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Guido Guglielminetti: l’emozione di essere… basso

Guido Guglielminetti: l’emozione di essere… basso

Se dico Rimmel difficilmente il vostro pensiero andrà (spero) alla nota marca di cosmetici per riportare, invece, alla memoria l’intensa canzone di Francesco De Gregori, uno dei più grandi cantautori del nostro Paese. Come ogni progetto importante che si rispetti, dietro un grande artista si celano, spesso, grandi musicisti e produttori: un team di lavoro, insomma, che possa fare sì che tutti i tasselli del puzzle vadano al loro posto, giusto e compiuto.

L’ospite di questa settimana è un musicista con la M maiuscola: ecco a voi Guido Guglielminetti, capobanda di De Gregori oltre che produttore, arrangiatore, bassista, contrabbassista e, recentemente, anche autore di un libro dal titolo emblematico, Essere… basso, che raccoglie, fra le altre cose, aneddoti e curiosità sulla sua intensa e longeva carriera.

Caro Guido, grazie della tua disponibilità e benvenuto su Wip Radio. Parto subito con un paio di domande a bruciapelo che riguardano il tuo strumento principale, ovvero il basso: corde lisce flatwound o corde ruvide roundwound? Quali e quanti bassi possiedi e in quante e quali differenti occasioni ami utilizzarli e perché?

Grazie a voi, per avermi contattato.
Quando devo suonare un brano, di solito ho già in mente un suono e di conseguenza un modo per suonarlo, quindi prendo lo strumento che mi può dare quel suono, salvo poi provarne altri se mi rendo conto che il suono che avevo in mente non è la scelta migliore per quel brano. Al momento di bassi ne ho nove: (MusicMan Ernie Ball 4 corde, Fender Jazz, Fender Special fretless, Squier Vintage Jazz Bass , Lakland Skyline 5501-5 corde, Ibanez Artcore AGB200 Semi-hollow, Upright NS) più il contrabbasso acustico e un “bassetto” acustico artigianale. Tutti abbastanza diversi l’uno dall’altro. Riguardo le corde, sul basso semiacustico Ibanez ho montato delle corde lisce, proprio perchè volevo che avesse quel suono un po’ gommoso e con poco sustain tipico degli strumenti degli anni ’50/’60. Per gli altri uso corde ruvide 45/105 oppure 40/100. Mi piace che siano molto diversi tra loro. Penso che quest’estate in tour ne porterò tre, ma ancora non so di preciso quali, alle prove li porterò tutti, poi deciderò.

La meravigliosa Un’emozione da poco porta la tua firma alle musiche, sposata amabilmente alle parole di Ivano Fossati: come nasce una canzone così importante, destinata a divenire un caposaldo della storia della musica italiana?

Nel mio libro ne parlo dettagliatamente. E’nata in modo molto semplice, farò una sintesi. Ad Ivano chiesero una canzone per una cantante esordiente, in quel periodo Ivano ed io dividevamo lo stesso appartamento a Roma, lui chiese a me se avessi qualcosa da far ascoltare, io avevo degli appunti fra i quali Fossati individuò ciò che poi sarebbe diventata la canzone che arrivò seconda al festival di Sanremo dopo i Matia Bazar e prima di Rino Gaetano che si classificò terzo. Ma il racconto nel libro è molto più interessante!

Le tue collaborazioni sono davvero numerose e di grande rilievo, una fra tutte quella che ti lega da tantissimi anni, ormai, a Francesco De Gregori, un rapporto che perdura da più di trent’anni e del quale racconti anche nel tuo libro Essere… basso, pubblicato lo scorso anno: com’è lavorare con un grande artista come lui?

Lavorare con Francesco De Gregori è molto interessante, perché è un artista che ama veramente questo lavoro, lo fa con grande onestà ed attenzione: è uno che nel corso di questi anni ha studiato molto, si è molto migliorato, soprattutto come cantante. Ci divertiamo molto a suonare, ogni concerto per noi è una vera e propria ricreazione.

La musica è un mestiere che richiede tanta passione ma anche molti sacrifici e concentrazione: come si mantiene vivo lo spirito giusto per affrontarlo sempre con entusiasmo ed energia durante gli anni?

Ogni professionista sa che bisogna sempre tenersi aggiornati, studiare molto, ascoltare molto. Ma se si ha una grande passione e una forte curiosità, tutto questo viene automaticamente. Non posso negare comunque che occorre anche molto coraggio, perché lo studio da solo non basta, e spesso bisogna saper fare delle rinunce.

Il mondo, della musica, e non solo, è davvero piccolo: grazie ad amicizie comuni il giovane cantautore Stona è arrivato a me per duettare in una canzone del suo prossimo album, che stai producendo proprio tu. Chiedo quindi a Guido Guglielminetti produttore come percepisce lo stato della musica, oggi, in Italia, soprattutto in relazione alle nuove proposte artistiche e ai giovani musicisti e cantautori che faticano a farsi strada nel music business.

La fatica c’è sempre stata. Un tempo c’era di buono che si vendevano i dischi, ma era molto più difficile farli. Gli studi costavano molto, i musicisti anch’essi costavano, era impensabile pensare di autoprodursi. Se non succedeva di essere “scoperti”e “lanciati” da qualcuno, non c’era nessuna strada da percorrere. Chissà quanti talenti sono rimasti nell’ombra per mancanza di occasioni! Oggi chiunque con un computer e qualche software dedicato, può fare musica. Purtroppo ci sono anche molti che farebbero bene a non farlo, ma questo è un altro discorso. La cosa più importante, secondo me, è che un sacco di talenti possono esprimersi: io ne conosco alcuni e li seguo con grande passione. Quindi per rispondere alla tua domanda, la mia percezione circa lo stato della musica è che i talenti ci sono, perciò dal punto di vista musicale c’è molto da fare: purtroppo commercialmente parlando la situazione non è affatto piacevole, appunto perché non si vendono più i dischi. Ma, anche grazie alla rete, le cose miglioreranno, e ripeto: non è mai stato facile, ma se si ha veramente la passione, le difficoltà si superano.

Infine, una domanda ormai di rito: avresti voglia di raccontarci un aneddoto o una curiosità che ricordi con piacere e legata a qualcuno degli artisti con i quali hai lavorato durante la tua carriera?

Ho scritto questo libro: Essere…basso, piccole storie di musica, proprio perché di ognuno degli artisti con cui ho lavorato conservo il ricordo di un aneddoto piacevole, spesso divertente. Io consiglierei di leggere il libro, perché raccontare ora, in due parole, una delle vicende del libro, sarebbe un po’ riduttivo. Grazie ancora per l’attenzione che mi avete dedicato.

 

Chiara Ragnini

Chiara Ragnini

Cantautrice, nerd e smanettona, appassionata di arte contemporanea ed entomologia. Dopo il classico, la laurea in Informatica. Un amalgama particolare, fra cuore e razionalità, per fare da sfondo alle emozioni fra parole e musica.

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