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Preparativi di viaggio: quell’insana passione per “la lista”

MARTHA MY DEAR (Lennon-McCartney)

MARTHA MY DEAR (Lennon-McCartney)

Paul McCartney — voce solista, pianoforte, basso, chitarra (?), tamburi, ottone.
George Harrison — chitarra elettrica
Ringo Starr — batteria

George Martin — arrangiamenti di archi ed ottoni

Registrazione: 07 ottobre 1968
Produttore: George Martin
Fonico:  Mike Sheady

 

 

 

 

 

Marta, mia cara
Anche se passo i giorni a parlare
Per favore ricordami
Marta, amore mio
Non dimenticarmi
Marta, mia cara

Tieni su la testa, sciocchina
Guarda cos’hai fatto
Quando ti ci trovi dentro fino al collo
Prenditi un pò di quello che hai intorno
Sciocchina

 

 

 

Il brano

E’ un brano di Paul McCartney e probabilmente interamente regitrato da lui, se si esclude ovviamente l’orchestra.

E’ una dedica al proprio cane, come confermerà in seguito lo stesso Paul.

«La canzone parla di comunicazione affettiva, ma in maniera piuttosto astratta. Chiunque potrebbe pensare che sia stata scritta per una ragazza di nome Martha, ma quella Martha è una femmina di Bobtail, con la quale, posso giurarlo, ho avuto una relazione assolutamente platonica.»

(Paul McCartney)

Il pezzo è forse una delle composizioni più articolate e virtuosistiche di Paul. Continui cambi di ritmo e di tonalità ne resero un pezzo che lo stesso Paul definì ai limiti delle proprie capacità.

Guardati bene intorno
Guardati bene intorno e non potrai che vedere
Che tu e io siamo fatti
L’uno per l’altra
Sciocchina

Porgi la mano, sciocchina
Guarda cos’hai fatto
Quando ti ci trovi dentro fino al collo
Prenditi un pò di quello che hai intorno
Sciocchina

 

 

Registrazione

Il brano fu registrato ai Trident Studios di Londra. Paul registrò dapprima il pianoforte, la batteria e la voce solista.

In seguito furono aggiuni gli archi e gli ottoni arrangiati da George Martin.

Non è certa la partecipazione di Ringo e di George.

Live e cover

Non sono molte le cover di questo brano: citiamo soltanto Morgan James in una versione fingerpicking.

Ernesto Macchioni

Ernesto Macchioni

Il mare in tempesta fu improvvisamente colpito ai fianchi da un milione di tonnellate di olio. Fu così che venne alla luce Ernesto Macchioni in un'inaspettata giornata d'estate in pieno novembre 1961. La finestra fu finalmente aperta, Ernesto si affacciò e venne invaso da un fiume di luce e salmastro. L'infanzia la passò a cercare di capire se era meglio saper giocare a pallone o ascoltare la musica. Scelse la seconda ipotesi, senza rendersi conto di quanto si sarebbe complicato la vita. Il mare lo guardava perplesso. Faceva le scuole medie quando imparò a suonare la chitarra. Divenne amico intimo di Francesco Guccini, Francesco De Gregori, Lucio Battisti, cercando di scacciare l'inopportuna presenza di Claudio Baglioni. Erano amici fidati, a loro non importava se non sapevi giocare a calcio. Il mare scuoteva la testa. Alle superiori si illuse che il mondo era facile e cambiò religione diventando comunista. Bussarono alla porta di casa gli Inti-illimani e li fece entrare. (Battisti lo nascose nell'armadio). Claudio Lolli chiese "permesso" e lo fece accomodare. Pink Floyd e Genesis erano degli abitué ormai da tempo. La casa era piena di gente. Sua madre offriva da bere a tutti (ma non riuscì mai a capire cosa ci faceva quel ragazzo riccioluto rintanato fra i vestiti). Il mare aspettava. Venne l'ora provvisoria del buon senso e del "mettisufamiglia". La chitarra si era nel frattempo trasformata in un pianoforte. La casa era grande adesso e, oltre ai figli, poteva contenere anche vecchi giganti come Chet Baker e Miles Davis, lo zio Keith Jarrett e il nipotino Pat Metheny. La moglie offriva da bere a tutti, compreso Lucio Battisti che si era da tempo tolto la polvere dell'armadio di dosso. Qualcuno aveva infranto i sogni e il muro di Berlino, scoprendo che era fatto di carta come loro. Il mare si fece invadente e, stanco di aspettare, entrava anche in casa nei momenti più inopportuni. Era una folla. Quando Ernesto decise di far entrare anche Giacomo Puccini, Giuseppe Verdi e Gabriel Fauré la situazione cominciò a farsi insostenibile. Soprattutto quando il nostro protagonista scoprì che tutti, ma proprio tutti, compreso Francesco Guccini, sapevano giocare a pallone. Era un caos indefinibile vederli giocare fra le stanze, scoprire che De Gregori poteva benissimo entrare in sintonia con Giacomo Puccini e servirgli un assist da campionato del mondo preciso sulla testa. E tutto sotto lo sferzante vento di libeccio che infuriava in tutta la casa. Il mare si godeva le partite con un braccio sulla spalla di Ernesto, in totale stato confusionale. Quando in casa entrò Wolfang Amadeus Mozart la casa scoppiò. Ernesto lo trovarono sorridente fra le macerie. Lo videro togliersi i calcinacci dalle spalle, prendere un pallone e cominciare a palleggiare (un po' impacciato a dire il vero). Qualcuno giura di aver visto Lucio Battisti, con indosso una giacca di Ernesto, allontanarsi allegramente a braccetto con Giuseppe Verdi. Il mare, un po' invecchiato, respirava adagio sulla battigia.

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