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Il paradosso dei corvi – La criticità delle generalizzazioni

Il paradosso dei corvi – La criticità delle generalizzazioni

Il paradosso dei corvi è lo strumento concettuale che, nella prima metà degli anni ’40 dello scorso secolo, il matematico e filosofo Carl Gustav Hempel creò e utilizzò per mostrare il limiti dei procedimenti induttivi.

Il metodo induttivo, nelle discipline scientifiche, è un procedimento attraverso il quale, a partire da un certo numero di casi particolari, si giunge ad una conclusione di carattere universale. È evidente la portata epistemologica di un simile metodo per le scienze naturali, dal momento che la raccolta di osservazioni empiriche, insieme al ventaglio di ipotesi e teorie sulle quali modellarle, è fondamentale nel progresso della conoscenza scientifica – e per estensione di quella umana.

Quando integrato con il modello ipotetico-deduttivo, il metodo induttivo è determinante nella progressiva conoscenza della realtà che ci circonda. Tuttavia, preso separatamente, potrebbe nascondere rilevanti limiti.

Già il filosofo settecentesco David Hume aveva messo in dubbio la nozione di causalità in quanto fondamento dell’induzione. Il rapporto causa-effetto – sosteneva Hume – può fondarsi solamente sull’esperienza, ma tuttavia questa non garantisce intrinsecamente la validità della nozione di casualità.

Noi presumiamo sempre, quando vediamo qualità sensibili simili [cause], che abbiano poteri segreti simili [effetti], ed attendiamo che effetti simili a quelli che abbiamo sperimentato derivino da essi”.

– D. Hume, Ricerca sull’intelletto umano

paradosso dei corvi
Il filosofo David Hume

L’esperienza ci induce a puntare sull’uniformità della natura, sul fatto che il futuro sarà conforme al passato, ma non ci garantisce un modo razionale per comprendere intimamente questo meccanismo di sviluppo della conoscenza. L’unico modo di spiegare il nesso causa-effetto – e quindi l’induzione – è fare riferimento alla dimensione psicologica.

Il filosofo scozzese parla infatti di consuetudine, della disposizione tipicamente umana di giustificare la conformità del futuro al passato per una questione di abitudine. Questo principio è l’unico che possa giustificare, anche se solo dal punto di vista psicologico, il salto logico che la mente compie a partire da fatti passati e presenti, certi e indubitabili, verso la predizione di fatti futuri, simili ai primi.

Ma torniamo al paradosso dei corvi di Hempel.

Vedo un corvo nero. Ne vedo un altro. E poi un altro ancora. Dopo anni, girando per il mondo e avendo visto soltanto corvi neri, mi sento autorizzato ad inferire dall’esperienza la legge universale “Tutti i corvi sono neri”.

Tuttavia, se da una parte ogni caso empirico a favore di questo asserto universale ne accresce il valore scientifico in termini di verità, dall’altra, affinché possa dirsi un affermazione completamente valida, si dovrebbero fare infinite osservazione empiriche. Non solo in ogni luogo, ma anche in ogni tempo, perché un solo contro-esempio a questa legge universale la renderebbe ipso facto non-universale.

paradosso dei corvi

Considerata la quasi-impossibilità fisica di verificare in ogni luogo questa legge universale e l’impossibilità temporale di verificarla in ogni tempo, per accrescerne la probabilità potremmo utilizzarne una logicamente equivalente: “Tutte le cose non-nere sono non-corvi”.

Capisco che sia contro-intuitivo, ma se tutti i corvi sono neri, allora tutte le cose che non sono nere non sono neanche corvi. E, sulla base di questo, se vedessi una mela rossa, potrei usarla come prova empirica sia della legge “Tutte le cose non-nere sono non-corvi” che della legge “Tutti i corvi sono neri”, visto che sono logicamente equivalenti. Non solo, una simile prova accrescerebbe la stima probabilistica della legge oggetto del paradosso. E questo è ovviamente un esito paradossale.

Ci sono altri aspetti del problema, nonché critiche allo stesso paradosso, ma non è questa la sede per affrontarli. È invece importante aver compreso come talvolta i processi induttivi, se non coadiuvati da altri strumenti concettuali, possano portare ad esiti paradossali.

Quello del paradosso dei corvi potrebbe sembrare un mero esercizio concettuale, ma le sue implicazioni sono visibili sotto molteplici aspetti. Perché purtroppo è più facile generalizzare un comportamento umano sulla base della fede religiosa o di quella politica, oppure riferendosi ad un’intera etnia in luogo di casi specifici, o ancora, riducendoli a comportamenti di genere.

E tutto questo è ancor più visibile in questo particolare momento storico. È dunque importante colmare il salto logico che intercorre fra la manifestazione di specifici casi – giudicabili – e la formazione di pseudoverità generalizzate – ingiudicabili, sia dal punto di vista logico che da quello morale.

Solo così si può spezzare il pregiudizio e lasciar spazio al giudizio critico.

paradosso dei corvi

Edoardo Wasescha

Edoardo Wasescha

Amava definirsi un nerd prima che diventasse una moda. È appassionato di filosofia e di fisica, di cinema e di serie tv, ama scrivere perché, più che un posto nel mondo per sé, lo cerca per i propri pensieri. Il blog è la sintesi di tutto questo.

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