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La storia siamo noi: intervista all’avvocato Abu Awwd sul decreto sicurezza.

decreto sicurezza

La storia siamo noi

Normalmente leghiamo la storia al passato, fatti accaduti che studiamo per capire meglio il presente. Iniziamo dall’Era Preistorica e finiamo più o meno al dopoguerra se siamo fortunati. Ma “la storia siamo noi” ci racconta De Gregori “la gente è la storia” “siamo noi padri e figli”.
Questa intervista all’avvocato Valentina Abu Awwad nasce proprio da questa consapevolezza. Stiamo tracciando una stringa della storia che servirà poi a insegnare qualcosa a chi la studierà tra qualche manciata di decine di anni. Per questo è necessario capire, farsi domande, approfondire dopo di che  potremo decidere cosa ne pensiamo, ma con la certezza che apparteniamo alla storia e ne siamo responsabili.

 

Il Decreto Legge Sicurezza

Quali sono i cambiamenti più rilevanti, in materia di immigrazione,  del Decreto-Legge 4 ottobre 2018?

Le principali modifiche concernono da un lato, la cittadinanza, la protezione internazionale, il prolungamento (o meglio raddoppiamento da 90 a 180 giorni) della durata massima del periodo di trattenimento nei centri di permanenza per il rimpatrio, il sistema di accoglienza del richiedente asilo; dall’altro lato, la materia della sicurezza pubblica, il contrasto al terrorismo e alla criminalità mafiosa.

Rispetto alla cittadinanza, si evidenzia (oltre all’aumento dell’importo del contributo passato da €200 a €250), l’allungamento dei tempi previsti per la conclusione del procedimento: passato da 2 anni a 4 anni sia per la domanda di cittadinanza italiana per residenza che per matrimonio e l’abrogazione dell’art. 8, comma 2 l. 91/1992 che precludeva l’emanazione di un decreto di rigetto quando dalla data di presentazione della domanda (corredata dalla documentazione necessaria) fossero decorsi due anni (c.d. silenzio assenso). Pertanto, ad oggi le domande di cittadinanza potranno essere rigettate anche trascorso il termine di 4 anni.

 

Il diritto di cittadinanza

Che cosa comporta da un punto di vista pratico aver allungato da 2 a 4 anni il tempo di risposta alla diritto cittadinanza?

L’eccessivo allungamento dei tempi, tra i vari inconvenienti, determina il rischio concreto che i figli minori di anni 14 che, in passato, decorsi due anni, potevano ottenere la cittadinanza italiana dal genitore, potrebbero divenire nel frattempo maggiorenni ed essere così costretti a iniziare nuovamente  l’iter amministrativo, aspettando in concreto 6 anni in più del tempo impiegato in precedenza.

 

L’effetto retroattivo

Si parla di effetto retroattivo. In che senso? 

Per quanto concerne l’aspetto dell’allungamento dei termini, tale previsione si applicherà anche ai procedimenti in corso al momento dell’entrata in vigore del decreto, con evidenti dubbi di legittimità costituzionale.

 

Lo stato dell’arte prima del decreto Sicurezza

Prima del decreto quali erano le tipologie di  permesso alle quali poteva aspirare chi fuggiva da paesi con violazioni dei diritti umani?

Nel nostro sistema era beneficiario della protezione internazionale colui al quale era stato riconosciuto lo status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria. 

Il rifugiato

Lo status di rifugiato poteva essere riconosciuto a coloro che in base all’art. 1 della Convenzione di Ginevra avessero il timore fondato di essere perseguitati per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o opinione politica.

La protezione sussidiaria

Risultavano invece meritevoli di protezione sussidiaria coloro nei quali confronti sussistessero fondati motivi per ritenere che, in caso di ritorno nel Paese d’origine, fossero stati esposti al rischio di un danno grave ai sensi dell’art. 2 del d.Lgs. n. 251/2007, rischio rappresentato da una condanna a morte o all’esecuzione della pena di morte; dalla tortura od altra forma di pena o trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo Paese d’origine; o dalla minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.

La protezione umanitaria

Oltre a tali tipologie di permesso di soggiorno, aveva assunto sempre maggior rilievo il riconoscimento della protezione umanitaria di cui agli artt. 5, co. 6 e 19 co. 1 D. Lgs. 286/98. Tale permesso consentiva infatti di dare riconoscimento a situazioni di vulnerabilità diverse da quelle per cui è prevista la protezione internazionale e qualificabili come umanitarie. Ad esempio in giurisprudenza si è giunti a considerare rilevanti, al fine del riconoscimento della tutela umanitaria, il processo di integrazione compiuto in Italia dalla straniero, tenuto conto del percorso di alfabetizzazione e lavorativo unitamente alla situazione di grave emarginazione in cui lo straniero si sarebbe trovato in caso di rientro in patria, in considerazione della necessità di un nuovo radicamento e della difficoltà di esercizio di diritti fondamentali.

 

I casi speciali

Questo decreto introduce, però, ulteriori tipologie di permesso. Che cosa sono i casi speciali?

Sono stati introdotte o semplicemente modificate alcune tipologie di permesso di soggiorno. Più precisamente, nella dicitura “casi speciali” rientrano i permessi di soggiorno per protezione sociale (art. 18 TUImm), vittime di violenza domestica (art. 18 bis TUImm) e sfruttamento lavorativo (art. 22, comma 12 quater TUImm); permessi già in precedenza contemplati dal Testo Unico dell’Immigrazione.

Permessi introdotti

Inoltre sono stati introdotti permessi per calamità naturale (art. 20 bis TUImm), atti di particolare valore civile (art. 42 bis TUImm), cure mediche e protezione speciale ex art. 32, comma 3, d.lgs. 28 gennaio 2008, n. 25. In particolare, soffermandoci su quest’ultimo permesso, occorre evidenziare come  ricomprenda le situazioni di coloro che, pur non rientrando né nella protezione internazionale né in quella sussidiaria, non potrebbero essere respinti in quanto inespellibili (nello Stato rischierebbero di essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali), ovvero di essere sottoposti a tortura, tenendo conto anche dell’esistenza, in tale Stato, di violazioni sistematiche e gravi di diritti umani). Si tratta di un permesso rilasciato dal Questore, su richiesta della Commissione territoriale, di durata di un anno (rinnovabile su parere della Commissione) ma espressamente non convertibile in motivi di lavoro.

 

Il permesso umanitario?

E per quanto riguarda specificatamente il permesso umanitario?

È stato eliminato il permesso umanitario, mediante l’abrogazione dell’art. 5, co. 6 TUImm e dell’art. 31, comma 3, D.lgs. 25/2008.

 

Quindi cosa succede a chi aveva già ottenuto il permesso umanitario?

Nella fase transitoria, coloro che alla data di entrata in vigore del decreto legge erano titolari di permesso umanitario, non convertito in altre tipologie, ottengono un permesso per protezione speciale, ossia un permesso con i limiti sopra evidenziati, in riferimento alla necessità di ottenere un previo parere della Commissione in fase di rinnovo e in ordine alla non conversione in motivi di lavoro; mentre coloro rispetto ai quali alla data di entrata in vigore del decreto legge la Commissione aveva riconosciuto motivi umanitari, otterranno un permesso per casi speciali della durata di due anni convertibile per motivi di lavoro a cui alla scadenza tornerà ad applicarsi la disciplina della protezione speciale.

 

Le conseguenze

Mancanza di tutela

Cosa è cambiato con il venir meno del permesso umanitario?

Come evidente da quanto sopra, le tipologie di permesso per casi speciali e protezione speciale non riescono a coprire la gamma di situazioni di vulnerabilità garantite ,in passato, attraverso il permesso di soggiorno per motivi umanitari, restando priva di tutela un’ampia fascia di soggetti deboli.

Nessuna possibilità

In futuro chi sarà inserito in percorsi di inserimento valutabili in precedenza ai fini della concessione del permesso umanitario, che possibilità avrà di ottenere un titolo di soggiorno ?

In pratica nessuno. 

Disincentivo all’ integrazione

Se queste categorie di permessi di soggiorno di fatto non coprono più le situazioni che fino ad oggi legittimavano il permesso umanitario, in pratica che succederà? 

Se l’inserimento sociale e lavorativo non potrà più costituire un parametro attraverso il quale giungere al rilascio di un permesso di soggiorno, vi sarà una maggiore emarginazione di questi soggetti e un forte disincentivo alla loro integrazione.

Inutilità del lavoro

Cosa succederà quindi ai soggetti che magari hanno ottenuto un lavoro in attesa del permesso ?

 

Come detto, alla scadenza del permesso per protezione sociale lo straniero, pur in possesso di un lavoro e di un adeguato reddito, dovrà lasciare il territorio nazionale (salvo sussista la possibilità di conversione in motivi di famiglia). Fra i limiti di questo permesso vi è infatti l’impossibilità di conversione in motivi di lavoro.

Aumento irregolari

In quest’ottica paradossalmente possiamo prevedere un aumento del numero degli irregolari senza alcuna possibilità di sanare la loro posizione amministrativa?

Certo. Il rischio è quello di un aumento esponenziale di soggetti che resteranno privi di un permesso di soggiorno e che, essendo impossibilitati per plurime e gravi ragioni a tornare nel Paese d’origine, diventeranno facile preda della criminalità organizzata.

L’accoglienza

I ragazzi in accoglienza a quali condizioni possono mantenere il regime dell’accoglienza? 

Gli SPRAR (oggi chiamati “Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati”) saranno limitati a coloro i quali avranno già ottenuto il riconoscimento dello status di rifugiato o la protezione sussidiaria (oltre che ai titolari dei permessi per casi speciali, per calamità, cure mediche, atti di particolare valore); mentre i richiedenti asilo potranno essere collocati soltanto in centri di prima accoglienza o in strutture temporanee appositamente allestite con un’assistenza essenziale. In questo caso il richiedente dovrà essere privo di mezzi di sussistenza e non potrà neppure usufruire di corsi di formazione professionale messi a disposizione degli enti locali.

La figura dell’avvocato

Tu sei un avvocato che ha scelto di occuparsi di un aspetto della legge in questo momento molto discusso, tanto che Salvini sul Corriere della Sera ha descritto chi, come te, ha intrapreso questo settore, “una lobby di difensori d’ufficio che si sta arricchendo in una maniera inaccettabile sulla spesa dello stato”. Puoi spiegare in che cosa consiste il gratuito patrocinio per non cadere in equivoci?

Colui che faccia ricorso verso un provvedimento di diniego della protezione internazionale, vede riconosciuta la possibilità di essere ammesso al gratuito patrocinio a spese dello Stato a determinati presupposti di legge, presupposti previsti a parità di condizioni con il cittadino italiano, fra i quali avere un reddito inferiore a 11.493,82. La domanda è poi valutato dal Consiglio dell’Ordine degli avvocati competente e non automaticamente concessa, e potrà essere revocata in caso di modifica delle condizioni reddituali, e spesso anche nel caso in cui il giudice ritenga il ricorso infondato. Le notule degli avvocati inoltre parametrate sui minimi tariffari vengono liquidate a distanza di oltre un anno dalla conclusione del procedimento.

Il rifugiato

L’immigrato è in questo  momento  è visto, da buona parte della popolazione, con molta diffidenza perché i casi  che appartengono allo status di rifugiato sono molto pochi, come se chi decidesse di richiedere asilo lo facesse per motivi pretestuosi e non legati ad effettive violazioni dei diritti umani.

In realtà questo dato non tiene conto che oltre a coloro ai quali viene riconosciuto lo status di rifugiato, riconoscimento legato a presupposti assai stringenti, molti dei richiedenti asilo hanno ottenuto la protezione sussidiaria (o in precedenza la protezione umanitaria). Per cui il dato è sicuramente frutto di un parziale e fallace modo di affrontare la questione.

I porti

Legata al tema dell’immigrazione, l’attualità ci riporta alla scelta politica molto discussa del Ministro Salvini di chiudere i porti.

Non pare una via percorribile per raggiungere un’equa gestione dei flussi migratori fra gli Stati dell’Unione Europea. Ciò che appare evidente è invece la grave compromissione e violazioni dei diritti umani nei confronti di persone particolarmente vulnerabili (fra cui spesso minori) costretti a restare a bordo di una nave per ore o addirittura giorni.

Oltre a imbarcarsi verso le coste europee, quali altre possibilità potrebbero avere queste persone in cerca di aiuto umanitario? Spesso si è parlato di arrivi tramite Aerei. Quale è la tua opinione?

Senz’altro i c.d. “corridoi umanitari” costituiscono mezzi per l’ingresso in Italia di soggetti vulnerabili attraverso un sistema legale e sicuro, ma è impensabile che possano essere letti come strumenti alternativi e risolutivi dei problemi legati all’arrivo di migranti, non potendo rispondere neppure minimamente al forte flusso migratorio.

La scelta

Tra i vari aspetti che un avvocato può scegliere di affrontare , le questioni  legate dell’immigrazione sono sicuramente tra le più complesse e come ci hai spiegato anche mal retribuite. Perché hai scelto, ormai da molti anni, di intraprendere questa strada?

Come Calamandrei ci insegna “l’avvocato non può essere un puro logico, né un ironico scettico, l’avvocato deve essere prima di tutto un cuore: un altruista, uno che sappia comprendere gli altri uomini e farli vivere in sé, assumere su di sé i loro dolori e sentire come sue le loro angosce”.

 

Psicoterapeuta e scrittrice. Vive nella sua amatissima Castiglioncello. Nel 2017 esce il suo romanzo di esordio “Fuori Piove” (Bonfirraro Editore). Di lei hanno scritto La Repubblica, Il Tirreno, La Nazione, Nuova Antologia, definendo il suo romanzo un successo editoriale. Scrive per Il Tirreno .Da due anni collabora  come blogger di WiP Radio.

Avvocato Valentina Abu Awwad

Avvocato del Foro di Pisa (2010), PhD in “Discipline penalistiche: diritto e procedura penale” (Università di Firenze, 2012).

Membro del Comitato Pari Opportunità del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Pisa (2015-2019).

Autore e coautore di commenti in diritto penale e diritto dell’immigrazione:

  1. Coautore, insieme a prof. Antonio Vallini, del Commento all’art.1, co.26 a-d) legge 15 luglio 2009, n. 94 Disposizioni in materia di sicurezza pubblica”), in Commentario al “Pacchetto Sicurezza” – l. 15 luglio 2009, n. 94, a cura di G.De Francesco – A.Gargani – D.Manzione – A.Pertici, Torino, 2011, 171 – 183 e destinato ad un numero speciale della Rivista “La Legislazione Penale” n. 3-4, 2011;
  2. Coautore, insieme a Avv. S. Marani del Commento alla Legge 4 novembre 2010, n. 201 “Ratifica ed esecuzione della convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia”, in Legislazione penale, n. 3-4, 2011, 539 ss.;

  3. Commento dal titolo “Dalla sentenza El Dridi alla legge 129/2011: nuove disposizioni in merito alle procedure di allontanamento dello straniero irregolare” in Giustizia Penale, Volume 11, Fasc. 11 – Parte 2, 2011, 611-622;

  4. Coautore, insieme a S. Marani, Due nuovi reati in materia ambientale, in Cassazione penale, n. 11, 2012, 3658.

  5. L’obiezione di coscienza nell’attività sanitaria” in Rivista Italiana di Medicina Legale – Anno XXXIV Fasc. 2 – 2012, 403 ss.;

6. Obiezione di coscienza e aborto farmacologico, nota a Cass. Pen. Sez. VI, 27.11.2012 (dep. 2.4.2013), n. 14979, Pres. De Roberto, Est. Fidelbo, in Diritto penale contemporaneowww.dirittopenalecontemporaneo.it, 27 giugno 2013.

  1. Coautore, insieme a Avv. S.Tovani, di un Commento “Profili processuali ed esecutivi (cenni)” in “I delitti contro la libertà sessuale”,  a cura di S. Tovani – A. Trinci, Giappichelli, Torino, 2014;
  2. La Disciplina dell’immigrazione, in Diritto penale per operatori sociali, II, Le aree di intervento, a cura di Giovanni Flora e Paolo Tonini, 2° edizione, Milano, 2014, 1 – 27;

  3.  Commento all’articolo 733-bis, in Codice Penale, 4° ed., a cura di Tullio Padovani, Milano, 2014, 587 – 613;

  4. Valentina Abu Awwad – Nicoletta Vettori, Servizi di interruzione volontaria della gravidanza e obiezione di coscienza: obblighi dell’amministrazione sanitaria e possibili profili di responsabilità penale, in Rivista italiana di medicina legale, Anno XL, Fasc. 1, Giuffrè, Milano, 2018, p. 9 ss.

Attualmente lavora nello studio AMD con sede in Pontedera, Piazza Martiri della Libertà, 20 e Milano, Piazza Duomo 20 e si occupa delle seguenti aree di attività: diritto penale e diritto dell’immigrazione.

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