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Preparativi di viaggio: quell’insana passione per “la lista”

EP.14: La nostra top 10! – feat.Gabriele Bitossi

EP.14: La nostra top 10! – feat.Gabriele Bitossi

Il comando di questo compito era il seguente: cinque film visti nel 2020 che ci sono piaciuti, settecento battute ciascuno. Sembra semplice ma credetemi non lo è. In primis perché il 2020 è stato un anno povero di uscite ma ricco di visioni (anche voi avete passato molto tempo in casa ultimamente?) e in secondo luogo perché per una prolissa come me, mantenermi in un numero di caratteri non è sempre semplice.
Si dice che esistano due tipi di persone: quelle che si descriverebbero in otto righe e quelli che ci metterebbero ottocento pagine. Alcuni di questi film avrebbero meritato ottocento pagine, su alcuni sono già state stese, ma io credo che i prodotti immortali della storia del cinema siano proprio quelli che permettono una sintesi senza abdicare alla loro complessità, perché lasciano alle parole degli altri un compito solo postumo, che mai accresce (e certamente mai scalfisce) il valore oggettivo delle cose.

 

La top 5 di Francesca

Lazzaro Felice, Alice Rohrwacher (2018)

Ho incrociato Lazzaro sulla copertina di un dvd con i suoi ricci neri e le sue spalle cadenti chiuse dentro una t-shirt bianca infilata nei pantaloni. Ha lo sguardo vacuo ma l’espressione serena, le labbra timidamente arricciate all’insù, sembra felice per davvero. Eppure non ne avrebbe motivo: conduce un’esistenza grama fatta di lavoro nei campi e di soprusi da parte della sua numerosa famiglia, una vita di poche parole, da analfabeta del mondo. Il tempo gli scorre addosso e lui non cambia, rimane una creatura ingenua, giovane e imperturbabile. La felicità vera e propria arriva assieme ad un giovane dai capelli ossigenati che indossa abiti moderni, anacronistici rispetto a quelli lisi che veste la famiglia di Lazzaro, sembra provenire da un’altra epoca, e in parte è così.
Nel mezzo troviamo un grande affollamento di scrittori: ci sono la luna e i falò di Pavese, ci sono i Malavoglia nel loro naufragare col progresso, c’è il fatto cronachistico da microstoria Sciasciana, c’è il pastore errante di Leopardi che solo con la natura si interroga sulla sua umanità. E in tutto questo, c’è Lazzaro che con il suo sorriso vacuo sulla copertina sembra dirci che in fin dei conti la felicità è una piccola cosa.

Il mio vicino Totoro, Hayao Miyazaki (1988)

Il mio vicino Totoro è la fiaba estiva di un’attesa. Due sorelle si trasferiscono col padre in una casa infestata di buffi spiritelli in una località di campagna nei pressi dell’ospedale dove la madre è ricoverata in attesa di responso. Nel bosco limitrofo alla casa sonnecchia Totoro, gigantesco morbidissimo mostro dalla natura rassicurante e lo sguardo enigmatico. Che Totoro esista o sia solo la fantasiosa creazione di due bambine spaventate non è il merito della questione, e di fatto l’immaginazione è un terreno insondabile.
Ciò che si impara da questo film è che essere sorelle maggiori è talvolta un compito difficilissimo e che la tenerezza è una dote innata, non è una cosa che ci si aspetta di ricevere, quanto una cosa che va praticata.
E che a volte basta offrire un ombrello come riparo contro il temporale, per riparare una persona anche dal temporale che ha dentro.

Eyes wide shut, Stanley Kubrick (1999)

Okay, immagino che questo lo conosciate bene. Sì, è quel film in cui una sensualissima Nicole Kidman nel fiore degli anni e nel pieno delle sue facoltà erotiche sillaba con labbra dipinte la parola “fuck”, “scopare”. Rendiamo perciò il giro di presentazioni il più snello possibile: Ted e Alice Harford (Tom Cruise e Nicole Kidman) sono una coppia iper borghese il cui equilibrio sessuale e sentimentale viene repentinamente sconvolto dal desiderio di tradimento di lei nei confronti di lui. E’ un film sul sesso? Non del tutto, ma tenteranno di vendervelo come tale.
E’ piuttosto la storia di tradimenti reciproci mai consumati, trasformatisi in ossessione e gelosia che logorano una coppia. Ciò che Kubrick e il suo occhio documentaristico osservano in questa parodia di un dramma sentimentale è la tendenza innata dell’essere umano a nuocere al suo simile solo per vedere l’effetto che fa, e di come il sesso riesca a ricucire gli strappi provocati, come punti di sutura che legano due lembi di carne in uno solo.

Ricordi?, Valerio Mieli (2019)

-In fondo le cose sono belle perché sai che finiscono.
-No, le cose sono meno belle perché ci angosciamo che finiranno.

Avevo già fatto cenno a questo piccola produzione italo-francese in un altro articolo con la promessa di ritornarci sopra prima o poi. Mantengo la promessa: Ricordi? è un film sull’amore e sull’arbitrarietà del ricordo.
I due protagonisti (Luca Marinelli e Linda Caridi) privati dei nomi, sono personaggi costruiti di soli ricordi condivisi declinati di volta in volta prima dagli occhi azzurro cupo di lui, poi da quelli nero vivo di lei e viceversa.
E’ la “storia d’amore di tutti noi”, ed è anche la storia di come il ricordo riesca ad ingannarci, gettando nuova luce su cose che nel presente in cui vissero non erano così radiose, o al contrario facendo il fiocco alla benda sui nostri occhi della quale ci serviamo per passare fra i ricordi più dolci sperando di superare indenni il ricatto della nostalgia. Quel che si impara da questo film sul passato, è a vivere il presente chiudendo gli occhi e trattenendo il fiato di fronte al futuro.

Nuovo Cinema Paradiso, Giuseppe Tornatore (1988)

Approfitto del limite di settecento caratteri che io e il mio collega ci siamo imposti di rispettare per rimandare il tutto ad una trattazione più approfondita, benché di questo film se ne potrebbe parlare per giorni e settimane e si finirebbe comunque per dire qualcosa che è già stato detto. Ma se il comando del compito era parlare dei film che hanno contato di più per noi nel 2020, non posso esimermi dal tirarlo in causa come uno dei film che ha avuto più importanza nel mio flirt accanito col cinema.
Allora mi limiterò a tratteggiarne la storica trama e starà a voi decidere se ne vale la pena (spoiler alert: it does) Palermo sul finire della seconda guerra mondiale, un bambino comincia precocemente la sua carriera come operatore del cinematografo in un piccolo cinema di parrocchia locale dove le pellicole subiscono censure austere, sulle orme del vecchio proprietario che sarà il suo mentore nella vita. E’, la storia di una vita raccontata attraverso i frammenti di altre vite documentate o inventate, la storia del cinema tutta racchiusa nella storia di un cinema.
E se alla fine non vi scappa almeno una lacrima, forse è il caso di intraprendere un percorso di psicoterapia.

 

 

La top 5 di Gabriele

In Bruges – La coscienza dell’assassino – 2008 – M.Mc Donagh

Forse è questo l’Inferno: dover passare l’eternità in questa cazzo di Bruges.

Appena ho iniziato il film, non sapevo nemmeno dove fosse Bruges, colpa del 19 in geografia probabilmente; a fine visione, è diventata la mia prossima meta. Peccato per la pandemia, però. Questo film è un noir atipico, in quanto riesce a giocare con tutti gli stereotipi del genere, ribaltandoli e risemantizzandoli in qualcosa di unico. Partiamo, proprio, dall’ambientazione: la città in cui si svolge questo dramma nerissimo è la protagonista silenziosa della vicenda, catturata in tutta la sua sensualità e nel suo essere sospesa tra presente e passato. Il paesaggio è liminale esattamente come lo sono i nostri tre personaggi, cristallizzati in un tango a tre, estremamente affascinante e contraddittorio. Sono criminali di città che si recano in Belgio per espiare colpe, o per redimersi facendole espiare agli altri. Ve ne consiglio assolutamente la visione se siete in cerca di un noir dalle tinte surreali, con personaggi così umani da risultare fastidiosamente autentici.

The Wrestler – 2008 – D.Aronofsky

Questo è l’unico posto dove non mi faccio male.

Se parliamo di umanità, non posso non ricollegarmi a questo capolavoro. Siamo in New Jersey e il nostro Randy è un wrestler alla deriva, combattuto, o meglio, crocifisso tra voglia di ribalta sul ring e riscatto con gli affetti familiari. È la passione di Cristo moderna, tra steroidi e anabolizzanti. L’incedere lento e doloroso del nostro colosso biondo che inesorabile ci conduce, mano nella mano (speriamo non stringa troppo) ad un finale esplosivo, e dolorosamente irripetibile. La camera è sempre posta vicinissima al nostro eroe, come se lo spettatore si trasformasse in una presenza invadente che spia e si trasforma in testimone del cammino esistenziale senza meta del nostro protagonista. Consiglio a tutti la visione di questo film, specialmente se volete assaporare un’esistenza totalizzante che vi scuota le interiora e vi faccia conoscere un nuovo, indimenticabile, amico.

Gli spietati – 1992 – C.Eastwood

Io ho sempre avuto fortuna quando si tratta di ammazzare cristiani.

Sono in difficoltà a parlare di quest’opera perché rappresenta la summa di uno dei miei generi preferiti, e in più, è girata ed interpretata dall’uomo che, prima di qualsiasi parvenza di spirito critico, mi ha fatto appassionare a questo mondo claustrofobico grazie alle sue tre espressioni. Il titolo parla da solo: ci troviamo dinnanzi ad una storia di vendetta, mai così cruda e mai così vera. Siamo di fronte al canto del cigno del Western, ad un’opera che, alla stregua di film come C’era una volta il West, celebra quest’epopea magnifica, ma allo stesso tempo ne scrive il necrologio. La frontiera non è mai stata così meravigliosa e questo film non è altro che la lettera d’amore spedita da Eastwood ad un immaginario nel quale si sono perduti e ritrovati milioni di spettatori. Consiglio la visione di questo film agli amanti del genere, o a chi il genere lo detesta, in modo che si possa completamente ricredere.

 

Ultimo tango a Parigi – 1972 – B. Bertolucci

Che ci fa qui l’amore? Andate al cinema per vedere l’amore!

Mea grandissima culpa aver recuperato questo diamante solo quest’anno, ma a volte anche l’Università serve a qualcosa. È un film che affascina tanto quanto disturba: al racconto di due anime perse, il regista affianca una riflessione incredibile sul potere del cinema e dell’immaginazione. La funzione voyeuristica dello spettatore viene messa a nudo e la quarta parete che protegge il fruitore viene demolita senza pietà. L’opera è catartica ed è necessaria per conoscersi, e soprattutto riconoscersi, nei panni di coloro che stanno assistendo e filmando quel tango folle, animalesco e bellissimo. È una visione tosta, non tanto per i temi trattati, ma perché richiede un coinvolgimento totale da parte dello spettatore, che deve fare un patto col diavolo, in questo caso trasfigurato nel regista, per non cadere vittima di quella finzione che sta contribuendo anch’esso a creare.

Ex machina – 2015 – A. Garland

Tu hai qualcuno che può spegnerti quando vuole? E perché io sì?

Abbiamo parlato poco fa di creazione, e non posso esimermi dal parlarvi di questo gioiellino. Ho sempre pensato che la narrazione di genere fosse la più adatta a raccontare la realtà, e quando questa riesce ad inserire delle riflessioni estetico/filosofiche all’interno di un film coi robot, direi che ci siamo alla grande. Cosa divide l’uomo dalla macchina, e soprattutto cosa separa l’essere umano dalle sue creazioni? Questo film non fornisce risposte, ma aiuta sicuramente a formulare le domande giuste. Con la tensione claustrofobica di una pièce di Sarah Kane, consiglio quest’opera a chiunque voglia mettere in gioco le sue più salde certezze e sia pronto a rinnovarsi, tra i circuiti e i labirinti più oscuri della nostra psiche.

 

Spesso ciò che ci fa emozionare, ciò che ci divora, agli altri scivola addosso, ma io e Francesca, che ringrazio per avermi ospitato nel suo straordinario spazio, ce ne freghiamo abbastanza, in quanto siamo soliti consigliare roba bella a profusione. L’arte è un rifugio, un’oasi che ci accoglie in queste bizzarre giornate, di quest’ancor più bizzarro dicembre. Speriamo che questi film possano allietare le vostre giornate, e riscaldino il vostro inverno. Con un abbraccio virtuale e mascherina-munito, vi auguriamo una buona visione.

 

Francesca Cullurà

È laureata in Lettere all’Università di Firenze ma se la cava discretamente anche nella sacra arte del darsi l’eyeliner. I suoi interessi sono la letteratura, la Formula1 e il vecchio cinema italiano. È convinta di saper guidare meglio di molti uomini.

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