ON AIR


Preparativi di viaggio: quell’insana passione per “la lista”

Santa Fleabag

Santa Fleabag

In inglese il termine Fleabag significa approssimativamente “ammasso di pulci”. Fleabag è anche l’unico nome che ha la protagonista dell’omonima serie tv scritta e interpretata da Phoebe Waller-Bridge, autrice britannica che con la serialità è ascesa tra le firme più interessanti, talentuose e originali della narrazione odierna. Attualmente a quota due stagioni, Fleabag si conferma come tappa imperdibile per chiunque decida di consumare prodotti a puntate, soprattutto grazie a una scrittura brillante, profonda, schietta, e a una protagonista disfunzionale di cui è impossibile non innamorarsi.

Rinunciando a dare un nome alla sua protagonista, Phoebe Waller-Bridge condensa nell’appellativo tutta la personalità e l’attitudine masochista di Fleabag, giovane donna londinese che gestisce un caffè a tema porcellino d’India insieme alla migliore amica. La vita di Fleabag è un disastro. La famiglia è un campo di battaglia esploso con la morte della madre, i rapporti con padre e sorella sono perennemente tesi, quando non ostili, e la valvola di sfogo più immediata che Fleabag riesce ad afferrare è il sesso. Nella più rosea delle situazioni con persone inutili, nel peggior scenario con persone con cui non dovrebbe.

La prima stagione di Fleabag è una classica discesa agli Inferi con in più il dono del sarcasmo, con la dannata stessa che narra il proprio viaggio guardando in camera, parlando direttamente a noi, coinvolgendoci fisicamente in situazioni talmente intime da rasentare il voyerismo. Ma Fleabag vuole che noi la guardiamo, è lei che ci porta nella sua stanza e nella sua vita, forse in cerca di approvazione, ma forse solo in cerca di compagnia. Perché nonostante l’alto numero di partner sessuali, Fleabag è sola. Così la ritroviamo nella seconda stagione, sola e consapevole della propria sessualità compulsiva che maschera il buco nero che ha nel cuore.

All’avvio della stagione due la troviamo sanguinante, al termine di una cena assurda con tutta la famiglia. Sola, alle prese con un tentativo di astinenza sessuale, in cerca di una direzione da dare alla propria esistenza. Ed ecco che scatta l’elemento “Uccelli di rovo” della stagione, ma non nel segno della dissacrazione del religioso, quanto nel delineare un’affinità umana tra personaggi dal contesto tanto divergente quanto speculare. Al fianco di Fleabag durante l’infame cena c’è un prete. Solo, alle prese con un tentativo di astinenza sessuale, in cerca di una direzione da dare alla propria esistenza.

Fleabag ha trovato qualcuno con cui si instaura una chimica immediata e travolgente, qualcuno con cui condivide profondamente ansie, dubbi e colpe, ma non può averlo. Sa di non poterlo avere e tenta di non volerlo, ma la chimica! Signore e signori, la chimica fisica ed emotiva che si innesca! Abituati alla sequela di casini che Fleabag combina della precedente stagione, la successiva ci porta di continuo sull’orlo del presentimento, ma si ferma (quasi) sempre a un passo dal precipizio. A un certo punto speriamo e tifiamo perché faccia un casino, ma rimaniamo con l’amaro in gola come i protagonisti che stiamo guardando. Sta qui l’elemento sorpresa dei nuovi episodi, che non ci danno mai quello a cui siamo abituati. Imbalsamata nell’icona della piantagrane che causa sempre scompiglio, Fleabag ci tira un calcio dritto nei denti tentando di deviare dal suo schema tradizionale, costruendo un percorso alternativo in cui la vediamo aprirsi, soffrire, arrendersi e ricominciare, provare e fallire, capire e cambiare strada. Fleabag è un’eroina senza nome, un’eroina pessima, che non abbiamo proprio idea di dove andrà a finire.

Eva Cabras

Eva Cabras

Nata nel 1988, di lunedì, in un anno bisestile. Ha provato il brivido di telefonare agli amici con il telefono fisso, poi ha scoperto Myspace e la magia dello shopping online. Nel 2015 inizia a scrivere online di musica e cinema. Negli anni contrae il morbo del binge watching e finisce per scrivere soprattutto di serie tv, con particolare ossessione per l’horror e la rappresentazione femminile (non necessariamente in quest’ordine). Legge ancora su carta, vive ancora in provincia.

Articoli Correlati

Commenti