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Preparativi di viaggio: quell’insana passione per “la lista”

BARCHE COME CASE, CASE COME BARCHE

BARCHE COME CASE, CASE COME BARCHE

Sarà che negli ultimi mesi, mi trovo in porto 5 gg su 7, alzo gli occhi e vedo barche di ogni dimensione, sarà che soffro terribilmente il mal di mare e non mi azzarderei  a salire su una di quelle barche neanche se ci fosse sopra Banderas (ma lo farei sicuramente scendere, anche sotto minaccia), sarà che invece sento il profumo di libertà solo al pensare al vento nei capelli durante una traversata (e al salmastro, con relativi nodi da districare, ma a quelli ci penserebbe Antonio) , ma sono molto incuriosita da come una barca, pur grande che sia, possa accogliere anche per lunghi periodi persone abituate ad ogni tipo di comodità casalinga… e allora, al di là di qualche sbirciatina dovuta ad amici che hanno tentato di farmi fuori invitandomi a cena sull’ondeggiante scafo (ehi, forse non siete così amici!), ho voluto saperne di più sul tema progettuale di questi oggetti/luoghi…

Nel 2017 si è tenuta la seconda edizione della Italian Yacht Design Conference, organizzata dal Politecnico di Milano dove il tema indagato era proprio questo : “ il tema delle contaminazioni intersettoriali ha sempre costituito per la pratica del design un terreno di ricerca e sperimentazione estremamente fertile – dichiarava in quell’occasione il Prof. Andrea Ratti – nel design degli interni il confronto tra la connotazione estetica, funzionale e simbolica di spazi abitativi di terra e spazi in movimento, ossia tra le condizioni imposte dallo “stare” o dal navigare, ha storicamente offerto stimoli per tradurre segni e linguaggi. “

E così, girando per librerie cartacee  e virtuali, ho trovato un interessante volumetto che si intitola “Interior design multitasking, incroci tra nautica e architettura”, scritto da Alessandro Valenti e Mario Ivan Zignego, in cui si rintracciano parallelismi e analogie tra il mondo dell’architettura e quello della nautica e da cui prenderò spunto per raccontarvi quanto segue.

 Il fil rouge che lega mare e terra è il tema dell’ospitalità, con l’ottimizzazione degli spazi, multi funzione del design e custom made delle lavorazioni.

Le Cabanon, 1951-52 – Le Corbusier
Maison Citrohan, 1920 – Le Corbusier
Final Wooden House -Foujimoto Architects

Negli anni ’20 Le Corbusier , con la sua machine à habiter e le sue unità minime di abitazione, è stato un teorico tutt’ora attualissimo in fatto di selezione delle necessità minime dell’abitare : introdusse infatti il concetto di “equipaggiamento casalingo”, attrezzando la casa in maniera efficiente lasciando libera la maggiore quantità di spazio possibile, prendendo i concetti basilari in prestito dalla nautica.
Anticipò, in un certo senso, le sperimentazioni dell’architetto giapponese Sou Fujimoto con la sua Final Wooden House, un semplice cubo abitabile dimensionato per il corpo umano, costruito con profili in legno tutti 35×35 cm, dove anche le pareti e il soffitto possono diventare elementi di arredo come sedie, tavoli, letti : il corpo umano è il protagonista indiscusso dello spazio architettonico, dove il tema principale è il multitasking funzionale e dimensionale.

Negli anni ’90 , i progetti di imbarcazioni hanno trovato una nuova dimensione mettendo al centro l’uomo e il corpo, con quindi un’attenzione particolare alla modularità e all’ergonomia. Si è passati dunque a sperimentazioni con interni sempre più confortevoli e domestici nella nautica e un ritorno alla smallness ed essenzialità in architettura, che in fatto di ingegno  e soluzioni salvaspazio  è chiaramente debitoria nei confronti della nautica.
Gli elementi di arredo delle barche, sino agli anni 2000, erano semplicemente regolarizzazioni della forma del guscio della barca grazie all’imbonaggio, ma con il tempo si è iniziato a estendere il modulo civile al mondo della nautica abbandonando il principio dello sfruttamento intensivo dello spazio, introducendo mobili che caratterizzano lo spazio descrivendo il gusto e la volontà del fruitore.
Certo, se siamo a parlare di mega yachts, è facile capire che l’unica differenza con un’abitazione vera e propria sono le altezze ridotte delle imbarcazioni rispetto a una casa e quindi le cose vanno così, l’interior design è simile, ma per quanto riguarda barche di dimensioni minori e soprattutto barche a vela, la musica cambia. Sulle barche di medie dimensioni vengono fatte attente scelte stilistiche, perché il poco spazio e la ricerca della leggerezza (le barche servono a navigare, non ce lo dimentichiamo) permettono solo di giocare con i materiali e l’essenzialità dell’equipaggiamento, che spesso devono trasmettere senso del lusso, aria di casa e unicità >>> Provate a guardare il Tour 360° del Mylius 76 Grillo Parlante.

Mylius 65 – P+F

In fondo a questo libro, fra le varie interviste ad architetti di fama internazionale con esperienza progettuale sia nel campo dell’architettura che quello delle imbarcazioni,  ce n’è una particolarmente interessante dell’Architetto Aldo Parisotto (Parisotto+Formenton Architetti) che sottolinea vari punti, riassumendo :
– la crisi economica ha decretato il ritorno alla funzionalità e alla sobrietà
– le barche sono mezzi dinamici, soprattutto le barche a vela “sbandano” e quindi anche il disegno basato sulla ricerca di atmosfere di sapore domestico deve tenere presente degli accorgimenti specifici
– il concetto di ergonomia è fondamentale tanto in ambito architettonico che nautico, ma in barca oltre che alle proporzioni e ai movimenti dell’uomo, bisogna tener conto della sicurezza degli ospiti
– nella nautica è sempre auspicabile il binomio prestazioni/comfort per avere un buon progetto
– Il comfort è anche psicologico e in questo la scelta  dei materiali è importante perché con il loro colore e la loro matericità ( e quindi tattilità) possono favorire o ostacolare il benessere. Inoltre la tecnologia è sempre stato il motore che ha spinto l’innovazione nell’interior design sia di abitazioni che di barche.

Luca Zaniboni (Dordoni Architetti), sottolinea che, a differenza dell’architettura, la coerenza tra contenuto e contenitore manca spesso , poiché un unico modello di scafo ospita interiors molto diversi fra di loro … e che dire dunque delle sperimentazioni avveneristiche di Zaha Hadid?

Unique Circle Yachts – Zaha Hadid

…alla fine, forse, un po ‘ di Xamamina la potrei anche prendere… dicono che faccia dormire, ma un letto comodo su queste imbarcazioni penso che lo troverò 😉

Gaia Vivaldi

Gaia Vivaldi

Classe ’76, Gaia è uno di quegli architetti a cui piace usare le mani per smontare, costruire, colorare… sperimentando l’effetto della concretezza sull’emotività. In instabile equilibrio sull’orlo del caos, alla perenne ricerca di sintomi di bellezza e benessere ovunque essi si incontrino (o scontrino).

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