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Il David di Michelangelo alla volta di Dubai sotto (ben) riprodotte spoglie

Il David di Michelangelo alla volta di Dubai sotto (ben) riprodotte spoglie

Il David di Michelangelo alla volta di Dubai sotto (ben) riprodotte spoglie

Nelle ultime settimane si è fatto un gran parlare di Dubai come teatro delle mirabolanti imprese dell’Innominabile. A Dubai però è in arrivo un altro rappresentante di italianità, di ben altra statura e di tutt’altra scorza. Si tratta della riproduzione in scala 1:1 del David di Michelangelo, realizzata a Firenze (sic!) da un team di ingegneri e restauratori per l’Expo 2021, che si terrà a Dubai dal prossimo ottobre fino a marzo 2022. Il David costituirà il simbolo del Padiglione Italia.

David di Michelangelo
Il David di Michelangelo imballato per il trasporto (La Stampa)

La statua ha lasciato Borgo degli Albizi a Firenze il 14 aprile scorso e, imballato a dovere, con un trasporto speciale è partito alla volta di Milano. Dall’aeroporto di Malpensa, sarà poi imbarcato in un volo cargo per raggiungere gli Emirati Arabi entro la settimana prossima. Il 26 aprile si terrà la cerimonia di presentazione ufficiale.

I due David a confronto

David di Michelangelo
La riproduzione del David di Michelangelo (foto dal profilo Twitter del sindaco Dario Nardella)

La statua gemella del David presenta le medesime misure dell’originale (5 metri e 17 di altezza), ma pesa 10 volte meno (non 5560 chili, ma 400, più 150 di basamento). Questo perché è fatto con resina acrilica ricoperta di polvere di marmo. Come spiega Nicola Salvioli, a capo del team che per due mesi ha lavorato sul rivestimento: «Lo abbiamo rivestito con due millimetri di polvere di marmo di Carrara mischiata a colla, in modo da avere la consistenza della sabbia bagnata e riprodurre le venature, i punti più ruvidi, quelli più lisci, i difetti, i colpi di scalpello, il tutto più fedelmente possibile all’originale e restituire la magia del coinvolgimento emotivo del David che tutti conosciamo. Lavorando sulla copia si avverte che Michelangelo ha realizzato quest’opera non tanto con gli occhi quanto con le mani, per abbracciare un volume così enorme. Per esempio l’ombelico entra perfettamente in un pollice».

Arte e tecnologia

La statua rappresenta il sodalizio perfetto tra artigianalità e tecnologia. I lavori sono infatti iniziati dalla digitalizzazione dell’originale (che è conservato presso la Galleria dell’Accademia), seguita dalla stampa in 3D in 14 pezzi: un lungo processo iniziato a dicembre e finito il 14 aprile. Il progetto di digitalizzazione e realizzazione del David è stato coordinato da Grazia Tucci, docente del dipartimento di Ingegneria Civile dell’Università di Firenze. Per la Tucci, che spiega il senso del lavoro svolto, il «modello zero del David, una stampa mai vista prima d’ora e realizzata grazie a un lavoro di équipe tra tecnici e restauratori, non vuole eguagliare l’originale, bensì aiutare gli scienziati e gli storici dell’arte a studiarlo nel tempo e nello spazio, senza limitazioni. Anche per conoscere meglio e nei dettagli i segreti della sua creazione».

Il sogno di una copia

Nessuna riproduzione potrà mai impossessarsi dell’anima dell’autentico David, perché, come spiega Cecilie Hollberg, direttrice della Galleria dell’Accademia, «nessuna rappresentazione potrà avere il pathos dell’originale, il noumeno della sua creatività».

A tal proposito, potrebbe tornarci utile la riflessione portata avanti da A. M. Iacono ne Il sogno di una copia. Del doppio, del dubbio, della malinconia. Nelle pagine introduttive, Iacono scrive infatti: «Il sogno di una copia è sì quella di prendere il posto dell’originale ma trovando, nello stesso tempo, la propria differenza e la propria autonomia. […] Il sogno di una copia è di non essere più copia ma non annullandosi nell’originale, bensì segnando uno scarto e divenendo un’imitazione, cioè qualcosa di simile e di diverso, come un figlio rispetto al padre».

È con questo augurio che salutiamo la statua gemella del David, auspicandoci che trovi la sua giusta collocazione fisica e spirituale, magari ergendosi a rinnovato simbolo di speranza e coraggio per il tempo a venire.

 

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Simone Gasparoni

Simone Gasparoni

Classe 1995, studio Filosofia all'Università di Pisa. Allievo ortodosso di Socrate, ho sempre pensato che le parole siano roba troppo seria per abusarne (lo so, lo so, detta così sembra una scusa degna del miglior cerchiobottismo, per dirla in gergo giornalistico). Romantico per vocazione, misantropo per induzione. Attualmente, in via di riconciliazione con il genere umano attraverso la musica, l'arte, la cultura. Per ora, sembrano buone vie. Oltre che all'Unipi, potete trovarmi in giro in qualche locale o teatro a strimpellare la tastiera. O, con più probabilità, a casa mia. P.S. Ecco, l'ho già fatta troppo lunga...

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