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Preparativi di viaggio: quell’insana passione per “la lista”

“Anche a te e famiglia”

“Anche a te e famiglia”

Buon Natale a tutti!

Alcuni di voi avranno già iniziato a mangiare, altri a mandare gli auguri, altri ancora staranno cercando su Google Maps il negozio dove precipitarsi per cambiare il regalo appena scartato.

Quest’anno, sotto l’albero, la sottoscritta ha avuto la fortuna di trovare una fantastica collaborazione con WiP Radio, che, come ogni emittente seria, mi ha messo subito a lavorare il 25 dicembre.

In questo mio primo articolo “speciale” per il blog, come si può facilmente intuire dall’evocativo titolo, vi parlerò del Natale. Ma non di pranzi infiniti, cene immense, abbinamenti ricercati e decorazioni a tema. Per quello c’è già la Parodi. Condividerò con voi una personale Top Ten dei film delle feste che hanno segnato la storia del cinema. O, meglio, la mia storia.

 10° POSTO — LOVE ACTUALLY (2003)

Ok, so cosa state pensando: “iniziamo male”. Molti di voi l’avrebbero collocato più su. Alcuni, addirittura sul podio. Certo non come fanalino di coda. Io proprio non ci riesco. È una commedia simpatica come la vostra amica cozza che non sapete più a chi presentare. Le volete sinceramente bene, passate volentieri del tempo con lei, ma avete esaurito i conoscenti single da farle conoscere, perciò la fissate imbarazzati in silenzio e siete a posto, quantomeno con la vostra coscienza.

Un film corale: nove storie d’amore a sfondo natalizio, tra primi ministri, scrittori, domestiche, controfigure dilettanti e feste aziendali. Troppa carne al fuoco, in una Londra che sembra un po’ troppo New York. Alcune finiscono bene, altre finiscono con un matrimonio.

Stellare il cast, notevole la sceneggiatura, briosa la colonna sonora. Queste le premesse, da cui, sinceramente, mi aspettavo di più. Tra i miei preferiti, spiccano Hugh Grant e Colin Firth: ottime scelte. Del resto, chi potrebbe rispecchiare l’eleganza (e la spocchia) londinese meglio di loro, britannici fino al midollo?

Liam Neeson è affascinante come sempre, sebbene lo veda malissimo in ruoli poco pragmatici. Accompagnare il figlioletto della moglie morta all’aeroporto, per permettergli di confessare alla compagna di scuola tutto il suo interesse, non è proprio quell’azione alla “io vi troverò” cui ci ha abituati.

Salvo anche l’interpretazione di Bill Nighy: il suo cantante in declino che scala inaspettatamente ogni classifica con un pezzo orribile non fa solo divertire, quando consiglia di non comprare la droga, “tanto se poi diventi una rockstar te la regalano”. Fa anche sognare il grande amore, da cui tornare una volta che tutte le luci della ribalta si sono spente (mollando a metà addirittura il party di Elton John!).

E chi non ha almeno accennato un sorriso di fronte alla famosissima scena dei cartelloni tra Juliet (alias Keira Knightley) e Mark? Chi non vorrebbe una dichiarazione simile, da qualcuno che promette di amarvi finché non sarete una specie di zombie in avanzato stato di decomposizione?

LA MORALE SOTTESA: “Love actually is all around”. Ebbene sì, l’amore è davvero ovunque, specie a Natale, in ogni piccolo gesto quotidiano. Perciò non importa che facciate grandi gesti per dire a qualcuno che lo amate. Girerà comunque i tacchi per tornare dal vostro migliore amico.

9° POSTO — FUGA DAL NATALE (2004)

Tratto dal racconto “Skipping Christmas” di John Grisham, che fugge dal legal thriller che lo ha reso famoso (uno dei miei scrittori preferiti del genere), per darsi a qualcosa di più frivolo. Fortunatamente per tutti, per poco. Il libro non lo consiglierei, ma è sicuramente più vivace del film, che nella seconda più che nella prima parte è quasi insulso.

L’unica figlia dei coniugi Krank (in tedesco vuol dire “malato”, è già uno spoiler) parte per il Perù con i Peace Corps a ridosso delle festività natalizie. Per la prima volta da soli dopo più di vent’anni, Luther e Nora progettano allora un liberatorio viaggio ai Caraibi, che, a conti fatti, risulta molto più economico di regali, addobbi e cenoni. I vicini di Hemlock Street (capitanati dal boss di quartiere Dan Aykroyd) non sono dello stesso avviso, e, offesi per la diserzione, tentano in ogni modo di sabotarli.  Prevedibilmente, la figliola decide di tornare per la vigilia con il nuovo fidanzato, desideroso di trascorrere un tradizionale Natale “all’americana”. Si corre ai ripari per organizzare tutto in meno di 24 ore.

Tim Allen, già reduce da “Santa Clause” e “Che fine ha fatto Santa Clause?”, rende una buona prova, è gradevole e ironico. Anche se nel mio cuore resterà per sempre, prima di ogni altro ruolo, il doppiatore americano di Buzz Lightyear.

Tutti i protagonisti si dividono tra beneficenza e volontariato (forzati) ed egoismo e attaccamento al denaro (autentici). Durante le feste, sembra dunque quasi impossibile sfuggire alla routine, all’omologazione di massa, al consumismo esasperato. Finché non ne rammenti il vero significato, di unione e solidarietà, magari con un gesto altruista nei confronti di un amico particolarmente sfortunato. E finisci col capitolare. “Saltare il Natale. Che idea ridicola. Magari l’anno prossimo”.

LA MORALE SOTTESA: Non importa se vivete negli States o in Italia. I vostri vicini non hanno niente di meglio da fare che preoccuparsi dei paramenti di casa vostra, a Natale. Di ficcanasare a prescindere, invece, per tutto il resto dell’anno.

 8° POSTO — BABBO BASTARDO (2003)

Questo non è proprio un classico film da guardare con i bambini alla cena di Natale. La quasi totalità delle madri, anche solo per non far sparlare gli altri parenti, non approverebbe. Nemmeno la mia approvò, a suo tempo. Ma nel lontano 2003 era troppo allettante trasgredire quel “il programma che sta per iniziare è riservato al solo pubblico adulto” in seconda serata. Ancora oggi, quando lo leggo, mi sento un po’ come l’ultima sposa di Barbablù, cui dissero qualcosa tipo: “ti darà tutte le ricchezze di tutte le stanze del castello, ma non dovrai mai aprire la porta dipinta di blu”. Era ovvio che sarebbe stata la prima che avrebbe cercato di forzare.

Tornando a noi, un Bad Santa così irriverente, volgare, blasfemo, cinico, cattivo, perennemente ubriaco e pure un po’ maniaco non si era mai visto. Solo ai Fratelli Coen poteva venire in mente di sovvertire a tal punto ogni schema.

Il piano di Willie è da anni ben collaudato: travestito da Babbo Natale, si fa assumere nei grandi magazzini e, con il complice Markus (un nano malefico), trafuga l’intero incasso la notte della vigilia. Per poi sparire nel nulla, e via, verso un’altra città il Natale successivo. Come co – protagonista, e contrappeso sulla scena, compare Thurman, un bimbo tenero e angelico, anche nell’aspetto (ma per niente ingenuo) che conquista al primo sguardo.

Inserito in questa classifica come omaggio a Billy Bob Thornton che amo dal 1998, da quando, in “Armageddon”, il suo personaggio confessa di aver ripiegato sul programma ingegneri della NASA, causa un problema alla gamba (nessun elettrizzante viaggio nello spazio per lui) e, un nanosecondo prima della catastrofe, Bruce Willis si strappa il gagliardetto di missione cucito sul braccio per farglielo avere. Per me è sempre stato quello il gesto di umanità estrema. Non certo salvare 7 miliardi di persone dall’asteroide.

In questo caso, la sua performance è sufficientemente (s)gradevole da evocare spunti non proprio scontati. Finale edificante, tra parolacce e colpi di pistola, dove il grande ed il piccolo si incontrano, per cambiare l’uno la vita dell’altro per sempre.

LA MORALE SOTTESA: Non importa se i bulli ti perseguitano ogni giorno, se tuo padre è in galera, se devi badare tu alla nonna svalvolata che dovrebbe invece badare a te, se il tuo calendario dell’avvento è stato profanato con le aspirine. Preparare dei panini risolve sempre tutto.

7° POSTO — MAMMA HO PERSO L’AEREO (1990)

Intendiamoci, non che non mi piaccia, o che non sia divertente, ma l’ho trovato un po’ surreale, troppo vicino ai cartoni animati. Sicuramente è migliore del sequel a New York, come succede sempre. E una maniaca del controllo come me, se il palinsesto natalizio li inverte cronologicamente, sta proprio male (vi prego, ditemi che capita anche a voi).

Il piccolo Kevin McCallister ha otto anni e viene dimenticato dai genitori nel giorno della partenza per Parigi. Dopo un iniziale smarrimento, il ragazzino ne approfitta: riserva ogni beffa possibile ai poveri Joe Pesci e Daniel Stern, che vestono (meravigliosamente) i panni dei ladruncoli Harry e Marv, decisi a svaligiargli la casa. Gag spiritose, tra imbrogli e trappole, che contrappongono la furbizia da un lato alla totale goffaggine dall’altro.

Il messaggio oltre la parodia colpisce: il riavvicinamento può avvenire solo dopo il distacco, specie a Natale. Kevin, inconsapevole della dimenticanza della famiglia, è convinto di averla fatta sparire con un desiderio espresso per rabbia, salvo poi rimpiangere quello che prima ha tanto detestato. Per ritrovare il calore e la protezione degli affetti, bisogna prima allontanarsene, arrivare quasi a perderli. E, così, afferrarne il valore.

LA MORALE SOTTESA: Non importa se sia pieno di Pepsi o Coca – Cola . Con Fuller non dovrebbe dormirci nessuno. Ci credo che poi uno per il trauma ceda agli stupefacenti per i vent’anni successivi.

6° POSTO — “MIRACOLO nella 34esima strada” (1994)

Remake dell’omonimo film del 1947. E qui le cose si fanno serie. Specie riguardo al cast. Sì, perché la scelta degli attori è più che mai calzante in questa pellicola.

Dorey, la protagonista femminile, è interpretata da Elizabeth Perkins (la ricorderete come la rossa Wilma nella versione cinematografica de “i Flintstones” dello stesso anno), glaciale e bellissima. È una madre amorevole ma distaccata, cresce la sua bambina nella verità più cruda, senza grossi filtri, “Babbo Natale non esiste, lo sai”. Il prodotto di un’infanzia triste, da quando i genitori le rivelarono l’arcano segreto, e di una giovinezza ancora più triste, accanto ad un marito alcolizzato. Ovviamente, organizza la parata di Natale nella più totale disillusione, solo per aumentare le vendite del negozio per cui lavora.

La piccola Susan (Mara Wilson, che ci ha fatto sorridere in “Matilda sei mitica”) ha un’allegria contagiosa, ma fa discorsi da settantenne, parla di bilanci e prestiti e fallimenti come noi parliamo del gossip. O, almeno, come ne parlo io.

Dylan McDermott, nei panni del protagonista maschile Bryan, che dopo meno di mezz’ora di film si presenta con un anello di fidanzamento enorme che sembra quasi sbiadire di fronte a quegli occhi azzurrissimi, è innamorato, presente, nonché avvocato di successo che aiuterà a ristabilire l’ordine compromesso. Insomma, lo gnocco da paura che tutte vorremmo trovare sotto l’albero.

Ma se qualcuno mi avesse chiesto come immaginassi Babbo Natale a 5 anni, avrei risposto: “come quel Kris Kringle dei grandi magazzini”. Sì, il personaggio più azzeccato rimane il suo: Richard Attenborough è senza dubbio il più somigliante della storia del cinema.

La domanda che accompagna tutta la pellicola è: credete a Babbo Natale? E la risposta, come per molte altre cose inspiegabili della vita, sta tutta nella scelta che volete fare: “tra una bugia che apre i cuori alla speranza, e una verità che provoca solo dolore”.

LA MORALE SOTTESA: “In God we trust” è scritto sulle banconote da un dollaro. Non importa se siete credenti o atei, se fatalisti o scettici, se guardate all’oroscopo oppure non vi fidate nemmeno dell’ora sull’orologio. Quello che conta è credere in qualcosa. Io, ad esempio, credo che nell’attesa di completare questa classifica, mi berrò un drink.

Eh, si. Scherzetto. Per conoscere la seconda parte dell’articolo, e quindi le prime 5 posizioni della mia personale classifica dei film di Natale, dovrete, ahimè, attendere una settimana!

Ci vediamo il primo gennaio!

(Insomma, che fate a Capodanno?!)

Simona Van de Kamp

Simona Van de Kamp

Creatura mitologica, per metà prova a fare l'avvocato, per metà prova a fare la scrittrice. Diretta e pungente, la odierete tutta, al 100%. Il blog e la radio sono due sogni che si avverano. Ha messo la testa a posto, ma non ricorda dove.

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