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Preparativi di viaggio: quell’insana passione per “la lista”

A piedi pinnati sott’acqua

A piedi pinnati sott’acqua

Anche oggi parliamo di archeologia subacquea e di un luogo che consiglio vivamente di visitare.

Le città antiche possono essere state sepolte sotto cumuli di terra, dalla sabbia dei deserti, ma anche inghiottite dal mare… questo è il caso di Baia situata nel comprensorio dei Campi Flegrei, conosciuta area vulcanica vicino a Napoli; tutta l’area insiste nella caldera dell’omonimo vulcano nato circa 15000 anni fa durante l’eruzione del Tufo giallo napoletano e il cui cratere è l’odierno golfo di Pozzuoli.

A causa dei fenomeni di bradisismo che caratterizzano il vulcanesimo secondario  della zona, la città romana si inabissò  progressivamente a partire III secolo d.C. ed oggi i resti dell’abitato si trovano sott’acqua a circa 400-500 m dall’attuale linea di costa.

Dal 2003 la città sommersa è stata oggetto di una campagna di sperimentazione nell’ambito della conservazione e del restauro dei beni culturali in situ.

La Convenzione Unesco, Parigi 2 novembre 2001, raccomanda tale tutela anche se il bene si trova sott’acqua. In particolare si rileva l’importanza di mantenere il manufatto nel contesto in cui è stato rinvenuto, affinché non ne siano alterati il messaggio storico che esso tramanda e la sua natura e , non di meno, affinché possa essere fruito da parte della popolazione anche in ottica turistica (come avviene per il Parco Archeologico Sommerso di Baia). Sarebbe sempre preferibile, ove possibile, operare tutti gli interventi per mantenere in loco il Bene Archeologico. L’ambiente subacqueo, inoltre, rappresenta spesso il miglior luogo in cui conservare un manufatto sommerso. Nei lunghi secoli, o addirittura millenni, di permanenza in questo specifico ecosistema, spesso con scarsa presenza di ossigeno disciolto e sotto la protezione di sedimenti e patine incrostanti, l’oggetto rimane in un equilibrio chimico-fisico che, l’attività di rimozione può bruscamente interrompere, attivando tutti quei processi di deterioramento che portano alla distruzione dello stesso.

I manufatti per cui è conveniente il recupero dal mare sono quelli per i quali non è possibile assicurare una reale protezione contro gli interventi clandestini o per i quali si rende necessaria un’indagine diversa atta a comprenderne e divulgarne il significato storico.

Per questo Baia, adesso, è visitabile e fruibile anche attraverso i più moderni sistemi attuabili in ambiente sommerso.

Per ricostruire il paesaggio in cui era inserita la fiorente località romana dobbiamo tornare a, più o meno, 2.500anni fa, momento in cui quando l’attuale porto che adesso si trova tra Punta Epitaffio e il castello aragonese era in larga parte occupato dalla terraferma e si suoi estremi si chiudevano a formare il lacus baianum che fu successivamente collegato al golfo di Pozzuoli da un’apertura artificiale . 

L’area di Pozzuoli abitata dai coloni greci e da comunità locali raggiunse però il suo massimo splendore dal I secolo a.C. (In piena Repubblica romana) quando non si riuscivano più a distinguere i confini di Baia da quelli di Bauli (l’antica Bacoli) e di Puteoli (Pozzuoli). Era una zona ricca, frequentata dalle aristocrazie le cui ville manifestavano la ricchezza ed il grado sociale dei rispettivi proprietari ed avevano un aspetto maestoso, sapientemente  rifinite e dotate quasi tutte di peschiere o piscine per l’allevamento delle murene che per l’epoca erano uno dei maggiori status symbol per celebrare lo sfarzo e l’opulenza in cui i proprietari vivevano.

Dopo il primo secolo d.C., Baia che era stata soprannominata  “la piccola Roma” divenne  residenza estiva degli imperatori  resa alla moda anche dalla presenza della  villa imperiale, il Pausilypon da cui prese nome promontorio e che fu  di costruita dal ricco liberto Publio Vedio Pollione; egli alla sua morte avvenuta, nel 15 a.C., nominò Augusto (futuro primo imperatore di Roma) erede di tutti i suoi beni, Pausilypon compreso che fu successivamente ingrandita ed abbellita come proprietà imperiale.

Senz’altro, la bellezza naturalistica con il mare, la macchia mediterranea e la collina che incorniciavano l’insediamento ne incrementavano il fascino cantato anche da  Orazio (65 a.C.- 8 d.C.), il celebre poeta latino nelle sue epistole “Nullus in orbe sinus Baiis praelucet amoenis”, nulla al mondo risplende più dell’ameno golfo di Baia.

Al giorno d’oggi la meravigliosa città romana di villeggiatura  giace nel fondale sabbioso del golfo, tra la Punta Epitaffio e la Punta del Castello, a profondità variabile da un minimo di 2 m ad un massimo di 16m, ed è diventata un parco archeologico sommerso nel quale si può letteralmente passeggiare sott’acqua con le bombole, lungo le vie e gli edifici sapientemente restaurati.

Facendo diversi itinerari si possono ammirare le splendide statue, i mosaici perfettamente conservati, le murature, le colonne, i resti di Portu Iulius, la villa dei Pisoni (dove pare sia stata ordita la congiura contro Nerone).

Si può vivere, quindi,  un’esperienza  senza dubbio ancor più affascinante perché immersa in un ambiente marino unico (è parco naturale) che ha cristallizzato ed avvolto in un abbraccio liquido la storia dei luoghi.

Per poterlo visitare ci sono diversi operatori autorizzati dalla Soprintendeza che fanno tour subacquei o in battello con il fondo trasparente.

Vi invito a consultare la pagina Facebook dell’area marina protetta https://www.facebook.com/ampbaia.centrovisite/?ref=page_internal

Per informazioni sui diving autorizzati ci si può rivolgere al  Centro Visite AMP Parco Sommerso di Baia (tel. 0815232739, via Lucullo 94, 80070 Bacoli).  

A presto!

Federica Mazza

Federica Mazza

Surfista e archeologa marina o “subacquologa”, come ama definirsi con i colleghi. Il suo blog "Acqua Salata" è un diario di esperienze, riflessioni, viaggi e culture condito ogni tanto da qualche nota storico archeologica.

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