William S. Burroughs (1914-1997) è stato molte cose, tutte importanti: oltre che una delle figure più influenti del canone occidentale e uno dei più grandi innovatori del Novecento, oltre che scrittore maledetto, radicale e contraddittorio, oltre che autore d’avanguardia e Padre della Beat Generation (ma mai hippy: ai poliziotti i fiori li avrebbe volentieri tirati con vaso e terriccio), insomma Burroughs è stata una vera e propria rockstar. Scrittore, saggista e pittore statunitense, nonostante non ne sapesse di musica ha avuto un’influenza immensa nel rock, nel punk e nel cyberpunk, nella musica industriale, nell’hip hop, nell’heavy metal (espressione da lui mutuata: “Uranian Willy – The heavy metal kid”), e più in genere è ritenuto un guru della drug culture, della controcultura. Prima di tutto Burroughs è stato un grande autore: scrisse 18 romanzi, 6 raccolte di racconti, 4 raccolte di versi, ma ebbe anche il tempo di vivere un’esistenza lunga e intensa, visionaria e controversa quasi quanto la propria opera. Viaggiò moltissimo: Messico, Tangeri, Parigi, Londra ecc. Era omosessuale ma ha avuto due mogli: una la sposò per farle ottenere il visto per gli Stati Uniti, l’altra la sposò per amicizia, ma ebbe anche un figlio da lei e poi la uccise. Burroughs apparve in vari film: Drugstore Cowboy di Gus Van Sant, per esempio, e fu amico di vari musicisti, tra cui Iggy Pop. Alcuni hanno mutuato sue espressioni letterarie: Thin White Rope, Soft Machine, The Wild Boys dei Duran Duran, ecc. Collaborò con Arcadia, U2, Laurie Anderson, Kurt Cobain, con cui produsse nel 1993 The Priest They Called him, tratto da The Junkie’s Christmas, storia di un prete tossicomane. La loro collaborazione fu l’anello di congiunzione tra la mitica Beat Generation e il Grunge. Fu la chiusura di un cerchio. Cobain aveva il mito di Burroughs (entrambi avevano la passione per eroina e armi), così come David Bowie,
Burroughs cominciò a scrivere da adolescente. I suoi maestri letterari erano Joyce, Shakespeare, Rimbaud, Kafka, Eliot e Conrad, e ha sostenuto che gran parte della sua opera è un dettato diretto di Hasan I- Sabbah (fondatore della cultura Ismali del 1000. Sperimentatore, volle provare tutto e lavorò in maniera saltuaria perché dopo la laurea fu sostenuto dalla famiglia, ricca e borghese.
Le opere di Burroughs sono caratterizzate da un taglio fortemente autobiografico e una scrittura lirica, poetica anche nelle scene più squallide: la droga è centrale nella sua vita e nella sua opera: morfina, eroina, ogni tipo di droga, ma anche l’esoterismo, lo sciamanesimo, l’esorcismo. Si rivolse a uno sciamano per liberarlo dallo spirito del male, che comunque permeava anche la società americana sotto forma di una smodata avidità di denaro. Nell’ottica di B. la macchina della morte può solo essere distrutta distruggendo la logica, il logos. La sua satira investe tutto ciò che è falso, primitivo e malato nella vita americana: gli abusi di potere, il culto dell’eroe, la violenza insensata, l’ossessione materialistica, l’intolleranza e le molte forme di ipocrisia. Ma anche Burroughs stesso, con la violenza insensata che tolse la vita alla giovane moglie e per cui non scontò mai alcuna pena, con il culto di pistole e armi, con il vitalizio concesso dalla famiglia che gli permise di girare il mondo e dedicarsi alla sperimentazione nel sesso e nelle droghe incarnando il guru della controcultura e del ribellismo, fu in un certo senso espressione della cultura che combatteva nelle sue opere.
Elisa Giobbi