LA TERRA HA LA FEBBRE.
La Terra ha la febbre? Dalle ricerche scientifiche si direbbe di si, che la temperatura del termometro della Terra segna un aumento critico, se non proprio una febbre incipiente. Ne parleranno domani al summit mondiale delle Nazioni Unite sull’ambiente. Quello che fino a poco tempo fa sembrava allarmismo, sta diventando normalità che nel tempo imporrà di modificare anche abitudini e comportamenti quotidiani in tutti noi. Certo ,come ci avverte saggiamente la scienza, esistono cause naturali nei grandi cambiamenti climatici (le ultime immense glaciazioni dette del Wurm, dal placido fiumicello che scorre a Monaco, sono scomparse appena 15.000 anni fa , quando l’Homo sapiens cacciava già nelle terre di quella che sarà poi l’Europa) . Nessuno però può negare come certi processi di cambiamento si siano accelerati per l’intervento dell’uomo, per le sue emissioni sempre più pesanti, soprattutto della parte ricca del globo. Senza paventare più situazioni da “day after” con gli immancabili grattacieli di New York sommersi dalle ondate, resta il fatto che i prossimi decenni della nostra era globalizzata e informatizzata, saranno caratterizzati, da eventi che richiederanno all’umanità di rispondere a sfide epocali, dai milioni di migranti per cambiamenti climatici, alla desertificazione, ai cambiamenti delle economie agricole, ai problemi energetici, alla lotta per l’acqua, in un puzzle complesso che richiederà dei veri e propri cambiamenti di paradigma. Che la sfida sia iniziata si nota dalla mobilitazione mondiale , soprattutto da parte delle generazioni più giovani, su queste tematiche , cosa che non è semplicemente un fenomeno alla moda, tanto per intendersi “imitatori di Greta”, ma la richiesta di risposte per il loro futuro che si prospetta ancora più incerto. Mi ha colpito la manifestazione che si è svolta a Kabul, dove sono in altre emergenze affaccendati, eppure anche lì sono scesi in piazza.
E non si creda che sia una questione radical chic , come crede una certa destra ottusa, di chi vuole salvare il passero solitario o il fiorellino della duna, perché il problema di uno sviluppo sostenibile riguarda la nostra vita quotidiana , le ingiustizie epocali sullo sviluppo di un mondo diviso in due, un neoliberismo d’assalto che vede gli uomini come numeri e risorse e l’ambiente come un bene semplicemente monetizzabile. I cambiamenti climatici saranno pagati soprattutto dai più deboli e svilupperanno una lotta di classe feroce per l’accesso alle risorse.
Anche la grande stampa, compresa quella più popolare, ha preso coscienza del problema e sempre più spesso mette in copertina personaggi o eventi legati a queste tematiche (penso alla copertina del “Venerdi di Repubblica” dedicata a Jonathan Safran Foer, giudicato un autore di nicchia fino a poco tempo fa con le sue teorie sui consumi alimentari). Recentemente la “Columbia Journalism Review” ha promosso il programma “Covering Climate Now” , a cui hanno aderito oltre 170 testate a carattere mondiale che si propone di scrivere di più e meglio sulla crisi climatica che incombe sull’umanità (https://www.cjr.org/covering_climate_now/ ).
Di fronte a questa sfida le leadership del mondo sono estremamente deboli o disattente, basta pensare alla noncuranza di Trump verso questi temi, noncuranza interessata per le pressioni dei grandi gruppi economici statunitensi, o al presidente brasiliano Bolsonaro, idolo della nuova destra sovranista internazionale, e delle sue mancate risposte alla salvaguardia dell’Amazzonia.
E a casa nostra? Poche e balbettanti risposte (qualche modesta proposta green del nuovo governo) , anche per la mancanza di un vero e proprio movimento verde a livello politico e parlamentare. Soprattutto si avverte una mancanza di prospettive , di uno sguardo politico che vada oltre la scadenza settimanale, come fosse uno yogurt, una politica di modesto cabotaggio, basata sulla chiacchiera e sulla tattica di chi è più furbo mentre dovrebbe essere una strategia basata su chi è più lungimirante. E calcoli di occupazione del potere, che ha portato ad un ‘ulteriore frammentazione del sistema politico, ultima la scissione a freddo (anche se annunciata e smentita più volte) dell’ex premier Matteo Renzi che ha creato un suo partito che , udite ,udite, si chiamerà col some originale di “Italia Viva”. Che come ha detto Renzi, glissando sui programmi , “sarà una cosa nuova, allegra e divertente”.
Benissimo, saremo nel salone del Titanic, ci sarà l’iceberg davanti, ma almeno ci divertiremo un sacco.