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Il debutto vacillante di ITsART, la piattaforma di cui non avevamo bisogno ma che ci meritiamo

Il debutto vacillante di ITsART, la piattaforma di cui non avevamo bisogno ma che ci meritiamo

Il debutto vacillante di ITsART, la piattaforma di cui non avevamo bisogno ma che ci meritiamo

L’epopea del genio italiano

In Italia siamo fatti così, abbiamo l’entusiasmo facile. D’altronde, lo slancio creativo ci appartiene da sempre (attirandoci le invidie di mezzo mondo), e il fervore e l’euforia con cui spesso impacchettiamo le nostre idee – benché strampalate o velleitarie, anzi, meglio – è pienamente giustificato. Noi il genio ce l’abbiamo nel sangue, e questo vorrà pure dire qualcosa. Se non che, quando ci troviamo nella posizione o nelle condizioni per cui la nostra idea incontra qualcuno che la realizza davvero, di colpo l’eccitazione sparisce.

Il risultato disattende le nostre aspettative? le nostre aspirazioni di immortalità? Oppure è la realtà a non raggiungere le altezze vertiginose e rarefatte del nostro estro di sognatori? Chissà. Forse di tutto un po’. Fatto sta che ci rifugiamo in un pavido silenzio. Niente più dichiarazioni roboanti, frasi altisonanti… ma parole sussurrate, sfumate, giustapposte qua e là, che forse però sono solo l’eco lontana degli ormai superati ruggiti iniziali.

ITsART. Chiaro, no?

Vi ricordate di ITsART? La «Netflix della cultura italiana» che Franceschini annunciava in pompa magna in pieno primo lockdown (e di cui ho già parlato qui)? Ecco, a più di un anno dall’impegnativo proclama, la piattaforma è finalmente partita.

Ah, non lo sapevate?

Beh, non mi stupisce. A conferma di quanto scritto poche righe sopra, anche ITsART è vittima di quella sorta di «depressione post-partum creativa» che affligge molte menti di questo Paese (che – guarda caso – spesso appartengono anche alla classe dirigente), che porta a misconoscere (se non proprio a rinnegare) il frutto di un momento di ispirazione mantica unico e irripetibile. Il 31 maggio, dicevo, senza che praticamente nessuno se ne accorgesse, è stata ufficialmente lanciata ITsART. Il momento scelto non è certo dei più felici, coincidendo con il periodo delle riaperture dei teatri, dei cinema, dei musei. Ciò senz’altro pregiudica sul nascere l’attrattiva di una piattaforma come questa, perché mai come ora c’è tanta voglia di tornare ad appropriarsi degli spazi fisici – compresi quelli della cultura. Ma andiamo oltre, e diamo un’occhiata al sito.

La piattaforma

ITsART è diviso in tre sezioni principali (accessibili mediante il menu in alto a sinistra in versione sito desktop): Palco, Luoghi e Storie. La prima riguarda le arti performative (musica, concerti, danza); la seconda musei, aree archeologiche e territori italiani; la terza è quella che ospita cortometraggi, lungometraggi e documentari di vario tipo. Alcuni contenuti sono gratis, altri gratis con pubblicità, ma la stragrande maggioranza è a pagamento (con possibilità di noleggio o acquisto).

Molto strano constatare come non ci sia alcuna possibilità di abbonamento. La piattaforma sposa quindi un modello di business totalmente altro rispetto a quello su cui si basa la sua principale fonte di ispirazione (stando almeno alle parole di Franceschini). È invece piuttosto evidente una parziale sovrapposizione con Chili. E non a caso, visto che quest’ultima ne è il partner tecnico nonché azionista di minoranza al 49%. Anche se, ricorda l’Espresso, l’investimento iniziale è stato tutto a carico di Cassa Depositi e Prestiti (quindi dello Stato), perché la quota di 6 milioni di euro che avrebbe dovuto versare Chili è stata fatta corrispondere esattamente al costo della piattaforma tecnologica conferita da Chili, che è poi diventata di ITsART.

I contenuti di ITsART

Diciamo che i contenuti (cui si accede previa registrazione, anche tramite Facebook) sono oggettivamente molto vari; per ora se ne contano all’incirca 700. Sulla home si promuovono alcuni eventi in esclusiva. Attualmente in primo piano campeggia il concerto di Fiorella Mannoia al Teatro Romano di Ostia Antica, disponibile da domani, 26 giugno, gratuitamente.

La sezione Palco sembra quella quantitativamente più consistente, annoverando diverse sottosezioni: Maggio Musicale Fiorentino, Voci d’Italia, Teatro, Musica Sinfonica, Opera, Giuseppe Verdi, Giacomo Puccini, Danza, Teatro alla Scala, Teatro Regio Torino, laVerdi, Riccardo Muti, OperaStreaming, Filarmonica di Trento, Teatro San Carlo e Società dei Concerti.

Tra i Luoghi, si propongono video dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Roma, dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli, da Pompei, dal Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo Da Vinci di Milano e dal Museo Egizio di Torino.

La sezione Storie è sicuramente quella più raffazzonata, visto che vi troviamo poche (per ora 28) vecchie pellicole di indubbio valore storico ma non adeguatamente contestualizzate, praticamente disponibili tutte anche altrove, spesso addirittura gratis. Il Post (5 giugno 2021) segnala alcuni esempi.

“Che strano chiamarsi Federico, il documentario di Ettore Scola su Federico Fellini, è gratis su RaiPlay mentre per noleggiarlo o vederlo su ITsART bisogna pagare 3 o 6 euro (su Chili invece il noleggio e l’acquisto costano rispettivamente 3 e 7 euro). Capita anche che ci siano film non disponibili su Chili, a pagamento su ITsART e gratis su RaiPlay, come nel caso di Nico 1988Roma città aperta, invece, costa 2 euro se noleggiato o 5 se comprato ma altrove, su internet, come spesso succede per film di diversi decenni fa, lo si trova – legalmente – anche gratis (in questo caso sull’Archivio Anna Magnani).”

Insomma, sicuramente siamo ancora agli inizi e ci vuol pazienza. Ma una certa somiglianza di famiglia con altre idee di genio di matrice franceschiniana quale il portale VeryBello.it voluto per Expo 2015 o il progetto della Biblioteca Nazionale dell’Inedito si sente. Eccome se si sente.

Per (ri)leggere tutti gli articoli di “Non è buio ancora”, clicca qui.

Simone Gasparoni

Simone Gasparoni

Classe 1995, studio Filosofia all'Università di Pisa. Allievo ortodosso di Socrate, ho sempre pensato che le parole siano roba troppo seria per abusarne (lo so, lo so, detta così sembra una scusa degna del miglior cerchiobottismo, per dirla in gergo giornalistico). Romantico per vocazione, misantropo per induzione. Attualmente, in via di riconciliazione con il genere umano attraverso la musica, l'arte, la cultura. Per ora, sembrano buone vie. Oltre che all'Unipi, potete trovarmi in giro in qualche locale o teatro a strimpellare la tastiera. O, con più probabilità, a casa mia. P.S. Ecco, l'ho già fatta troppo lunga...

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