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Andare a prendere qualcuno in aeroporto

Andare a prendere qualcuno all'aeroporto

Ciao cari lettori, bentornati! L’estate è ufficialmente finita da qualche giorno, e per me è stata così densa di emozioni che ancora faccio fatica a realizzarlo. Per quanto mi riguarda, ho ancora davanti agli occhi i ricordi vividi e intensi dei momenti di felicità vissuti, alcuni decisamente inaspettati. Come quando sono andata a prendere in aeroporto una persona speciale, che non vedevo da tanto, con un preavviso di ventiquattr’ore sul suo orario di arrivo. A volte la vita è proprio strana, ed è anche una figata!

THE TERMINAL

Come vi narrai in un blog precedente, da eterna sognatrice con la testa tra le nuvole subisco parecchio il fascino dell’aereo. Come quasi tutti ci sono salita diverse volte in vita mia, ma non abbastanza da considerarla un’abitudine. Soprattutto quando viaggio da sola mi piace gironzolare per l’aeroporto, e guardare il flusso di vite che si sfiorano nella frenesia del luogo. Gli sguardi in coda prima della partenza, studiando gli altri passeggeri nell’attesa dell’imbarco, le reazioni più o meno nervose ai movimenti iniziali del velivolo sulla pista, chi dorme con tanto di mascherina oscurante e chi guarda le nuvole dal finestrino, la smania di scendere per primi ad atterraggio avvenuto… ma c’è un posto in particolare che attira la mia attenzione più di tutti gli altri: la sala d’attesa degli arrivi.

UN UNIVERSO IN MINIATURA

Le teste che si voltano in sincrono, a ogni rumore delle porte scorrevoli. C’è chi accenna qualche passo sul posto, un girotondo che tradisce l’eccitazione e l’impazienza dell’attesa. Individui di tutte le età, sconosciuti tra di loro ma accomunati dal subbuglio interiore per l’arrivo di una persona cara. Famiglie espansive e rumorose riunite in comitati d’accoglienza, pronti a esplodere in urla di gioia alla vista della figura tanto attesa. Genitori trepidanti per l’arrivo di figli e nipoti, dopo mesi di separazione forzata e lunghe videochiamate. Viceversa, figli grandi e grossi con un mazzo di fiori in mano, dolce pensiero per chi si è preso cura di loro anche a distanza. Innamorati che si corrono incontro desiderosi di respirare la presenza dell’altro, e quelli si riconoscono subito… persi in un abbraccio senza fine, si stringono incuranti del mondo che li circonda, attirando sguardi un po’ invidiosi da chi vorrebbe provare quell’emozione, quella che porta a essere soli in mezzo al caos più vasto. E gli addetti ai lavori, che a passo veloce fanno lo slalom tra tutti questi nuclei straripanti di vita e di emozioni, lasciandosi sfuggire un sorriso appena accennato nella frenesia dell’attività professionale. Basta sedersi in un angolo un po’ in disparte per osservare tutto il flusso di energie, dinamiche e sentimenti più variegati che animano il pianeta in miniatura racchiuso in una sala d’attesa. Come diceva il buon Bukowski, “la gente è il più grande spettacolo del mondo. E non si paga il biglietto.”

C’E’ SEMPRE UNA PRIMA VOLTA

E ad agosto, per la prima volta, è toccato a me essere parte dello spettacolo nella sala degli arrivi. Ho volato in aereo un po’ di volte ma non mi è mai capitato di trovare persone care ad attendermi, e neanche di aspettare qualcuno come nei film. Ho preso un po’ sottogamba la gioia che mi avrebbe dato, che è stata infinitamente più potente di quello che mi immaginassi. Mi sono stupita, ancora, di come sia bello fare qualcosa di mai vissuto prima.

DA CONSUMARE PREFERIBILMENTE IN BUONA COMPAGNIA

Monitorare la rotta dell’aereo dallo schermo dello smartphone, emozionarsi sempre di più vedendo il puntino illuminato in avvicinamento, seguire con un po’ d’ansia le manovre durante le fasi di atterraggio. Calcolare mentalmente il tempo di controlli e ritiro bagagli, per farsi trovare lì con due Moretti fresche in mano “da consumare preferibilmente in buona compagnia”, come dice saggiamente l’etichetta. E’ toccato a me camminare avanti e indietro misurando in passi l’ampiezza dell’atrio, per poi sentirmi scema e sedermi, e chiaramente rialzarmi dopo qualche secondo non riuscendo a stare ferma. Mi sono chiesta ripetute volte come facevano tutti a essere così tranquilli, ho fissato il mio sguardo su ogni ombra che si intravedeva dietro alle porte scorrevoli degli arrivi per una, due, dieci volte prima di riconoscere i tratti familiari che aspettavo di veder apparire dal corridoio. Sentire l’adrenalina salire in crescendo, un groppo di emozioni sempre più intense nel petto, fino a esplodere in felicità pura e semplice al momento dell’incontro. Correre con la gioia nello sguardo per abbracciare una delle persone a cui tengo di più al mondo, mettendo da parte la paura di sembrare ridicola o eccessivamente sentimentale agli occhi dei presenti, godendosi l’emozione del momento e sbattendosene il belino di tutto il resto. Brindare con le Moretti e poter dire ciò che immaginavo nella mia testa da mesi, da prima del lockdown: “ben arrivato… finalmente, sei qui.”

STRETTAMENTE CONFIDENZIALE

Questa è stata la mia esperienza amici, ve l’ho raccontata come se ci conoscessimo da sempre, come se fossimo seduti al tavolino di un pub in vena di confidenze, con due pinte davanti a noi. Ormai lo sapete, l’autunno mi rende riflessiva. Spero sinceramente che la lettura vi abbia risvegliato i ricordi di arrivi attesi a lungo, o che vi sia venuta voglia di ritrovarvi con quella persona che abita distante a cui volete un bene immenso, e magari di andarla a prendere all’aeroporto e stringerla forte.

Vi abbraccio cari lettori, e vi aspetto tra due settimane con un altro attimo di felicità quotidiana.

A presto!

NB: per chi se lo fosse perso, ecco il link del mio precedente intervento sul fascino dell’aereo. Enjoy!

https://www.wipradio.it/2020/06/21/volare-sopra-le-nuvole-il-fascino-dellaereo/

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