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Preparativi di viaggio: quell’insana passione per “la lista”

Perché non frequentare una neomamma

Perché non frequentare una neomamma

Non hai ancora avuto figli e vorresti averne? Ecco perché non dovresti uscire a prendere un caffè (Deca, of course) con la tua amica che è diventata mamma da pochi mesi.

Dopo mesi di ritiro spirituale, in cui la tua amica si è murata viva in casa per crescere il suo dolcissimo marmocchio, e passare le giornate in maniera simbiotica con lui, isolandosi da tutto il mondo circostante, ipnotizzata da una malsana routine, in cui tutto il suo tempo viene scandito soltanto da parole di 5 lettere aventi come unica vocale la “A” ed una sola consonante: Cacca, Pappa, Nanna; finalmente, la genitrice in questione, tua ex amica con la quale in una vita precedente facevi anche conversazioni interessanti, attinenti svariati temi di attualità, moda, costume e società, (prima della messa al mondo del pargolo, si intende; si sa che una serie di neuroni kamikaze si suicida durante la fase espulsiva del parto), decide, in un pomeriggio di sole, di chiamarti per rimettere il naso fuori di casa e fingere che niente sia cambiato.

Vi incontrate in un parco, in un orario in cui il Tg5 consente agli anziani ad agosto di uscire, vi mancano le bocce per giocare e boccele calze contenitive beige (che i ladri si mettono in testa), e poi siete perfettamente in linea con il tema. Lei si presenta all’appuntamento con occhiali da sole con lenti specchiate, fidati alleati per nascondere le occhiaie, ed i capelli appena spruzzati di shampoo a secco (unici due target di clientela che acquistano questo prodotto sono, le persone con problemi di deambulazione e le neomamme, che, è risaputo, si fanno una doccia ogni qual volta che scatta l’ora legale).

La vedo smanaccare in lontananza, piccola dietro questo coso enorme che sta spingendo, e che, non è un passeggino normale, ma una nuova sfavillante navicella spaziale, diesel, 4 ruote motrici e cerchi in lega, pagabile in 25 comodissime rate da 500€ cadauna, con ombrellino parasole incorporato e peluche che penzolano everywhere. Dopo due minuti di ciance del più e del meno, senza perdere altro tempo, ci buttiamo a capofitto sul tema oggetto del nostro meeting: il parto.  Scopro quindi cose interessantissimissime, senza le quali non so come son sopravvissuta fino ad oggi: quanti ml di ossitocina hanno usato per indurle le contrazioni, quanti turni sono cambiati in ospedale, quanto era carogna l’ostetrica, il colore delle tende del bagno del reparto e anche quanto son belli i pannolini post partum, di cui ignoravo l’esistenza, e che somigliano tanto alle traverse che si usano per far fare i bisogni ai cagnolini.

Poi passiamo (“passiamo”, l’uso del plurale effettivamente è eccessivo, visto che, non ho aperto bocca da 25 minuti, e quando ho provato a farlo, son stata subito ammonita con un sonoro: “SCHHHHHHH!!” che l’ultima volta mi era stato rivolto alle schhelementari. Oggi, a 35 anni, dopo uno “schhhh” del genere, io, minimo minimo, avrei ribaltato il tavolino con il thè deteinato sopra, lanciando per aria tutte le bustine di zucchero e Stevia, tipo coriandoli al Carnevale di Rio, ma scelgo la tecnica della non belligeranza e gliela farò pagare alla prima occasione propizia, non appena il neonato non potrà testimoniare contro di me) a trattare tutte le problematiche legate all’allattamento e le ragadi e l’ingorgo (che sembra una cosa un pop-porno ed invece, ahimè, scopri che non c’è proprio niente di funny) ed io sono arrivata al punto che vorrei solo lanciarmi a terra fingendomi morta ma, invece resto calma, e provo a ottimizzare questo interminabile lasso di tempo, per capire cosa preparare per cena.

Son passati 50 minuti e la cosa sta diventando veramente più  lunga del previsto (come il mio articolo del resto) ed io, che non so più come schiodarmi, inizio a guardare il cellulare con la speranza che ci sia un cavolo di operatore Fastweb che chiama dall’Italia (che poi, mi son sempre chiesta, ma a me che diamine interessa se chiama dall’Italia o dall’estero? Sempre una gran rottura di maroni resta) ma pare che oggi, sia il primo maggio dei promoter e non mi chiama nessuno, nemmeno per vendermi un addolcitore da attaccare al rubinetto della cucina.

Finalmente, quando sta per iniziare a parlarti dei massaggi anticolichette, finally, quando stavolta stavo veramente per hallelujahstramazzare al suolo secca e dura, HALLELUJAH–HALLELUJAH–HALLE–E–LU-JAH!, un lieve versetto fuoriesce dalla carrozzina pick-up pluriaccessoriata.

Lei si intirizzisce, guarda l’orologio prima, e la carrozzina poi, ed impanicata pensa “No, è sveglio! Son passati solo 79 minuti dall’ultima poppata e ne restano ancora 456 prima della prossima… E ora? Avrà aria in pancia? La cacca? I dentini?“.

Tu, nel frattempo, che ignori completamente le sue ragioni di smarrimento, ti affacci per ammirare questo miracolo della natura di cui non si parla d’altro da mesi. Di default, come abbiamo imparato che quando si risponde al telefono si deve dire “Pronto” (ad eccezione se a chiamare è tua madre, alla quale rispondi “Oh!”), lo guardi e ti porti le mani alla bocca e le dici “Ma che bello! Ti somiglia!“. Così con sole 5 parole ti sei cavata da ogni problema, perché altrimenti rischiavi pure di dover vedere l’album fotografico di famiglia con il reportage delle foto di lei da piccola e di tutti i parenti fino alla terza generazione, per riuscire a scorgere una evidentissima somiglianza (visibile solo a lei ed alla nonna materna).

Dici che è bello come il sole, pure se in realtà pensi che somigli a Gollum del Signore degli Anelli, con quei tre peli in testa, gollum quelle gengive enormi e pure la crosta lattea; ma va bene cosi, mica puoi dire alla madre che suo figlio è un piccolo mostro come la maggior parte dei bambini prima dei 6 mesi!

Provi a stabilire una interazione con il nano: parti soft con un “Ma ciaooo! Ma passerotto, Ma come siamo belli” ma lui non ti considera minimamente. Passi al next step, con un approccio più fisico, e provi a toccargli le manine e il labbrino di sotto (che poi chissà perchè!) ripetendo con voce ancor più acuta ed odiosa “Ma ciaoo Patatone!”. Niente, lui ti guarda e non gli interessano minimamente i tuoi sforzi. Sbatacchi invano un paio di quei sonagli fluorescenti che gli penzolano davanti al naso ma nulla. Prendi il peluche a forma orsetto che ha vicino ed inizi a shakerarlo in qua e là, doppiando con voce baritonale l’orso Balu che canta “La bella lavanderina”. Niente, un cazzissimo di niente. Il nano ti guarda immobile. Pensi “sarà sordo” e sei quasi tentata di chieder alla madre se hanno già fatto il primo controllo dall’otorino, ma lui, che come il ciclo sa quando sei in ferie, lui, che ha solo 4 mesi, ha già capito che non sei interessata all’argomento figli e ti scruta serissimo, facendoti sentire un totale fallimento.

Hai deciso che per oggi può bastare, te ne stai per andare con una scusa ma la mente perversa della madre partorisce l’ennesima genialata, e decide che TU VUOI prenderlo in collo.  “Ma no, ma non importa!!” provi invano a farla desistere, ma lei, come il Giudice Santi Licheri ha sentenziato e te lo da in braccio. Nel giro di 5 secondi rischi di mettere fine a questa triste esistenza che lo attende, spezzandogli definitivamente l’osso del collo, perché nessuno ha pensato fosse importante spiegarti che gli devi tener su la testa.

Lui, lo sdentato, privo di spina dorsale, si è rotto e decide di dimostrarti che non è affatto sordomuto ma la voce ce l’ha, eccome, ed inizia ad emettere dei suoni capaci di attrarre rapaci rari della Patagonia, quell’odiosissimo pianto dei bambini piantopiccoli che ancora non sono capaci di piangere. Tutti quelli intorno si girano a guardarti. Tu balletti e fai “Tzu Tzu”, come si fa ai gatti per fargli mangiare i croccantini, e ti chiedi quanto ancora deve durare questo strazio.

La madre, un po’ lenta perché avrà dormito 2 ore stanotte, te lo toglie e lui, il bastardello, si zittisce all’istante.

Te ne torni a casa distrutta, pensando che non ti moltiplicherai mai più.

Ecco perchè, se pensate che i figli siano l’eredità più importante del nostro futuro, se avete ancora un briciolo di speranza nel mondo che verrà (e soprattutto se non volete restare traumatizzati rischiando di escludere completamente l’ipotesi di diventare genitori) DITE NO, alle uscite con le neomamme. 

 

Giulia Rossi

Giulia Rossi

Chiacchierona, fantasiosa e precisetti. Le interessa tutto e non si specializza in niente. Non ha ancora trovato la sua strada forse perché semplicemente UNA strada non c'è.

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