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Preparativi di viaggio: quell’insana passione per “la lista”

STRAWBERRY FIELDS FOREVER (Lennon-McCartney)

STRAWBERRY FIELDS FOREVER (Lennon-McCartney)

John Lennon – voce raddoppiata, chitarra ritmo, mellotron, conga
Paul McCartney – mellotron, basso, piano, chitarra solo, bongo
George Harrison – chitarra slide, swarmandal, timpani
Ringo Starr – batteria, maracas
Altri musicisti

Tony Fisher, Greg Bowen, Derek Watkins, Stanley Roderick – tromba
John Hall, Derek Simpson, Norman Jones – violoncello
Mal Evans – tamburino

Registrazione: 29 dicembre 1966
Produttore: George Martin
Fonico: Geoff Emerick

Lascia che ti porti con me
Perchè sto andando a campi di fragole
Niente è reale
E niente per cui stare in attesa
Campi di fragole per sempre

È facile vivere con gli occhi chiusi
Fraintendendo quello che vedi
Sta diventando difficile essere qualcuno
Ma tutto si risolve
Non me ne importa poi molto

Origine

Fu scritto durante la lavorazione di Sgt. Pepper and Lonely Heart Club Band e uscì precedentemente, in un clamoroso errore commerciale, in un singolo con Penny Lane sull’altro lato: in pratica due “lati A”.

Meriterebbe pagine e pagine di scittura. Difficile spiegare la grandiosità di due stili completamente diversi fusi in un’unica canzone.

Il pezzo nacque infati in due diverse versioni: una più spensierata e una decisamente più oscura ed evocativa.

La canzone è ovviamente di John e fu scritta nelle pause noiosissime della lavorazione del film antimilitarista How I Won The War di Richard Lester.

Strawberry Fields era un orfanatrofio, vicino alla casa di natale di John, nei cui giardino andava spesso a giocare.

Un pezzo d’infanzia ricordata in una fase particolarmente inquieta della sua vita e influenzata dagli effetti degli stupefacenti, di cui faceva massicciamente uso in quel periodo.

Lascia che ti porti con me
Perchè sto andando a campi di fragole
Niente è reale
E niente per cui stare in attesa
Campi di fragole per sempre

Penso che nessuno sia nel mio albero
Voglio dire che dev’essere alto o basso
Cioè, non puoi sai matterti in sintonia
Ma va tutto bene
Cioè penso che non vada troppo male

 

Registrazione

Come dicevamo, i Beatles registrarono due versioni del brano e fu un’opera magistrale mixarli insieme da parte di Martin ed Emerick.

Il risultato è stato, letteralmente uno dei migliori brani di John Lennon: un vero capolavoro.

 

 

Nel brano fa la sua prima comparsa il mellotron suonato da Paul.

Il leader dei Beach Boys affermò che con questo brano i Beatles avevano raggiunto quel sound che cercavano da tanto tempo senza riuscirci.

Lascia che ti porti con me
Perchè sto andando a campi di fragole
Niente è reale
E niente per cui stare in attesa
Campi di fragole per sempre

Penso che nessuno sia nel mio albero
Voglio dire che dev’essere alto o basso
Cioè, non puoi sai matterti in sintonia
Ma va tutto bene
Cioè penso che non vada troppo male

Live e cover

Secondo il sito pepperland.it: “Il filmato promozionale di Strawberry Fields Forever, girato il 30 e 31 gennaio 1967 dal regista svedese Peter Goldman fu  un successo pionieristico per l’epoca, con rallenty e brutali tagli e cambi di sequenza, ed è stato inserito dal MoMa nei più influenti video musicali degli anni ’60.”

Tra le cover non possiamo non citare Ritchie Heavens in un prezioso filmato di una sua performance a Woodstock e il grande Peter Gabriel.

Ernesto Macchioni

Ernesto Macchioni

Il mare in tempesta fu improvvisamente colpito ai fianchi da un milione di tonnellate di olio. Fu così che venne alla luce Ernesto Macchioni in un'inaspettata giornata d'estate in pieno novembre 1961. La finestra fu finalmente aperta, Ernesto si affacciò e venne invaso da un fiume di luce e salmastro. L'infanzia la passò a cercare di capire se era meglio saper giocare a pallone o ascoltare la musica. Scelse la seconda ipotesi, senza rendersi conto di quanto si sarebbe complicato la vita. Il mare lo guardava perplesso. Faceva le scuole medie quando imparò a suonare la chitarra. Divenne amico intimo di Francesco Guccini, Francesco De Gregori, Lucio Battisti, cercando di scacciare l'inopportuna presenza di Claudio Baglioni. Erano amici fidati, a loro non importava se non sapevi giocare a calcio. Il mare scuoteva la testa. Alle superiori si illuse che il mondo era facile e cambiò religione diventando comunista. Bussarono alla porta di casa gli Inti-illimani e li fece entrare. (Battisti lo nascose nell'armadio). Claudio Lolli chiese "permesso" e lo fece accomodare. Pink Floyd e Genesis erano degli abitué ormai da tempo. La casa era piena di gente. Sua madre offriva da bere a tutti (ma non riuscì mai a capire cosa ci faceva quel ragazzo riccioluto rintanato fra i vestiti). Il mare aspettava. Venne l'ora provvisoria del buon senso e del "mettisufamiglia". La chitarra si era nel frattempo trasformata in un pianoforte. La casa era grande adesso e, oltre ai figli, poteva contenere anche vecchi giganti come Chet Baker e Miles Davis, lo zio Keith Jarrett e il nipotino Pat Metheny. La moglie offriva da bere a tutti, compreso Lucio Battisti che si era da tempo tolto la polvere dell'armadio di dosso. Qualcuno aveva infranto i sogni e il muro di Berlino, scoprendo che era fatto di carta come loro. Il mare si fece invadente e, stanco di aspettare, entrava anche in casa nei momenti più inopportuni. Era una folla. Quando Ernesto decise di far entrare anche Giacomo Puccini, Giuseppe Verdi e Gabriel Fauré la situazione cominciò a farsi insostenibile. Soprattutto quando il nostro protagonista scoprì che tutti, ma proprio tutti, compreso Francesco Guccini, sapevano giocare a pallone. Era un caos indefinibile vederli giocare fra le stanze, scoprire che De Gregori poteva benissimo entrare in sintonia con Giacomo Puccini e servirgli un assist da campionato del mondo preciso sulla testa. E tutto sotto lo sferzante vento di libeccio che infuriava in tutta la casa. Il mare si godeva le partite con un braccio sulla spalla di Ernesto, in totale stato confusionale. Quando in casa entrò Wolfang Amadeus Mozart la casa scoppiò. Ernesto lo trovarono sorridente fra le macerie. Lo videro togliersi i calcinacci dalle spalle, prendere un pallone e cominciare a palleggiare (un po' impacciato a dire il vero). Qualcuno giura di aver visto Lucio Battisti, con indosso una giacca di Ernesto, allontanarsi allegramente a braccetto con Giuseppe Verdi. Il mare, un po' invecchiato, respirava adagio sulla battigia.

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