La nostra storia ha inizio a Genova, un pomeriggio di qualche giorno fa.
Sto andando verso la stazione ferroviaria per raggiungere il centro città quando,
passando davanti alla fermata dei bus,
sento l’impulso di cambiare il programma e prendere il primo in arrivo,
allungando un poco il tragitto.
Salgo, presa dalla musica nelle cuffie e dal flusso di pensieri.
Dopo pochi metri, da un finestrino aperto entra una foglia ingiallita,
provata dall’autunno e dalla giornata di vento e pioggia battente.
Dopo un grazioso svolazzo a spirale disegnato nell’aria
si deposita sul pavimento del bus terminando così il suo viaggio,
partito dal ramo di uno degli alberi che incornicia il viale trafficato.
Presa dai miei pensieri,non capisco subito da dove provenga,
pare apparsa dal cappello di un abile prestigiatore nascosto tra la folla.
La osservo, con curiosità e meraviglia.
Mi ipnotizza.
Non tutti i presenti la notano, in fondo è solo del fogliame caduto,
impegnato nel processo di trasformazione verso il disfacimento inevitabile.
Il bus si ferma, altri passeggeri salgono alla fermata,
la calpestano nella foga di trovare uno spazio vitale,
la trascinano in un flusso da una parte all’altra del veicolo.
La seguo con lo sguardo durante il viaggio,
partecipo alla sua avventura,
mentre la città scorre sullo sfondo…
Immagino la sua vita e quante volte posso averla vista su quell’albero
senza sapere che fosse lei, senza sapere che un giorno
sarebbe diventata la protagonista di un breve film nella mia testa.
Penso a come sia tutta una questione di coincidenze,
il bus in arrivo, la folata di vento,
il finestrino aperto quel tanto che basta…
Al capolinea prima di scendere la cerco,
è accasciata sotto un sedile,
con le impronte di tante suole tatuate sulla pelle.
Avrei voluto raccoglierla, sfiorarla tenendola in una mano,
donarle una carezza di accompagnamento verso la fine del suo percorso.
Ma non siate tristi cari amici,
una foglia che prende il bus non è cosa da tutti i giorni.
Forse desiderava sentire la voce del mare almeno una volta,
prima di seccarsi e disgregarsi in mille pezzi.
Mi ha parlato per tutto il viaggio,
del suo vagabondare, dei suoi colori sgargianti,
della sua breve storia terminata lontano dal ramo su cui è nata.
Si è fatta forte in me l’esigenza di scrivere subito,
traballante e in equilibrio precario per gli scossoni del mezzo,
con gli occhi meravigliati come quando da bambini
una piccola cosa catturava l’attenzione per ore,
facendo volare la fantasia
oltre la realtà che osserviamo con gli occhi.
Mi sono sentita felice.
Questo è l’attimo di felicità che vi propongo oggi, cari lettori.
Ogni tanto ci dimentichiamo della bellezza che ci circonda in ogni momento, presi dalla fretta e dallo scazzo è difficile vederla.
Ma a volte si impone e si rivela, nelle circostanze più strane.
Ah, giuro che non mi ero fumata niente prima di prendere il bus.
Vi ringrazio della lettura, e vi abbraccio con affetto in questa domenica di novembre.
A presto!