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Cannabis: nessuna Green Light, le parole di un produttore

Cannabis: nessuna Green Light, le parole di un produttore

Fino a poco tempo fa pensavamo di aver fatto dei passi da gigante per quanto riguarda la vendita della cannabis light. Era il 2017, quando la legge 242 rese legale la produzione e commercializzazione della stessa. Le restrizioni riguardavano i ceppi coltivabili e la dose di THC, la sostanza psicoattiva contenuta nella pianta: era concesso un valore inferiore allo 0,2% con tolleranza fino allo 0,6%.

Parlo al passato, perché il 30 Maggio di quest’anno è cambiato tutto. Nonostante le minacce di Matteo Salvini che ha definito i negozi di canapa legale “luoghi di diseducazione di massa”, promettendo di chiuderli uno ad uno; sul destino degli shop e della coltivazione ha deciso una sentenza della Corte di Cassazione. La stessa ha dichiarato che la vendita della cannabis light e dei suoi derivati è illegale, indipendentemente dal contenuto di THC, dato che non è possibile escludere che infiorescenze, resina ed olii abbiano un effetto drogante.

Dopo svariate interviste sul web ai commercianti dei cannabis shops, che presto vedranno cambiamenti sostanziali nelle loro attività, ho voluto chiedere direttamente ad un produttore locale, G. La curiosità non è mai troppa.

Ci dici chi sei e che cosa fai?

Sono un imprenditore agricolo e da un po’ sto perseguendo questo progetto di coltivazione di canapa legale a scopo commerciale. Il prodotto che coltiviamo andrà a formare una determinata quantità di “biomassa” – precisamente infiorescenze – che poi immettiamo nel mercato. Da questa biomassa, successivamente si possono ricavare sottoprodotti.

Dato che la produci, ne fai uso sia a livello agroalimentare che inalatorio?

Sì, consumo ciò che possibile consumare. Poi a livello alimentare penso che per quanto ci sia timore nell’utilizzare certi prodotti, essi sono ricchi di proprietà benefiche. Parlando ad esempio dell’olio di canapa, a mio avviso, è un alimento da integrare nella dieta, perché è un grasso vegetale ricco di polifenoli e terpeni. L’ideale da usare in modo complementare all’olio d’oliva, la nostra eccellenza. Per chi fosse preoccupato della presenza di CBD/THC/CBG, le quantità contenute negli alimenti sono letteralmente basse. Non sono alimenti da bandire, sono alimenti da integrare come facciamo con tutto il resto.

Hai detto che producete questa “biomassa”, che sostanzialmente sono le infiorescenze della Cannabis. Che cosa è possibile ricavare da quest’ultime?

In realtà dalle infiorescenze ci si ricava poco, se non il principio attivo che è il CBD (a volte CBG). La destinazione d’uso attuale però è a livello collezionistico. La si può tritare, okay, ed usare a scopo inalatorio, ma non è quella la destinazione d’uso indicata dalla legge. Io faccio sempre un esempio (ride): se vai a comprare una scopa e te la porti a casa, dopo puoi usarla per spazzare o per infilarti il manico su per il c***. Sei a casa tua e fai quello che vuoi. Noi la lavoriamo e la vendiamo per una certa destinazione d’uso. Anche i commercianti fanno altrettanto, ma poi non possiamo controllare quello che i consumatori fanno nelle proprie abitazioni.

Ci spieghi meglio come cambiano gli effetti di CBD e THC a livello corporeo?

Il THC è la sostanza psicotropa ed eccitante che provoca una stimolazione neuronale con conseguente rilascio di dopamina. Il CBD ha un effetto rilassante e non psicogeno. Entrambi sono utili in ambito medico, specialmente contro gli spasmi muscolari e come aiuto nella terapia del dolore (vedi Bedrocan). In più vi è il CBG, anche se non ne parla mai nessuno. Gli effetti sono simili al CBD con risvolti antidepressivi. Poi, tecnicamente, io sono forte in campo e quel che so, lo so a scopo lavorativo. Non sono uno scienziato.

Ma la cannabis light, usata in purezza, crea dipendenza?

No. C’è una grande differenza tra un vizio ed una dipendenza.

Su cosa sono basate le concentrazioni di THC/CBD espletate dalle normative?

Sulla tossicologia forense. Sotto quella dose limite non vi sono effetti droganti. Per quanto riguarda il CBD la percentuale ha un limite, ma non è dovuto solo alle normative stanziate. Semplicemente, a livello tecnico, è difficile far salire la concentrazione oltre una determinata soglia. C’è un rapporto THC:CBD pari a 1:20 e quello è. Poi è possibile avere piante geneticamente differenti, che daranno prodotti differenti, ma ne cresce anche una su mille.

Cosa ne pensi della sentenza del 30 Maggio?

E’ un po’ un casino. Per un nulla della giurisprudenza, ci hanno rimesso tanti giovani ed un settore che ha un indotto considerevole. Questo ricorso a mio parere ha messo ancora più nebbia sulla legge preesistente. Già era una legge che andava migliorata, invece l’hanno ulteriormente peggiorata. La classica “fog” italiana, come dico io, dove non lavori bene, soprattutto se sei un commerciante. Per un produttore c’è più spazio di manovra.

Hai parlato di un indotto considerevole. Ci puoi dire quali sono i margini di guadagno?

Anticipo che negli ultimi anni sono cambiati considerevolmente, perché è cambiato il modo di lavorare e fare il prodotto. Prima si coltivavano le piante in campo aperto e come venivano, venivano. Si potevano avere infiorescenze con i semi e altre cose. In più non si badava troppo al sapore, ma più alla forma. Adesso il processo di produzione è più controllato: abbiamo cambiato il modo di fare la germinazione, usiamo solo piante femmine. All’inizio il guadagno era altissimo, perché la canapa legale era una novità, una cosa mai vista. Poi dopo i costi sono andati oscillando fino a che non hanno subito un crollo vertiginoso. Parlando di prezzi: un’infiorescenza, cinque anni fa, la pagavi tremila o quattromila euro al chilo. Adesso un chilogrammo di biomassa lo paghi anche 100 euro, andando letteralmente in rimessa. L’anno scorso dei produttori si sono ritrovati a vendere i loro prodotti ad un centinaio d’euro, se fortunati. Molti di loro non sono riusciti ed hanno tenuto la merce.

Secondo te perché in Italia fatichiamo tanto a legalizzare la cannabis light?

Perché siamo bigotti, punto primo.  Inoltre i piani alti ci impongono un determinato comportamento. Quindi se qualcosa è etichettato come droga, anche se non lo è, allora va proibita. Tutti quelli contro la droga, bandiranno sempre ciò che è e ricorda la droga.

La verità è che non abbiamo cultura a riguardo, non ci vogliamo informare. Ma è normale: se una cosa non la sai, ti spaventa, di conseguenza non approfondisci l’argomento.

Perché dovrebbe spaventare? Di cosa possono avere paura?

Le persone, anche se non hanno mai provato, danno per assodato quello che l’etichetta indica. Se fumi erba sei aggressivo, poco lucido e morirai per overdose. Tutta una serie di postulati che non hanno niente a che vedere con la realtà. Overdose, poi, sicuramente no.  Non esiste. Dovresti prendere il principio attivo e bertelo.

Poi è chiaro che se mi faccio una canna e sono una persona poco responsabile, mi metterò alla guida mentre vedo i draghetti. Ma questo può succedere sia se bevo qualche bicchiere di vino, sia se soffro di attacchi di panico. Però sai, l’etichetta è un’etichetta.

Poi a livello politico, la riluttanza è di interesse nettamente economico. Bisognerebbe trovare un punto di incontro.

Cosa vorresti che cambiasse come produttore?

Io vorrei che ci fosse più libertà nel coltivare varie varietà di cannabis e che si arrivasse alla legalizzazione. Mi piacerebbe molto prendere spunto da alcune realtà spagnole, dove ci sono dei “circoli”. I circoli comprano dai produttori ed i consumatori vanno in questi spazi per usufruire dei prodotti cannabinoidi a scopo ricreativo o medico terapeutico, tutti tutelati dal sistema statale; per poi uscire di lì, reimmettersi nella vita reale tranquillamente. Senza giudizi e senza problemi. La cosa più bella che si possa fare. Non tanto i coffee shop e le coffee vie. Il circolo è la cosa più intelligente, la soluzione migliore.

Come potrebbero migliorare le cose? Come pensi che si possa arrivare alla realtà che ti immagini?

In realtà vi è già un inizio. Esistono associazioni che cercano di tutelare i commercianti, i produttori ed i consumatori. Si stanno piano piano aggregando per protestare e creare un movimento politico, che in futuro cercherà di deviare questa tendenza al proibizionismo e alla non efficienza, verso la creazione di qualcosa di buono e, mi auguro, come i circoli.

Sarah Rijli

Sarah Rijli

Sarah, ha raggiunto la temuta soglia dei 27 anni ed è un miscuglio di nazionalità diverse. Vive – quasi beatamente – tra i colli fiorentini e senesi, con tre gatti ed un giardino che non usa mai. Traveller per necessità e laureata in Biologia nella vita quotidiana. Sempre pronta a documentarsi scientificamente sulle ultime tendenze, con tanto entusiasmo e una punta di cinismo. Perennemente alla ricerca della felicità e dei prodotti cosmetici perfetti.

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