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Preparativi di viaggio: quell’insana passione per “la lista”

Nona intermittenza

Nona intermittenza

Nona intermittenza

Benvenuti o ben tornati tra queste pagine,

A breve, si spera, uscirà il quarto capitolo di Ciminiere; un’antologia di racconti autoprodotta da ragazzi del posto. Ognuno ha a disposizione un numero di caratteri massimo e, in questo limite, può spenderli come meglio crede.

Vi ho già lasciato in precedenza i miei racconti presenti nei primi due numeri di Ciminiere anche qui in questo mio spazio:

-Primo numero: https://www.wipradio.it/2021/05/21/sesta-intermittenza/

-Secondo numero: https://www.wipradio.it/2021/05/14/quinta-intermittenza/

Il terzo numero potete ancora trovarlo (insieme a qualche rimasuglio del secondo) scrivendo a me sui vari social, o in tutte le piattaforme di e-commerce letterario (ibs, Mondadori, Feltrinelli ecc…).

Quest’oggi voglio, però, donarvi una piccola anticipazione di quanto troverete nel prossimo numero, almeno per quanto riguarda i miei racconti. Seguendo l’idea del secondo numero, ho frammentato la narrazione; non ho creato una giornata fatta di giornate, come la volta scorsa, ma ho voluto creare una settimana che andasse ben oltre i confini dei canonici sette giorni e che potesse abbracciare intere vite.

E che queste, una volta immortalate e cristallizzate nella pagina, potessero scombussolarsi e rivoluzionarsi.

Spero di esserci riuscito.

Come sempre, buona lettura!


Un paese sconvolto, due pizze e tre gelati alla menta

Domenica

L’apparente tranquillità di una domenica di metà maggio venne turbata da un messaggio su whatsapp. Lo ricevettero tutti, ma proprio tutti, coloro che erano in possesso di un cellulare. Ma questi piccoli sprazzi di novità, questi avvenimenti straordinari che sconquassano la vita di un paesino, sono democratici e coinvolgono anche le comari in fila davanti al forno che whatsapp non sanno nemmeno come si pronunci. Tutti, nel giro di poche ore, erano a conoscenza dell’evento che avrebbe avuto luogo sabato sera, nel parcheggio della zona industriale, a pochi kilometri dal centro di quella vita ovattata e abitudinaria. Nel loro intimo, erano tutti grati a quel messaggio: forniva agli abitanti un pretesto per parlare di altro che non fosse il meteo, l’Aurelia a senso unico, la ciclabile, i camper o gli imminenti europei di calcio.

Ma cosa riferiva il messaggio? Ve lo trascrivo in modo che non vada perduto e che questo piccolo frammento di follia paesana resti eterno:

SABATO 23 maggio, ore 23.30, raduno scambista al deposito degli autobus. Inviate questo messaggio a chi pensate possa essere interessato. Portate chi volete: fidanzati, compagne, mogli, mariti, partner di qualsiasi tipo. Tutti coloro che vogliono amare sono i benvenuti.

Ovviamente, come tutte le meteore, la mattina dopo il messaggio era già stato dimenticato e le lamentele erano rientrate nella routine (l’Aurelia a senso unico, la ciclabile, i camper ecc…). Gli abitanti di quel bizzarro paesino avevano etichettato quel messaggio come lo scherzo scemo di un adolescente irrequieto e, col fine settimana giunto al termine, si era esaurito anche l’entusiasmo per la novità.

Certo, per tutti a parte tre persone che credevano fermamente nell’organizzazione di quel Sabato. Era difficile immaginare un trio più eterogeneo di quello…

Lunedì

Arturo frequentava l’istituto tecnico di paese. Era più portato per le materie umanistiche, ma la vicinanza casa/scuola aveva facilitato la scelta. E, ormai giunto in quinta, non si pentiva della scelta fatta, o forse, semplicemente, non aveva mai ponderato altre alternative. Era cresciuto in una palazzina a due piani con suo padre e suo nonno. Sua madre chiese il divorzio anni fa, lo ottenne poco dopo e da quel giorno non si era fatta più vedere; la nonna venne a mancare quando era ancora piccolo, a causa di un insieme di piccoli acciacchi dovuti all’età.

Anche solo parlare di donne, di ragazze, o più in generale del mondo femminile, a casa era un tabù insormontabile. Potremmo anche dire, senza difficoltà, che era difficile sostenere una conversazione qualsiasi, ma non sul calcio. Per stabilire un collegamento con quei due uomini, con quei due estranei, che gravitavano intorno a lui, si era dovuto appassionare al pallone. Non ne aveva mai capito la passione, ma era l’unico modo che aveva per interagire tra quelle quattro mura.

Passando alle altre quattro mura che caratterizzavano la sua vita, a scuola la situazione era strana. I primi anni era riuscito a legare con molti ragazzi (perché di femmine nemmeno l’ombra), con alcuni si era riuscito a creare anche dei bei legami, ma tutto svanì alla soglia dei sedici anni. Gli amici iniziavano ad accantonare le abitudini con cui erano cresciuti, per fare spazio al nuovo passatempo che avrebbe catturato, e risucchiato, la loro intera esistenza: le donne.

Gli argomenti di conversazione erano monopolizzati da quella sfera di interesse da cui era impossibile evadere. E Arturo, che da questa sfera era rimasto fino ad ora estraneo, aveva trascorso gli ultimi due anni in un isolamento autoindotto. Pensava di proteggersi negando, e censurando, una sfera dell’esistenza. Gli amici provarono a incoraggiarlo, a parlargli, ma non c’era nulla da fare: l’apatia nella quale era sprofondato sembrava senza rimedio. Dal canto suo, Arturo, non era un piagnucolone ed era alla spasmodica ricerca di qualcosa che potesse dare un senso, o anche un minimo significato, alla sua vita. Fin quando, cerca – cerca – cerca, arrivò, la mattina precedente, quel messaggio. Quel lunedì ebbe una scarica di adrenalina che non percepiva dalla prima volta in cui guardò un porno. Arturo, sabato, avrebbe avuto un impegno irrinunciabile.

Martedì

Rosa e Sergio avevano sessant’anni, nessun bambino, nessun sogno, nessun progetto di vita. Erano entrambi impiegati presso lo stesso supermercato ed erano nati lo stesso giorno dello stesso anno. Quella fortuita coincidenza li accomunò sin dalla tenera età: feste di compleanno insieme, amici comuni, stessi luoghi di uscita. In breve, la vita li avvicinò sempre di più e, loro non si ricordano neanche come, o quando, li portò a fidanzarsi.

A questa relazione nata sul niente si sommò un matrimonio che poggiava su basi ancor più traballanti. Sergio e Rosa esistevano, si lasciavano scorrere tutto ciò che il mondo avrebbe voluto imporre ai suoi figli e, a modo loro, cercavano di assecondare le oscillazioni del cosmo. Provarono per anni ad avere un figlio; tutti gli amici di gioventù, e le vecchie compagnie frequentate intorno ai vent’anni, persino quelle più sbandate, erano riuscite a dare nuova linfa vitale alla loro relazione mettendo al mondo un pargoletto.

In questa claustrofobica vita di provincia, non credevano ci fosse altro modo per sentirsi realizzati come individui o come coppia. Questo a loro non riuscì e, un po’ per scherzo, un po’ per sperimentare nuovi mondi e togliersi dal paese, ogni week end avevano iniziato a viaggiare oltre i confini dell’Italia. Svizzera, Austria, Germania e Francia erano le loro mete predilette, ma, sorpassati i 55, avevano cessato la loro attività esplorativa. Soprattutto, ed è quello che garantì la sopravvivenza del loro matrimonio, si erano avvicinati ai club scambisti di tutta Europa.

Vedersi amati reciprocamente da sconosciuti li infuocava, li eccitava al punto che i più leggeri segnali d’affetto, come un «amore» o un «tesoro», erano ricorrenti esclusivamente dopo queste circostanze. Con molte delle persone che bazzicavano questi strani luoghi, rimasero in contatto e, trascurate le amicizie del paese, iniziarono a viaggiare ogni fine settimana. Un po’ per la sana dose di eccitazione che queste esperienze fornivano, un po’ per necessità di costruire legami autentici anche fuori dal nido d’origine. In paese erano una delle coppie più chiaccherate. Su di loro aleggiavano leggende, storie di orge allucinanti e ogni abitante, uomo o donna che fosse, si sarebbe scambiato volentieri con loro, ma nessuno lo avrebbe mai ammesso pubblicamente.

Sergio e Rosa soffrivano perché, non potendo più viaggiare, vedevano spegnersi, ineluttabilmente, la fiamma dell’affetto e del matrimonio. Quella stessa fiamma che avevano fatto così fatica ad accendere e, in seguito, a tenere viva. In paese, trascorse quelle peripezie sessuali, erano tornati nell’anonimato, senza alcun amico con cui mangiare una pizza il sabato sera, o passare una domenica al mare parlando di vacuità e gossip. Per loro, quel messaggio, rappresentava, in tutta la sua infantile semplicità, un modo per riavvicinarsi all’altro e per ritrovare, o almeno tentarci, loro stessi.

Mercoledì

Sprazzi di alba, frammenti di notte,

cieca la talpa va in cerca di grotte.

 

La trova al buio, sussurri d’aurora,

ha deciso: la grotta sarà la sua dimora.

 

Lampi e scoppi nel cielo senza stelle,

la talpa è al sicuro e ride a crepapelle.

 

Passano i giorni, i secondi, i minuti,

le ambizioni.

La talpa sogna gli unicorni,

i vagabondi, gli sconosciuti nelle stazioni.

 

Godot è fuori, la sta aspettando,

ma lei non uscirà e Godot rimarrà fregato.

 

La talpa non uscirà e triste,

per sempre, aspetterà

aspetter

aspette

aspett

aspet

aspe

asp

as

a

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Gabriele Bitossi

Gabriele Bitossi

Gabriele nasce nel '96 ed è da sempre appassionato di storie, in ogni loro forma. Studia italianistica all'Università di Pisa e sceneggiatura alla Scuola internazionale di comics a Firenze. Starebbe ore a parlare coi suoi personaggi preferiti... e se lo facesse già?

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