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Preparativi di viaggio: quell’insana passione per “la lista”

LOVELY RITA (Lennon – Mc Cartney)

LOVELY RITA (Lennon – Mc Cartney)

Paul McCartney – voce, pianoforte, basso, pettine e carta velina
John Lennon – cori, chitarra ritmica acustica, pettine e carta velina
George Harrison – cori, chitarra ritmica acustica, pettine e carta velina
Ringo Starr – batteria, pettine e carta velina
George Martin – pianoforte

Registrazione: 23 febbraio 1967
Produttore: George Martin
Fonico: Geoff Emerick

 

 

 

Quando sarò vecchio e perderò i miei capelli,
Fra parecchi anni,
Mi manderai ancora biglietti di San Valentino,

Dolce Rita, ragazza parchimetro
Niente può mettersi tra noi
Quando fa buio mi traino via il tuo cuore
Stava accanto ad un parchimetro
Quando intravidi Rita
Che riempiva un biglietto nel suo libriccino bianco

Innamorarsi di una vigilessa

Nessun cenno autobiografico per questo pezzo di Paul, ma semplicemente il genio di fare di una piccola idea un brano pop squisitamente elegante e a suo modo un po’ pazzo.

 

«Stavo strimpellando il piano un giorno a Liverpool, quando qualcuno mi disse che in America le addette ai parchimetri vengono chiamate “meter maids”. Lo trovai divertente; mi venne così in mente una “Rita meter maid”, e pensai che avrebbe dovuto essere la protagonista di una canzone un po’ risentita, qualcosa tipo “mi hai portato via la macchina e quindi oggi sono arrabbiatissimo…”. E pensavo a una donna un po’ antipatica; ma poi ho capito che invece sarebbe stato meglio amarla, perché era un po’ stravagante, così vestita da militare, con la sua borsa sulla spalla. Una con cui devi metterti sull’attenti, però simpatica».
Paul McCartney, South Bank Show

Col berretto sembrava molto più vecchia
E la borsa a tracolla
La faceva un pò sembrare un militare

Dolce Rita, ragazza parchimetro,
Posso domandarti con discrezione
Quando sei libera per prendere un the con me?
Rita!

La portai fuori e cercai di conquistarla
Ci divertimmo e dopo cena
Le dissi che avrei proprio voluto rivederla
Ci portarono il conto e Rita lo pagò
L’accompagnai a casa quasi lo feci
Seduto sul divano con una o due sorelle

La registrazione e la storia della carta igienica

«Poteva anche non essere roba nostra, non doveva necessariamente essere il tipo di canzone che scrivevamo noi, poteva
essere benissimo essere stata scritta da altri… Magari avresti potuto scriverla tu una canzone su una Lovely Rita, la
vigilessa… Paul McCartney avrebbe potuto non scriverla mai… Ma qualcun altro sì, e ciò era per noi estremamente
liberatorio; è questo il modo in cui consideravamo tutta la faccenda».
Paul McCartney, South Bank Show

La registrazione avrebbe dovuto impiegare poco tempo. Non fu così in effetti. Passarono alcuni giorni di “decantazione” fra una sessione e un’altra.

Come sempre, i Beatles e george Martin si divertirono ad arricchire la registrazione con trovate decisamente inusuali: come ad esempio, alla fine del brano, soffiare in pettini rivestiti della carta igienica della EMI.

Può sembrare incredibile ma questo era per i Beatles un modo per prostestare della scarsa qualità del prodoto adatto, secondo loro, soltanto ad essere suonato come un kazoo.

E la cosa ancora più incredibile è che i rotoli della carta igienica sono finiti all’asta fino a 100 sterline a strappo.

Il pianoforte fu suonato da George Martin in stile honky tonk e a una velocità più bassa, così come la voce di Paul.

Una curiosità: Syd Barrett, Roger Waters, Rick Wright e Nick Mason) erano presenti in studio.

 

 

 

 

 

 

Oh bella Rita, ragazza parchimetro
Dove sarei senza di te?
Strizzaci l’occhio e fammi pensare a te

Dolce Rita, ragazza parchimetro

Cover e live

Come sempre per tutti i brani dei Beatles, in molti si cimentarono nel reinterpretare questo pezzo. Tra tutti ci diverte segnalare Big Daddy in una versione anni ’50 decisamente squisita.

In coda all’articolo: una performance live di Paul Mc Cartney a Liverpool nel 2015 e la versione originale.

Ernesto Macchioni

Ernesto Macchioni

Il mare in tempesta fu improvvisamente colpito ai fianchi da un milione di tonnellate di olio. Fu così che venne alla luce Ernesto Macchioni in un'inaspettata giornata d'estate in pieno novembre 1961. La finestra fu finalmente aperta, Ernesto si affacciò e venne invaso da un fiume di luce e salmastro. L'infanzia la passò a cercare di capire se era meglio saper giocare a pallone o ascoltare la musica. Scelse la seconda ipotesi, senza rendersi conto di quanto si sarebbe complicato la vita. Il mare lo guardava perplesso. Faceva le scuole medie quando imparò a suonare la chitarra. Divenne amico intimo di Francesco Guccini, Francesco De Gregori, Lucio Battisti, cercando di scacciare l'inopportuna presenza di Claudio Baglioni. Erano amici fidati, a loro non importava se non sapevi giocare a calcio. Il mare scuoteva la testa. Alle superiori si illuse che il mondo era facile e cambiò religione diventando comunista. Bussarono alla porta di casa gli Inti-illimani e li fece entrare. (Battisti lo nascose nell'armadio). Claudio Lolli chiese "permesso" e lo fece accomodare. Pink Floyd e Genesis erano degli abitué ormai da tempo. La casa era piena di gente. Sua madre offriva da bere a tutti (ma non riuscì mai a capire cosa ci faceva quel ragazzo riccioluto rintanato fra i vestiti). Il mare aspettava. Venne l'ora provvisoria del buon senso e del "mettisufamiglia". La chitarra si era nel frattempo trasformata in un pianoforte. La casa era grande adesso e, oltre ai figli, poteva contenere anche vecchi giganti come Chet Baker e Miles Davis, lo zio Keith Jarrett e il nipotino Pat Metheny. La moglie offriva da bere a tutti, compreso Lucio Battisti che si era da tempo tolto la polvere dell'armadio di dosso. Qualcuno aveva infranto i sogni e il muro di Berlino, scoprendo che era fatto di carta come loro. Il mare si fece invadente e, stanco di aspettare, entrava anche in casa nei momenti più inopportuni. Era una folla. Quando Ernesto decise di far entrare anche Giacomo Puccini, Giuseppe Verdi e Gabriel Fauré la situazione cominciò a farsi insostenibile. Soprattutto quando il nostro protagonista scoprì che tutti, ma proprio tutti, compreso Francesco Guccini, sapevano giocare a pallone. Era un caos indefinibile vederli giocare fra le stanze, scoprire che De Gregori poteva benissimo entrare in sintonia con Giacomo Puccini e servirgli un assist da campionato del mondo preciso sulla testa. E tutto sotto lo sferzante vento di libeccio che infuriava in tutta la casa. Il mare si godeva le partite con un braccio sulla spalla di Ernesto, in totale stato confusionale. Quando in casa entrò Wolfang Amadeus Mozart la casa scoppiò. Ernesto lo trovarono sorridente fra le macerie. Lo videro togliersi i calcinacci dalle spalle, prendere un pallone e cominciare a palleggiare (un po' impacciato a dire il vero). Qualcuno giura di aver visto Lucio Battisti, con indosso una giacca di Ernesto, allontanarsi allegramente a braccetto con Giuseppe Verdi. Il mare, un po' invecchiato, respirava adagio sulla battigia.

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