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Recensione “L’acqua del lago non è mai dolce” – Giulia Caminito

Recensione “L’acqua del lago non è mai dolce” – Giulia Caminito

L'acqua del lago non è mai dolceL’ACQUA DEL LAGO NON È MAI DOLCE

di Giulia Caminito

Editore: Bompiani

Pagine: 304

 

 

 

TRAMA. Odore di alghe limacciose e sabbia densa, odore di piume bagnate. È un antico cratere, ora pieno d’acqua: è il lago di Bracciano, dove approda, in fuga dall’indifferenza di Roma, la famiglia di Antonia, donna fiera fino alla testardaggine che da sola si occupa di un marito disabile e di quattro figli. Antonia è onestissima, Antonia non scende a compromessi, Antonia crede nel bene comune eppure vuole insegnare alla sua unica figlia femmina a contare solo sulla propria capacità di tenere alta la testa. E Gaia impara: a non lamentarsi, a salire ogni giorno su un regionale per andare a scuola, a leggere libri, a nascondere il telefonino in una scatola da scarpe, a tuffarsi nel lago anche se le correnti tirano verso il fondo. Sembra che questa ragazzina piena di lentiggini chini il capo: invece quando leva lo sguardo i suoi occhi hanno una luce nerissima. Ogni moto di ragionevolezza precipita dentro di lei come in quelle notti in cui corre a fari spenti nel buio in sella a un motorino. Alla banalità insapore della vita, a un torto subito Gaia reagisce con violenza imprevedibile, con la determinazione di una divinità muta. Sono gli anni duemila, Gaia e i suoi amici crescono in un mondo dal quale le grandi battaglie politiche e civili sono lontane, vicino c’è solo il piccolo cabotaggio degli oggetti posseduti o negati, dei primi sms, le acque immobili di un’esistenza priva di orizzonti.

 

RECENSIONE.

Ci hai mai pensato all’acqua? Dicono che è acqua dolce, ma è una bugia. Questa acqua ha il sapore della benzina, quando avvicini l’accendino prende fuoco.

Come si apprende dalle note dell’autrice, L’acqua del lago non è mai dolce nasce per raccontare tre donne importanti nella vita di Giulia Caminito.
Finalista del Premio Strega 2021, il romanzo protagonista di questa recensione racconta una storia molto difficile, rappresenta una famiglia che ha oltrepassato i confini della povertà e dimenticata ai margini della società.
Quella che tira avanti la baracca è Antonia, una donna molto forte e autoritaria che non lascia spazio (e che non ha tempo) per smancerie o “problemucci adolescenziali”, in quanto è una donna sola, con quattro figli e un marito disabile a causa di un incidente sul lavoro (dal quale però non recepisce nessuna pensione di invalidità in quanto non assicurato al momento dell’incidente).

Noi non abbiamo cellulari, non abbiamo televisione, non abbiamo un computer, noi senza mezzi, senza possibilità di comunicazione, chiusi nel passato di un mondo che sta correndo al galoppo, ci sorpassa, ci schiaccia sotto i suoi zoccoli duri.

Il romanzo non è ambientato nella preistoria, ma ai giorni nostri dove per tutti noi avere un computer e una televisione è praticamente normale.
La storia di questa famiglia viene raccontata dalla figlia Gaia, l’unica figlia femmina su quattro figli e sulla quale la madre Antonia ripone le maggiori aspettative e voglia di rivalsa. Gaia infatti risentirà fortemente di questa grande e pesante influenza, così tanto da sentirsi in gabbia, miscelando sentimenti di apatia e forte rabbia, risentimento verso la madre e verso sé stessa.

Perché sempre si oppone? Si erge come diga. Perché non si fa vicina? Come tutte le madri, o almeno la madre che io vorrei, non bacia, non accarezza, non pettina i capelli, non rassicura, non incoraggia, ma solo giudica e pretende, ma solo mortifica con parole e accuse, e sottolinea la fine dei sogni e delle speranze.
Mi fa sentire molto da meno, un fallimento, una caduta, un ingranaggio spezzato […]

L’acqua del lago non è mai dolce è un libro duro, costellato di ingiustizie e di bocconi amari da buttare giù. E’ una storia di una famiglia che si sgretola, di un rapporto madre-figlia che non è mai esistito. Cresciuta da Antonia come la figlia che innalzerà il valore della famiglia, Gaia inizia a conoscere, fin da subito il soffitto di cristallo difficile da superare. Cresciuta con i figli della Roma bene, Gaia impara sin da subito a rinunciare, a ingoiare bocconi amari e a covare rabbia, tanta rabbia per ciò che non ha e che non può avere.

Potrei dirglielo io, qualcuno lo ha già intuito: nella mia pancia abitano solo pietre.

Un libro che vale la pena di essere letto, per immedesimarci o per comprendere quanto siamo fortunati ad avere quello che abbiamo: che siano oggetti, persone o sentimenti.

 

Buona Lettura a tutti,
Rachele.

 

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Rachele Bini

Rachele, 31 anni. Una, Nessuna, centomila. Copywriter e amante della comunicazione, la scrittura è il suo pane quotidiano. Ha gestito un Ufficio Stampa per una piccola Casa Editrice Indipendente. Aspirante Giornalista, scrive per "Il Tirreno".

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