ON AIR


Preparativi di viaggio: quell’insana passione per “la lista”

I’M SO TIRED (Lennon-McCartney)

I’M SO TIRED (Lennon-McCartney)

John Lennon – voce, chitarra ritmica, chitarra acustica, organo
Paul McCartney — seconda voce, basso, piano elettrico
George Harrison — chitarra solista
Ringo Starr — batteria

George Martin — arrangiamenti di archi ed ottoni

Registrazione: 10 ottobre 1968
Produttore: George Martin
Fonico: Ken Scott

 

 

 

 

 

Sono così stanco, non ho chiuso occhio
Sono così stanco, la mia mente è fuori fase
Mi chiedo se dovrei alzarmi e prepararmi un drink, no, no, no

Sono così stanco, non so cosa fare
Sono così stanco, ho sempre in mente te
Mi chiedo se dovrei chiamarti ma so cosa faresti

 

 

 

Il brano

E’ un brano di John Lennon.

John lo scrisse durante il soggiorno in India, stanco e insonne per la situazione e, non ultimo, per il rapporto con Cynthia che stava finendo.

E’ un pezzo caratterizzato molto dalle scelte armoniche tipiche delle classiche soluzioni compositive malinconiche di Lennon, come Nowhere ManIn my life.

All’interno del testo si nota anche una maledizione a Sir Walter Raleigh: navigatore inglese scopritore della patata e del tabacco (John non riuscirà mai a liberarsi dalla dipendenza dal fumo).

 

Diresti che ti sto prendendo in giro
Ma non è un gioco
Mi sta facendo male, sai non riesco a dormire
Non riesco a bloccare il cervello
Sai sono tre settimane, sto diventando matto
Sai ti darei tutto ciò che ho per un pò di pace della mente

 

 

Registrazione

Il brano fu registrato agli studios di Abbey Road.

I lavori inziiarono nel pomeriggio per proseguire fino alle otto di mattina: fornenedo un significato intrinseco al concetto espresso dalla canzone.

Particolarmente significative sono le armonie create dalla voce in controcanto di Paul McCartney.

Sono così stanco, mi sento così sconvolto
Anche se sono così stanco mi farò un’altra sigaretta
E maledizione Sir Walter Raleigh, era un tale stupido bastardo

Paul Is Dead

Questo pezzo sarà ricordato anche per l’immancabile riferimento alla presunta morte di Paul.

Allla fine del brano infatti John pronuncia una frase apparentemente incomprensibile che, se riprodotta al contrario, risulterebbe: “Paul is a dead man. Miss him. Miss him. MISS HIM!” (“Paul è morto. Mi manca. Mi manca. MI MANCA!”) In effetti John dice: “Monsieur, monsieur, monsieur, how about another one?” (Signore, signore, signore, che ne dice di un’altra?) – probabilmente riferendosi a Yoko Ono.

Diresti che ti sto prendendo in giro
Ma non è un gioco
Mi sta facendo male, sai non riesco a dormire
Non riesco a bloccare il cervello
Sai sono tre settimane, sto diventando matto
Sai ti darei tutto ciò che ho per un pò di pace della mente

Live e cover

Non sono molte le cover di questo brano: citiamo soltanto i Red Hot Chili Peppers.

 

Ernesto Macchioni

Ernesto Macchioni

Il mare in tempesta fu improvvisamente colpito ai fianchi da un milione di tonnellate di olio. Fu così che venne alla luce Ernesto Macchioni in un'inaspettata giornata d'estate in pieno novembre 1961. La finestra fu finalmente aperta, Ernesto si affacciò e venne invaso da un fiume di luce e salmastro. L'infanzia la passò a cercare di capire se era meglio saper giocare a pallone o ascoltare la musica. Scelse la seconda ipotesi, senza rendersi conto di quanto si sarebbe complicato la vita. Il mare lo guardava perplesso. Faceva le scuole medie quando imparò a suonare la chitarra. Divenne amico intimo di Francesco Guccini, Francesco De Gregori, Lucio Battisti, cercando di scacciare l'inopportuna presenza di Claudio Baglioni. Erano amici fidati, a loro non importava se non sapevi giocare a calcio. Il mare scuoteva la testa. Alle superiori si illuse che il mondo era facile e cambiò religione diventando comunista. Bussarono alla porta di casa gli Inti-illimani e li fece entrare. (Battisti lo nascose nell'armadio). Claudio Lolli chiese "permesso" e lo fece accomodare. Pink Floyd e Genesis erano degli abitué ormai da tempo. La casa era piena di gente. Sua madre offriva da bere a tutti (ma non riuscì mai a capire cosa ci faceva quel ragazzo riccioluto rintanato fra i vestiti). Il mare aspettava. Venne l'ora provvisoria del buon senso e del "mettisufamiglia". La chitarra si era nel frattempo trasformata in un pianoforte. La casa era grande adesso e, oltre ai figli, poteva contenere anche vecchi giganti come Chet Baker e Miles Davis, lo zio Keith Jarrett e il nipotino Pat Metheny. La moglie offriva da bere a tutti, compreso Lucio Battisti che si era da tempo tolto la polvere dell'armadio di dosso. Qualcuno aveva infranto i sogni e il muro di Berlino, scoprendo che era fatto di carta come loro. Il mare si fece invadente e, stanco di aspettare, entrava anche in casa nei momenti più inopportuni. Era una folla. Quando Ernesto decise di far entrare anche Giacomo Puccini, Giuseppe Verdi e Gabriel Fauré la situazione cominciò a farsi insostenibile. Soprattutto quando il nostro protagonista scoprì che tutti, ma proprio tutti, compreso Francesco Guccini, sapevano giocare a pallone. Era un caos indefinibile vederli giocare fra le stanze, scoprire che De Gregori poteva benissimo entrare in sintonia con Giacomo Puccini e servirgli un assist da campionato del mondo preciso sulla testa. E tutto sotto lo sferzante vento di libeccio che infuriava in tutta la casa. Il mare si godeva le partite con un braccio sulla spalla di Ernesto, in totale stato confusionale. Quando in casa entrò Wolfang Amadeus Mozart la casa scoppiò. Ernesto lo trovarono sorridente fra le macerie. Lo videro togliersi i calcinacci dalle spalle, prendere un pallone e cominciare a palleggiare (un po' impacciato a dire il vero). Qualcuno giura di aver visto Lucio Battisti, con indosso una giacca di Ernesto, allontanarsi allegramente a braccetto con Giuseppe Verdi. Il mare, un po' invecchiato, respirava adagio sulla battigia.

Articoli Correlati

Commenti