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Preparativi di viaggio: quell’insana passione per “la lista”

MOTHER NATURE’S SONG (Lennon – McCartney)

MOTHER NATURE’S SONG (Lennon – McCartney)

MOTHER NATURE’S SONG (Lennon – McCartney)

Paul McCartney – voceraddoppiata, chitarraacustica raddoppiata, batteria, timpani
musicisti non accreditati – tomba, trombone
Registrazione: 12 ottobre 1968
Produttore: George Martin
Fonico: Ken Scott

 

 

Nato povero ragazzo di campagna
Figlio di madre Natura
Tutto il giorno me ne sto seduto a cantare canzoni per tutti

 

 

 

 

Il brano

Mother Nature’s Song: ancora una canzone concepita nel periodo di ritiro indiano Maharishi Mahesh Yogi stavolta è il turno di Paul McCartney.

Dopo il periodo indiano, i Beatles a turno scrissero un brano dedicato alla natura e inserite nel White Album. Unica eccezione: John Lennon che, pur scrivendola, aspetto a pubblicarla successivamente allo scioglimento del gruppo e facendola diventare uno dei suoi brani da solista più conosciuti: Jealous Guy.

Dobbiamo dire che i Beatles uscirono un po’ delusi dal ritiro in India, ma sicuramente disintossicati dalle droghe e con un discreto carnier di ideee e di brani scritti.

Siediti vicino ad un torrente
Guarda sorgere le sue acque
Ascolta il suono delizioso della musica mentre vola

Registrazione

Mother Nature’s Song fu incisa quasi esclusivamente da Paul, se si esclude delle sovraincisioini di fiati successivi.

Il brano è gradevole ma “frettoloso” e si prestò a uno degli episodi più significativi del deteriorarsi dei rapporti nel gruppo.

Il resto del gruppo non era probabilmente a conoscenza dell’inziaitiva di Paul e lo scoprirono sorprendendolo, se così si può dire, a suonare la batteria posizionata, per esigenze di acustica, in uno dei corridoi di Abbey Road.

 

Mi trovi nel mio campo d’erba
Figlio di madre Natura
Stringendo margherite canta una pigra canzone sotto il sole

 

 

 

Live e cover

John Denver ne eseguì una versione dal vido nel 1981, mentre Harry Nilsson ne pubblicò una cover nel 1997.

In ultimo un’esibizione di Paul del 2002.

 

Ernesto Macchioni

Ernesto Macchioni

Il mare in tempesta fu improvvisamente colpito ai fianchi da un milione di tonnellate di olio. Fu così che venne alla luce Ernesto Macchioni in un'inaspettata giornata d'estate in pieno novembre 1961. La finestra fu finalmente aperta, Ernesto si affacciò e venne invaso da un fiume di luce e salmastro. L'infanzia la passò a cercare di capire se era meglio saper giocare a pallone o ascoltare la musica. Scelse la seconda ipotesi, senza rendersi conto di quanto si sarebbe complicato la vita. Il mare lo guardava perplesso. Faceva le scuole medie quando imparò a suonare la chitarra. Divenne amico intimo di Francesco Guccini, Francesco De Gregori, Lucio Battisti, cercando di scacciare l'inopportuna presenza di Claudio Baglioni. Erano amici fidati, a loro non importava se non sapevi giocare a calcio. Il mare scuoteva la testa. Alle superiori si illuse che il mondo era facile e cambiò religione diventando comunista. Bussarono alla porta di casa gli Inti-illimani e li fece entrare. (Battisti lo nascose nell'armadio). Claudio Lolli chiese "permesso" e lo fece accomodare. Pink Floyd e Genesis erano degli abitué ormai da tempo. La casa era piena di gente. Sua madre offriva da bere a tutti (ma non riuscì mai a capire cosa ci faceva quel ragazzo riccioluto rintanato fra i vestiti). Il mare aspettava. Venne l'ora provvisoria del buon senso e del "mettisufamiglia". La chitarra si era nel frattempo trasformata in un pianoforte. La casa era grande adesso e, oltre ai figli, poteva contenere anche vecchi giganti come Chet Baker e Miles Davis, lo zio Keith Jarrett e il nipotino Pat Metheny. La moglie offriva da bere a tutti, compreso Lucio Battisti che si era da tempo tolto la polvere dell'armadio di dosso. Qualcuno aveva infranto i sogni e il muro di Berlino, scoprendo che era fatto di carta come loro. Il mare si fece invadente e, stanco di aspettare, entrava anche in casa nei momenti più inopportuni. Era una folla. Quando Ernesto decise di far entrare anche Giacomo Puccini, Giuseppe Verdi e Gabriel Fauré la situazione cominciò a farsi insostenibile. Soprattutto quando il nostro protagonista scoprì che tutti, ma proprio tutti, compreso Francesco Guccini, sapevano giocare a pallone. Era un caos indefinibile vederli giocare fra le stanze, scoprire che De Gregori poteva benissimo entrare in sintonia con Giacomo Puccini e servirgli un assist da campionato del mondo preciso sulla testa. E tutto sotto lo sferzante vento di libeccio che infuriava in tutta la casa. Il mare si godeva le partite con un braccio sulla spalla di Ernesto, in totale stato confusionale. Quando in casa entrò Wolfang Amadeus Mozart la casa scoppiò. Ernesto lo trovarono sorridente fra le macerie. Lo videro togliersi i calcinacci dalle spalle, prendere un pallone e cominciare a palleggiare (un po' impacciato a dire il vero). Qualcuno giura di aver visto Lucio Battisti, con indosso una giacca di Ernesto, allontanarsi allegramente a braccetto con Giuseppe Verdi. Il mare, un po' invecchiato, respirava adagio sulla battigia.

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