorare in gelateria, far festa e coltivare le amicizie, ma non mi appagava del tutto e volevo tornare in Italia. Una decisione importante. Avevo fatto un’esperienza, visto una città nuova, una convivenza, imparato il tedesco, insomma me l’ero cavata da sola e non mi mancava nulla. Ma poi?
A 25 anni o ti va bene così, vivi alla giornata e vedi come va, o sennò inizi a pensare al futuro, al famoso tra 10 anni… e cosa m’appariva davanti non mi piaceva. Non avevo nulla in mano, nessuna carta. Potevo iniziare l’università? Fare un Ausbildung?
Ma di cosa?
Mi informai sia per l’università di lingue che per la scuola di Pedagogia (Ausbildung) e alla fine scelsi i bambini.

Il giallo del sole, del girasole, del sorriso dei bambini, degli abbracci e dei disegni scarabocchiati, mi hanno dato una nuova motivazione, una nuova energia, per la progettualità della mia vita che avevo perso.
Da settembre 2016 frequento questo Ausbildung, tradotto malamente in italiano come “formazione”, “addestramento professionale”, per diventare educatrice. La fatica di seguire lezioni dalle 8 di mattina e studiare in tedesco, di accendere il cervello e “switchare”  in un’altra lingua, fa venire il mal di testa, ve lo assicuro. Ma ormai il più è fatto, e manca poco al tanto bramato, pezzo di carta!!

Il rosa, color di una bambina, quella dentro di me, quella ottimista e positiva che non se ne andrà mai, perché per stare con i bambini e vivere in questo, come diceva mia nonna, “Mondaccio”, devi rimanere bambino, innocente e spensierato come loro. Devi saper cogliere ogni sfumatura, devi meravigliarti e stupirti anche delle cose semplici.

Berlino Multicolor
Baia del Quercetano

L’unico colore che mi è mancato in questi 5 anni è il blu, il blu del cielo, ma soprattutto il blu del mare, il blu dal quale, per quasi 23 anni, non mi sono allontanata e che era a 100 metri da casa mia. A Berlino non c’è il mare. Assurdo. Quando mi dicono “cosa ti manca”? La risposta è sempre la solita, il mare, il profumo di salsedine e il rumore delle onde. Sembra patetico ma vi assicuro che se la mamma la senti su Skype, e c’è WhatsApp e Facebook, che ti tengono in contatto con gli amici, con la mancanza di mare non ci si può fare nulla.
Il mare per me è casa, è sicurezza e mi emoziono ogni volta che lo vado a trovare.

Fazit-Conclusione

L’indecisione m’ha accompagnato costantemente in questo viaggio, il color arcobaleno ha fatto, e farà sempre, parte della mia vita, mai noiosa ne tantomeno monotona. I rapporti che ho stretto d’amicizia e d’amore mi hanno arricchito e talvolta deluso. Sono cresciuta e ringrazio per ogni incontro fatto lungo la strada.
“Di tutti i poeti e pazzi” diceva una canzone, e siccome mi sento di appartenere di più ai secondi, non giudico nessuno anzi, sono riconoscente a tutti. Finché ci sarà qualcosa da fare a Berlino, qualcosa di adatto a me, qualcosa che mi dia soddisfazione e che tenga acceso il rosa che è in me, rimarrò qua a farla.

E da oggi vi racconterò come.

Ilaria Bruno

Ilaria Bruno

Ilaria classe '91. Da 5 anni vive, e sopravvive, a Berlino. Aspirante avvocatessa lascia la - allora ancora molto lontana - carriera, per intraprendere la strada dell'emigrata. Studia il tedesco, pagando corsi, affitto e birrini, facendo cameriera, barista e baby sitter. Arrivata alla fine dei corsi, ottiene un certificato di lingua e si pone la fatidica domanda, cosa faccio ora? Cosa voglio fare da grande? Decidendo di rimanere in Germania riprende la carriera, a 25 anni da studentessa, questa volta "buttandosi" nel sociale. Ad oggi è all'ultimo anno per diventare educatrice e forse chissà rimanere o tornare in patria.

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