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Piombino: il silenzio dell’altoforno

giaguaro

Piombino: il silenzio dell’altoforno.

Si può sentire il silenzio? Soprattutto quando è silenzioso un grande totem d’acciaio che ha rappresentato per un secolo il luogo di culto di una città sul mare (ma non di mare) come Piombino, Toscana, Italia. Il totem è l’altoforno: lo guardavo questa sera che si stagliava contro l’orizzonte carico di burrasche estive. È lì come un gigante pietrificato a ricordare la storia degli ultimi 120 anni della città, nucleo siderurgico di primaria importanza, la cui crescita e decadenza rappresenta un caso esemplare per comprendere la parabola dell’industria italiana e la colpevole mancanza, salvo rare eccezioni, di una politica industriale nel nostro paese negli ultimi venti anni. Non so perché ma il gigante nero mi ha fatto venire in mente un quadro di fine Ottocento, di un pittore poco noto, Andrea Markò, che raffigura Piombino: allora un piccolo centro fortificato, tanto verde e un asinello bigio di memoria carducciana che bruca l’ennesimo cardo maremmano. Ora mi sono chiesto: il pittore in questione, mentre dipingeva en plein air, si sarà reso conto di aver messo su tela qualcosa che nel giro di pochi anni non sarebbe esistito più? Che avrebbe documentato l’ultimo canto del cigno di una comunità rurale che nel giro di pochissimi anni avrebbe cambiato radicalmente faccia, che avrebbe mutato mentalità, coordinate psicologiche? Penso proprio di no: il buon Andrea ritrasse l’asinello, il paesaggio da arcadia de noantri e non si fece tante domande. Aveva gli strumenti per comprendere il cambiamento, li avevano i pochi abitanti di Piombino? Probabilmente no ed infatti nel giro di pochi anni venne spazzata via tutta un’economia ed una cultura basata sull’antico latifondo, e con questa anche un certo modo di fare politica: chi non aveva compreso il cambiamento epocale venne eliminato e arrivarono i nuovi, i socialisti (una delle prime amministrazioni rosse d’Italia) che avevano una visione larga della politica e della società, anche se ridotta in pillole riformiste ma ben strutturate.

Oggi Piombino (come l’Italia) sta attraversando un cambiamento altrettanto epocale e chi ci è immerso sembra non accorgersene, pensando magari a qualche limitata alternativa turistica. Paradossalmente sono proprio gli ammortizzatori sociali e il welfare diffuso, per quanto può durare, a rendere ovattata la percezione: le pensioni dei nonni servono anche a questo, a fare da ammortizzatore a chi alla pensione non arriverà mai. Ma una volta, speriamo il più lontano possibile perché questi nonni operai sono spesso la parte più simpatica della città, che i nonni saranno esauriti? Ecco che si porrà il problema del cambiamento, della crisi come occasione per mutare pelle, di un’egemonia sociale e culturale destinata ad esaurirsi. Il caso di Livorno è esemplare: il vignettista Giannelli del “Corriere della Sera” ha rappresentato la sconfitta del PD labronico in favore dei Cinque Stelle con l’immagine malinconica di un Antonio Gramsci buttato nei Fossi come una qualunque testa farlocca di Modigliani. Ma Gramsci a Livorno non c’era più da anni, era solo un santino laico da ricordare; se qualcuno lo avesse letto sul serio, avrebbe capito che l’egemonia culturale e politica si conserva fino a quando c’è una visione d’insieme, quando si tengono le leve della cultura, quando questa cade, cede anche l’egemonia.

Quindi cambiamento di sistema significa nuovi modelli industriali di qualità, infrastrutture del quotidiano e non grandi opere, sviluppo sostenibile in tutti i sensi, il territorio negli aspetti paesaggistici e storici, che spesso sono la stessa cosa, come patrimonio comune, gli stessi beni collettivi come l’acqua, una nuova dimensione culturale, la nuova dimensione informatica, il piacere di tornare a vivere il territorio in forme nuove sì, ma con la voglia di essere uomini e donne che vivono una loro dimensione sociale in cui si riconoscono. In tutto questo manca purtroppo la politica, o meglio non la “politica”, ma la politica che abbia una visione e non si scanni su poltrone e poltroncine, che non viva l’oggi ma il domani, che non guardi solo il dito ma la luna, che allarghi gli spazi di democrazia e non li limiti. Invece il dibattito è tutto incentrato sulla cosiddetta riforma del Senato, senza comprendere che la posta in gioco non è quella di un pugno di senatori, restringendo in questo modo ancora di più la rappresentatività, ma come gestire il cambio di un’epoca. Non è un caso che in questi giorni si ricordi il trentesimo anniversario della morte di Berlinguer e che sia ricordato da chi c’era e da chi non c’era, compresi giovani ventenni che non lo hanno mai conosciuto e che hanno potuto sentirlo solo in qualche spezzone televisivo. Aldilà della canonizzazione, cosa avvertono tutti in Berlinguer? Una visione politica, la passione e la voglia di guardare avanti, la possibilità di gestire il grande cambiamento che manca alla politica di oggi.


Piombino: il silenzio dell’altoforno by Tiziano Arrigoni is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 4.0 International
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