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Preparativi di viaggio: quell’insana passione per “la lista”

A IMPERITURA MEMORIA

A IMPERITURA MEMORIA

A IMPERITURA MEMORIA.

In queste settimane l’opinione pubblica italiana, appena riemersa dal lockdown e con la prospettiva a settembre di una crisi economica devastante, ha iniziato a parlare di statue di marmo o di bronzo che siano, poste a imperitura memoria, nelle piazze e nei parchi del Bel Paese. Solitamente non vengono degnate di uno sguardo, considerate al pari di un qualsiasi arredo urbano, e vengono colmate di attenzioni, non solo metaforicamente, solo dai soliti piccioni . Eppure le statue non sono neutre come una panchina, solitamente bisogna sempre chiedersi “chi ha voluto quella statua” e “perchè l’ha posta in quel luogo, cosa voleva comunicare” come ha scritto su “il manifesto” lo storico Alessandro Portelli (https://ilmanifesto.it/le-statue-della-vergogna-celebrano-il-passato-ipotecando-il-presente/ ). Finalmente una sana riflessione su cosa significhino le nostre statue , testimoni inorganici del nostro quotidiano? No, almeno in Italia, dove anche il marmo si trasforma in tifoseria contrapposta , in polemica spicciola. Cominciamo a vederne le origini. Tutto o quasi è partito dalla vergognosa uccisione dell’afroamericano George Flloyd a Minneapolis il 25 maggio scorso da parte di un poliziotto bianco e violento che ha scatenato un’ondata di dure proteste in tutti gli States, arrivando a lambire la Casa Bianca del sovranista Trump. Oggi come nel passato è stata l’occasione per un esame di coscienza dell’opinione pubblica americana che risale al passato remoto, a quella Guerra di Secessione che ha modellato gli States per decenni. In questo esame sono stati coinvolti i monumenti di quei generali e politici sudisti, razzisti e fautori della schiavitù , che ancora oggi resistono nei paesi americani e rappresentano non solo il passato, ma anche il presente di un sovranismo bianco ben rappresentato da Trump. Lo stesso discorso è avvenuto negli anni Novanta con le statue del comunismo sovietico nei paesi dell’Est europeo o in tempi più recenti le statue e il mausoleo di Francisco Franco in Spagna,uno squallido sanguinario dittatore clericale che ha infestato la Spagna fino al 1975 e che ancora oggi ha ammiratori in partiti presenti nel parlamento spagnolo.

Che fare di questi monumenti ? Dopo una presa di coscienza di quello che hanno rappresentato e rappresentano possono anche essere rimossi, magari non buttati a fiume, ma possono rimanere in qualche magazzino di museo, testimonianza storica del loro passato significato (come esistono i Centri di Documentazione sul Nazismo in Germania che conservano anche statue di Hitler). Non è detto che una statua sia per sempre nello stesso luogo.

Per fare questo però, passato il momento di rabbia , bisogna capire cosa la statua ha rappresentato. Ecco perchè è limitato il modo in cui si è sviluppato il dibattito in Italia come al solito a tarallucci e vino intrecciato ad un altro interessante dibattito che è durato alcuni giorni: quello di Salvini che mangia le ciliege in conferenza stampa (in verità piuttosto maleducato, non gli ha insegnato niente la mamma?) .

Infatti tutto il dibattito si è concentrato, salvo alcune lodevoli eccezioni , sul caso del giornalista Indro Montanelli e sull’episodio della “sposa”bambina di dodici anni che Montanelli ebbe a ventisei anni, quando pieno di retorica fascista, partecipò alla guerra d’Etiopia nel 1935. Secondo l’allora usanza predatoria di molti militari fascisti di usare come serve, anche sessuali, giovani e giovanissime etiopi che venivano acquistate dalle loro famiglie miserabili,quello che era definito “madamato”. (https://www.avvenire.it/attualita/pagine/montanelli-imbrattato-dalle-femministe-chi-ha-ragione ) . Vicenda quella di Montanelli notissima fin dagli anni Sessanta quando ebbe in tv un insolito battibecco in proposito (insolito per la tv di allora) con la femminista Elvira Banotti. Quindi nessuna rivelazione inedita, bastava guardare anche la voce di Wikipedia.. La semplificazione imperante in Italia ha fatto sì che tutto si concentrasse sulla figura di Montanelli e sulla brutta statua che gli è stata dedicata a Milano alcuni anni fa. Montanelli pedofilo, Montanelli porco, sicuramente una macchia indelebile nella vita del giornalista, che non aveva mai preso nettamente le distanze da quell’episodio della propria vita. Ma era sufficiente questo, o occorreva guardarsi alla specchio, lo specchio di un paese come l’Italia che non ha mai ammesso di avere usato i gas contro gli etiopi nel 1935-36 fino al 1995 (governo Dini) ? Non era il caso di guardare l’anima nera degli italiani brava gente coinvolti in una guerra di conquista inutile e violenta?. Come scrive il giornalista Renzo Paris, ricordando la guerra di Etiopia combattuta dal padre, “la sua truppa era addetta alle retrovie. Quegli indigeni vendevano le figlie di nove anni ai soldati in cambio di pochi viveri”. C’era chi accettava avendo perso completamente i freni inibitori e chi rifiutava, la responsabilità era individuale. Ma l’importante è guardarsi dentro, guardare il nostro ruolo dimenticato in Africa, il razzismo di Stato contro gli abitanti del posto, le stragi di civili, la corruzione, la violenza con cui gli eserciti coloniali imponevano la superiorità dell’uomo bianco, spesso con il tacito supporto della Chiesa (vogliamo parlare dei crimini del pacifico Belgio in Congo?) e in cui rientra anche questa vicenda del “madamato” . Quanti sanno che l’Italia è rimasta in Somalia fino al 1960 ? Quanti sanno che abbiamo continuato a fare i nostri affarucci e affaracci in Africa Orientale fino a tempi dannatamente recenti? Quanti fanno finta di non sapere che gli eredi di quelle popolazioni conquistate e brutalizzati sono quei ragazzi e ragazze che troviamo nelle nostra strade, nei nostri campi e che guardiamo con sufficienza o disprezzo. “Che tornino a casa loro” i “negri” ! Ecco quando ci saremo guardati dentro potremo guardare a ieri per capire oggi , potremo spostare anche la statua di Montanelli, prima no, troppo facile. Troppo facile perdonarci con un secchio di vernice. Così come non abbiamo mai fatto un’analisi come nazione sul nostro essere fascisti, che per questo motivo anche oggi è un passato che ritorna. A noi italiani è sempre piaciuto trovare un qualcuno che ci salvi dalle nostre responsabilità.

E per sottolineare quanto voglio dire leggiamo questo telegramma che Benito Mussolini ricevette nel settembre del 1924 : “Eccellenza, sento che questo è il momento più proprio di dichiarare una fede nutrita e servita in slenzio. SE l’Eccellenza Vostra mi stima degno di entrare nel Partito Nazionale Fascista , pregierò come massimo onore il tenervi il posto del più umile e obbediente gregario”. Leggete bene la data, settembre 1924, era stato appena ritrovato nella campagna romana il cadavere straziato di Giacomo Matteotti, il fascismo era in crisi, molti fascisti addirittura abbandonarono il partito, pochi avrebbero previsto un futuro per Mussolini dopo il crimine che era stato condannato in tutto il mondo. Eppure qualcuno scrive questo telegramma servile redatto sopra il cadavere di Matteotti, in modo metaforico, in un momento in cui Mussolini ha bisogno di appoggio. Chi lo scrive è un sessantenne colto, famoso, che non aveva bisogno di scrivere una cosa così servile, verso un regime violento. Si chiamava Luigi Pirandello.

Tiziano Arrigoni

Tiziano Arrigoni

Massetano - follonichese - piombinese - solvayno, insomma della Toscana costiera, con qualche incursione fiorentina, Tiziano Arrigoni è un personaggio dalle varie attività: scrittore di storia e di storie, pendolare di trenitalia, ideatore di musei, uomo di montagna sudtirolese ed esperto di Corsica, amante di politica - politica e non dei surrogati, maremmano d'origine e solvayno d'adozione, ecc. ecc... ma soprattutto uno che, come dice lui, fa uno dei mestieri più belli del mondo, l'insegnante (al Liceo Scientifico "E.Mattei" di Solvay) e, parlando e insegnando cose nuove, trova ispirazione e anche "incazzature", ma più la prima, dai suoi ragazzi di ieri e di oggi.

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