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Il Patrimonio Archeologico Subacqueo

Il Patrimonio Archeologico Subacqueo

Oggi non tratteremo di surf o kite perché, come diceva ironicamente il mio professore, siamo surfisti di professione ma che fanno anche gli archeologi.
Dunque vi parlerò di qualcosa che mi sta molto a cuore: la tutela e difesa del patrimonio archeologico subacqueo, che pur sembrando di una noia mortale, riveste una grande importanza.
È finalmente estate, periodo di mare e di lunghi bagni magari con maschera e pinne; alcuni di voi si immergeranno con le bombole o in apnea ed avranno la possibilità di visitare più a lungo i nostri fondali. L’Italia si trova al centro del Mediterraneo, crocevia di popolazioni che hanno operato nei millenni traffici, scambi e commerci.
Il mare nostrum è stato solcato fin dalla più remota antichità da imbarcazioni che trasportavano persone e merci durante viaggi che spesso non andavano a buon fine. È dunque piuttosto facile imbattersi durante le nostre passeggiate subacquee, in qualcosa di molto antico che giace sul fondo, perché affondato, o costruito sulla terraferma ma adesso sott’acqua grazie all’innalzamento dei mari od altri fenomeni geologici.
Il discorso su quanto sia importante l’archeologia subacquea e sull’enormità dei traffici e delle opere marittime in epoca romana o precedente lo lascio ad altri momenti; oggi mi preme fare sensibilizzazione sul rispetto del patrimonio antico subacqueo (che oltre ad un dovere civico è un obbligo sancito dalla legge) e vi racconterò la storia di due relitti ed una peschiera romana.
Sono storie semplici e scelte apposta per farvi capire quanto sia facile imbattersi in qualcosa di antico e prezioso nei nostri mari. Prezioso non tanto per il valore monetario, quanto per le informazioni storiche che ci trasmette, per la narrazione di uno spaccato di vita che è possibile ricostruire attraverso quel particolare manufatto.
Partiamo da Quercianella, paesino di villeggiatura a sud di Livorno, con un’acqua bellissima. Un pomeriggio di tre anni fa, durante un giro di snorkeling volto più che altro a infastidire pesci, mi imbattei in quello che rimaneva di un carico anfore di una nave romana presumibilmente del I secolo a.C.
Ormai quasi tutti i manufatti erano concrezionati agli scogli, ma si distinguevano bene ancora molti colli di anfora con i loro peculiari bordi, le anse (i manici) e le pance. Cercai tracce del relitto in letteratura, trovai alcune segnalazioni e tornai a visitarlo; notai con disappunto che oltre a me si erano interessati anche altri, che, pur di portarsi a casa un “tesoro”, non avevano esitato a spaccare la scogliera.


La seconda storia riguarda il relitto tardo romano di Balos a Creta; durante i primi di ottobre del 2016, per puro caso in un punto defilato della spiaggia invasa dai turisti, mi si aprì davanti agli occhi uno spettacolo da lasciare a bocca aperta. Su un fondale sabbioso di pochi metri, centinaia di vasi, la maggior parte dei quali integri, che descrivevano ancora la loro disposizione nello scafo dell’imbarcazione ormai sparita.
Di questo relitto nessuna traccia tra articoli e segnalazioni, segnalazione che invece io feci alle autorità greche.

Il terzo aneddoto è la peschiera romana di Ardenza a Livorno. Per chi non lo sapesse una peschiera è un impianto per l’itticoltura costruito in mare, generalmente ricavato dallo scavo della scogliera.
L’importanza di questo manufatto in quella zona è di una certa rilevanza; il territorio della città è stato sicuramente frequentato in epoca romana, ma le testimonianze di questa presenza sono purtroppo esigue, quindi ogni tassello che può essere aggiunto nella ricostruzione della Livorno antica è davvero inestimabile.


Tre episodi che si realizzano nella loro semplicità e banalità e che sottolineano quanto sia fragile la tutela del patrimonio archeologico subacqueo senza un’adeguata sensibilizzazione e coinvolgimento del pubblico.
Se i fondali di Quercianella o di Balos vengono depredati o se la peschiera di Ardenza non fosse stata studiata si sarebbero perse le tracce della nostra storia locale, così come come altre importanti scoperte sulla navigazione, sulla vita, sui commerci di chi viveva lungo le coste e solcava con perizia il Mediterraneo.
Ci dovrebbe essere da parte di tutti un intimo rispetto verso quello che riemerge dal passato dato che rappresenta la nostra civiltà e che è alla base di ciò che siamo oggi.
Per questo invito tutti a lasciare ogni ritrovamento dove si trova ed a fare la segnalazione alle autorità competenti, ma contemporaneamente vi invito anche a fare un esercizio di fantasia e curiosità; non sapete quanto possa essere divertente e stimolante scoprire che la vita, i sentimenti e l’umanità in antichità non fossero dissimili dalla realtà odierna e quanto i nostri predecessori abbiano incredibilmente ancora qualcosa da insegnarci.
Giochiamo quest’estate a “Indiana Jones e l’Anfora Perduta”, buon bagno!

Federica Mazza

Federica Mazza

Surfista e archeologa marina o “subacquologa”, come ama definirsi con i colleghi. Il suo blog "Acqua Salata" è un diario di esperienze, riflessioni, viaggi e culture condito ogni tanto da qualche nota storico archeologica.

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