ON AIR


Preparativi di viaggio: quell’insana passione per “la lista”

La duplice essenza del Simbolo

La duplice essenza del Simbolo

Qualsiasi elemento (segno, gesto, oggetto, animale, persona) atto a suscitare nella mente un’idea diversa da quella offerta dal suo immediato aspetto sensibile, ma capace di evocarla attraverso qualcuno degli aspetti che caratterizzano l’elemento stesso, il quale viene pertanto assunto a evocare in particolare entità astratte, di difficile espressione”. – Treccani, definizione di Simbolo

Ovviamente si fa riferimento all’accezione figurativa di “simbolo”, quella che rivela la sua natura più intima. Stare-per-qualcosa è ciò che fa del simbolo quello che è e, contemporaneamente, che non è. Quando si dice che la colomba è il simbolo della pace, oltre al significato di questa correlazione, viene mostrata l’essenza indefinita del concetto in sé.

Potrebbe sembrare ovvio che il simbolo non sia l’elemento che rappresenta. Ma questa doppia natura di forza rappresentate universale e di vuoto ontologico accende un interesse assopito. Il suo stare-per-qualcosa caratterizza la sua duplice essenza. Da una parte tende verso l’infinito la potenzialità degli elementi che denota e dall’altra riempie la sua esistenza con significati che non gli appartengono.

Nell’economia del significato, il simbolo è un atto semiotico di compravendita. Un fatto, una persona, un’azione si fanno simbolo vendendo la loro immanenza in favore di una trascendente speranza. La realtà che abita il mondo dona una parte di sé affinché qualcosa di nuovo possa nascere e arricchire l’umanità, o annichilirla.

Il dualismo è una traccia ricorrente nello spazio opaco del suo significato, che mostra anche la sua più autentica fragilità. Le persone creano la forza del simbolo, gli conferiscono potere, in modo da ritrovarci ogni volta il senso che gli hanno donato. Ma lo stare-per-qualcosa del simbolo, qualora esaurisse la sua funzione sociale, cesserebbe di esser tale, esattamente come è venuto alla luce: in balìa di capricci umani.

In tal senso, esso non instaura un semplice rapporto a due fra l’elemento significante e l’elemento significato. C’è un terzo protagonista: l’uomo. Un triangolo che si spoglia delle sue vesti geometriche per farsi strumento socio-semiotico.

Interessante, dunque, che simbolo e persone che lo credono tale si autoalimentino. Cioè che il simbolo si nutra della speranza – o di qualunque altra espressione emotiva – delle persone per continuare ad essere tale e, in maniera speculare, restituisca quella speranza ai loro legittimi proprietari.

Il simbolo è come il silenzio. Entrambi riempiono la realtà senza appesantirla della loro presenza. Creano spazi invisibili in cui relegare momentaneamente parole e significati che straripano dal fiume in piena che è il nostro linguaggio.

Stare-per-qualcosa ne fa il mezzo più efficace per riconoscersi nell’Altro, in ciò che non si è, e che tuttavia ci permette di conoscere una volta di più noi stessi. Non c’è identità realmente definita senza il riconoscimento delle identità altrui. Il simbolo è solo un mezzo, tanto per il significato quanto per il risveglio dell’umanità.

simbolo

Edoardo Wasescha

Edoardo Wasescha

Amava definirsi un nerd prima che diventasse una moda. È appassionato di filosofia e di fisica, di cinema e di serie tv, ama scrivere perché, più che un posto nel mondo per sé, lo cerca per i propri pensieri. Il blog è la sintesi di tutto questo.

Articoli Correlati

Commenti