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Preparativi di viaggio: quell’insana passione per “la lista”

L’otto marzo, combatto e mi alzo

L’otto marzo, combatto e mi alzo

Combatto e mi alzo.
Mi alzo e combatto.
Questo è uno di quei casi in cui, cambiando l’ordine degli addendi, il risultato cambia. O non cambia proprio.
Se il fine è quello di alzarsi in piedi e guadagnarsi un posto da mantenere per la vita, come individuo o come genere, spesso la lotta è necessaria.
Se il mezzo è la lotta, l’atto di alzarsi diventa metafora per la consapevolezza, per la volontà di aprire gli occhi e analizzare la realtà.
Quindi la frase completa dovrebbe essere mi alzo, combatto e mi alzo, ma per quanto ferme nella volontà, peccheremmo di ridondanza.
Ieri è stato l’otto marzo, la festa o giornata della donna, una ricorrenza in cui le donne per prime hanno smesso di credere, sempre che c’abbiano creduto in passato.
Io non ho festeggiato e non per una questione di principio. Considero l’otto marzo un giorno come un altro e gli uomini che fanno parte della mia vita hanno nei riguardi delle donne l’atteggiamento perfetto: l’otto marzo è tutti i giorni e al contempo non lo è mai.
Sono fortunata e consapevole che fortune del genere capitano di rado.
Non voglio parlare di casi estremi come femminicidio o maltrattamenti. Non mi sento fortunata perché il mio compagno non mi maltratta, lo considero normale. Sono fortunata perché percepisco il valore che viene dato ai miei sforzi, ai miei talenti, ai miei sacrifici. Sono fortunata perché mi accorgo dei sacrifici altrui, perché ho imparato a non dare nulla per scontato e so che quanto faccio non viene sottovalutato a sua volta.Combatto e mi alzo
Ieri era l’otto marzo e oggi è il nove. Chi mi segue (pochi, metto le mani avanti) sa che l’appuntamento con la mia rubrica per Wip Radio cade di mercoledì e ieri era martedì, quindi ho deciso di fare di necessità virtù e approfittare del giorno dopo la festa, quando tutto ciò che resta da fare è raccogliere i bicchieri sporchi e contare i danni. Quelli all’appello non mancano mai.
Qualcuno dirà che ammettere l’esistenza dei danni vorrebbe dire ammettere l’esistenza della festa e come abbiamo detto, si tende a sottrarle importanza, anno dopo anno, perché i buoni propositi finiscono per avere la durata media della vita di un rametto di mimosa. Eppure è necessario ammetterlo, perché i nuovi danni sono gli stessi di ieri, di un anno fa e se è possibile se ne sono aggiunti altri.
L’otto marzo è passato e come ogni anno, non ha lasciato niente dietro di sé, se non la scia di un odore. Fiori appassiti, qualcosa che marcirà ma da cui si potrà generare nuova vita. Perché il calendario dei diritti è un calendario perpetuo. Non finisce mai, potremmo svegliarci tra trecento anni e lo troveremmo identico a come l’abbiamo lasciato.
Mi alzo e combatto, combatto e mi alzo.
L’otto marzo è passato anche quest’anno e quello che resta in me, che chiudo la porta e lascio per strada i fiori appassiti, è la consapevolezza che c’è lotta e lotta. La migliore si fa continuando a fare ciò che abbiamo sempre fatto con un vantaggio in più: la testa alta. La testa alta è fondamentale. Serve a respirare l’aria migliore e a guardare negli occhi chi ci sta davanti.
Quindi lotto mi alzo, mi alzo e combatto.
Il nove, pure.

Francesca Gaudenzi

Francesca Gaudenzi

Ho sempre preferito la parola scritta a qualsiasi altra forma di comunicazione. Se le altre bimbe deliziavano gli zii con canzoncine e racconti dettagliati di vita quotidiana, io piantavo il muso e cercavo le parole. Studiavo le reazioni della gente, ne osservavo i gesti, le espressioni del volto, associavo il tutto a un contesto e cercavo di dargli una forma, così, cercando cercando, le parole sono arrivate. Da sei anni curo una rubrica sulla rivista Strumenti Musicali in cui mi occupo di donne e musica, ho un blog personale e da quest’anno inizio la mia avventura con i ragazzi di WiP Radio.

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