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L’IGNORANZA VOLONTARIA OSSIA IL RAZZISMO

L’IGNORANZA VOLONTARIA OSSIA IL RAZZISMO

L’ IGNORANZA VOLONTARIA OSSIA IL RAZZISMO 

Primo Levi definiva il razzismo e il pregiudizio “ignoranza volontaria” ossia il rifiuto di informarsi , di avere uno spirito critico, cosa tipica dei regimi totalitari razzisti, ma presente ancora oggi. Domani è infatti la Giornata della Memoria, ma se si vuole che questa giornata rimanga viva e non sia isolata e rituale occasione, occorre coltivarla con riflessioni sempre nuove e con il rinfocolare la memoria collettiva. C’è una leggenda ebraica Hassidim che narra che quando il popolo ebraico era in pericolo il rabbi pro tempore andava in un luogo particolare di un bosco particolare, accendeva il fuoco rituale e recitava una preghiera specifica. Passarono i decenni e il rabbi Israel non ricordava più nulla di tale rituale e allora disse “tutto ciò che so fare è tenere viva la memoria di questa storia. Basterà?”.

Ecco noi ogni anno dobbiamo porci la domanda di rabbi Israel e far capire, in primo luogo, che le cose non avvengono mai a caso e che la Shoah è l’effetto finale anche se non in modo deterministico delle leggi razziali tedesche e italiane, leggi volute fortemente dal regime fascista queste ultime e non semplicemente un’imitazione forzata , come certe ricostruzioni assolutorie vorrebbero far credere (come se imitare passivamene costituisse una minore responsabilità) .

Le leggi razziali fecero credere agli italiani che i loro concittadini italiani di religione ebraica fossero una razza diversa ,attraverso una martellante propaganda. Gli italiani accettarono o furono indifferenti a questa discriminazione e noi sappiamo bene che quando si accetta una discriminazione, la cosa non può che peggiorare , fino a che lo sterminio viene considerato normale .

Oggi ovviamente il razzismo biologico è diventato marginale, rimane tuttavia un razzismo di parole (che spesso tuttavia passa ai fatti) come pulsione di aggressività contro ciò che è diverso (chi erano e quanti erano i cittadini italiani di religione ebraica in Italia alla fine degli anni Trenta e cioè poche migliaia, diventa secondario, per l’italiano medio non importava saperlo , non se lo poneva neanche come domanda) . Oggi è appunto un razzismo di parole che si insinua nel senso comune, compreso un ritorno dell’antisemitismo su basi nuove, e che naviga sui social , con fake news ma anche on notizie reali ma manipolate .

Tale razzismo viene spesso a coincidere con il disprezzo per la povertà ed è figlio del pregiudizio (chi ricorda i pregiudizi sugli immigrati meridionali al Nord negli anni Cinquanta quanto si parlava dei terroni così ignoranti da piantare i pomodori nella vasca da bagno!) . Il povero fa paura, lo statunitense e il somalo sono entrambi extracomunitari, ma il somalo è un po’ più extracomunitario. Eppure come scrive la scrittrice somala Igiaba Scego “negli anni Sessanta i somali belli ed eleganti facevano belle feste davanti al mare con aragoste e branzini : se qualcuno avesse detto loro che i figli o i nipoti avrebbero preso il barcone (e non l’aereo come loro) per andare in Europa non ci avrebbero creduto”. Si fa pesto a diventare extracomunitari di serie B o C.

Da dove deriva allora tale razzismo di ritorno ? Sicuramente dalla solitudine dell’uomo europeo, dal sentirsi solo di fonte ad una società frantumata e globalizzata allo stesso tempo, che non dà risposte, neanche la tradizionale sinistra da anni convertita ad un neoliberismo rampante. E allora ecco l’ignoranza volontaria descritta da Levi, il rifugiarsi in un’identità di comodo, che elimina tutta la memoria che può far male o non è coerente con la narrazione di un passato splendido e lineare.

Ecco il richiamo all’uomo forte che già mostra i primi effetti in Polonia e in Ungheria (dove sta risorgendo l’antisemitismo, ma non solo lì dove tuttavia va a toccare ambienti governativi). Si tratta di fascismo? Ovviamente hanno gioco facile quelli che dicono che non si può parlare di fascismo , se il fascismo è quello della camicia nera e degli stivaloni. Come diceva invece Fellini, commentando il suo film Amarcord , poderoso affresco d un fascismo ridicolo ma reale , il fascismo sta “nella mancanza di conoscenza di problemi concretamente reali, nel rifiuto di approfondire, per pigrizia, per pregiudizio, per comodità, per presunzione, il proprio rapporto individuale con la vita”

Ecco allora che la polemica stucchevole sulla contrapposizione fra società civile e politica , alimentata da un politica spesso inadeguata, deve ripartire dal sentirsi ognuno responsabile del bene comune.

Tiziano Arrigoni

Tiziano Arrigoni

Massetano - follonichese - piombinese - solvayno, insomma della Toscana costiera, con qualche incursione fiorentina, Tiziano Arrigoni è un personaggio dalle varie attività: scrittore di storia e di storie, pendolare di trenitalia, ideatore di musei, uomo di montagna sudtirolese ed esperto di Corsica, amante di politica - politica e non dei surrogati, maremmano d'origine e solvayno d'adozione, ecc. ecc... ma soprattutto uno che, come dice lui, fa uno dei mestieri più belli del mondo, l'insegnante (al Liceo Scientifico "E.Mattei" di Solvay) e, parlando e insegnando cose nuove, trova ispirazione e anche "incazzature", ma più la prima, dai suoi ragazzi di ieri e di oggi.

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