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Preparativi di viaggio: quell’insana passione per “la lista”

La voce critica del giornalismo. Intervista a Elisabetta Cosci primo Vice Presidente donna dell’Ordine dei Giornalisti Italiani

La voce critica del giornalismo. Intervista a Elisabetta Cosci primo Vice Presidente donna dell’Ordine dei Giornalisti Italiani

Giornalismo come voce critica

Buongiorno Elisabetta, premetto che per me è una grande soddisfazione poter discutere con te su un tema così attuale come quello del giornalismo oggi, nonché del ruolo che sta assumendo la figura del giornalista in questo periodo storico. Sia in Italia, ma anche in campo internazionale, il giornalista è infatti, spesso, messo sotto accusa sia dalla classe politica ma anche, purtroppo, dall’opinione pubblica, che sembra aver perso fiducia in questa figura professionale. Vorrei, innanzitutto, iniziare questo argomento inquadrando il giornalista nella sua evoluzione storica. Da quale esigenze sociali culturali e intellettuali si è delineata questa professione e che percorso di sviluppo ha affrontato?

Cara Serena, il giornalismo inteso come “bisogno di informazione” e condivisione di conoscenze ha origini antichissime che si perdono nella storia dell’uomo. Non bastano poche righe per delineare una storia del giornalismo. Mi concentrerei soprattutto sull’importanza del giornalismo e sul ruolo che il giornalista dovrebbe avere. Il giornalista non è testimone muto del suo tempo, ma deve esserne voce critica, non deve limitarsi a una registrazione asettica dei fatti, ma deve dar loro un senso. In qualità di interprete privilegiato dei fatti, è inevitabilmente esposto all’errore e al giudizio del lettore o più genericamente, in questi tempi del web, del fruitore di notizie. Il compito del giornalista è quello di dare le notizie, ma anche di dare le spiegazioni e in questa funzione deve essere più chiaro possibile. Non è vero che il bravo giornalista deve solo fornire una registrazione asettica dei fatti, il bravo giornalista deve interpretare, sfoltire la notizia. Il mestiere del giornalista deve essere al servizio del cittadino e del suo diritto, sancito dall’articolo 21 della Costituzione, di essere correttamente informato. E per questo occorre osservare la deontologia professionale i cui principi sono raccolti nel testo unico che come giornalisti abbiamo l’obbligo di osservare. Il rispetto delle regole, l’attenzione alle persone, la cura del linguaggio dovrebbero essere alla base di un’informazione corretta. Purtroppo il nostro paese sta vivendo una crisi etica senza precedenti e anche i mezzi d’informazione riflettono questa situazione come è inevitabile che sia. La deontologia, come ricordava Indro Montanelli, è sinonimo di un’altra parola: onestà. Oggi sembra che l’onestà non serva più e lo incentiva a credere una certa propaganda del Potere a cui i giornalisti onesti danno fastidio. Il buon giornalismo è un sentiero stretto, talvolta impervio, che per essere percorso ha bisogno della schiena dritta, come ricordava il presidente Carlo Azeglio Ciampi. E come ha ribadito recentemente il presidente Sergio Mattarella  una “incondizionata libertà di stampa costituisce elemento portante e fondamentale della democrazia e non può essere oggetto di insidie volte a minarne la piena autonomia e a ridurre il ruolo del giornalismo”. 

Indebolire la libertà di stampa significa indebolire tutte le libertà

Sembra però che, sempre più frequentemente, si accusi il giornalismo proprio di quella che, in effetti, come ci hai appena spiegato, sia la sua funzione fondamentale. Quella che definisci voce critica è percepita in molti casi, purtroppo, come un filtro fazioso o un virtuosismo intellettuale. Penso alle accuse, trasformate quasi in linciaggi sul web, a Michele Serra mesi fa o a Massimo Gramellini in questi ultimi giorni o alle forti critiche verso La Repubblica o a L’Espresso che ha assunto posizioni nette sulla libertà di stampa. Con l’avvento del web e dei social, sembra che la tendenza sia quella di avere un rapporto diretto tra politica e cittadino non filtrato da una classe di intellettuali, visti come inutili e molto lontani dal “popolo”. Qual è il rischio che corriamo mantenendo questo scarso interesse ad un’analisi critica dei fatti? Hai citato Montanelli, che in prima persona ha vissuto rapporti difficili con il potere, ma ho come l’impressione che adesso lo scontro non sia solamente con la classe politica ma con buona parte dell’opinione pubblica che mette in discussione proprio la funzione del giornalista. 

Il sistema editoriale italiano e il giornalismo non sono esenti nel suo complesso da vizi, limiti e difetti. Gli editori puri tanto evocati dai politici in questo periodo, quelli che pubblicavano quotidiani e riviste per passione civile o anche solo per mestiere e non avevano interessi estranei da tutelare, si sono praticamente estinti. La stampa in genere, compresi gli “online” non è immune da peccati, colpe, faziosità, omissioni, insomma anche la nostra categoria dovrebbe iniziare a fare un po’ di autocritica e raddrizzare il tiro finché è ancora in tempo. Però non bisogna dimenticare che un paese democratico non può fare a meno dell’informazione, buona o cattiva che sia, perché indebolire la libertà di stampa significa indebolire tutte le libertà. Questa nuova classe politica predilige il web perché permette di intercettare milioni di persone, sostenitori che si trasformano in “tifosi”, che rilanciano in rete e sui social i messaggi dei loro beniamini, si elimina in questo modo l’intermediazione, si supera la figura del giornalista che è appunto mediatore tra la complessità del reale e l’opinione pubblica e questo può essere molto pericoloso. I potenti non hanno mai amato i giornalisti proprio per la loro peculiarità di essere “cani da guardia” della democrazia che non si esaurisce di fronte alla propaganda che la stampa sia nemica del popolo. Se le notizie non sono verificate e restituite seguendo precise regole deontologiche, il rischio è che da strumento di informazione la notizia si trasformi in mero strumento di propaganda per amministrare la comunità. Il pericolo è grande: stiamo assistendo al rischio di un’informazione a senso unico. La pluralità  di informazione assicura comunque una possibilità al lettore-fruitore di scelta, di selezione. Il Washington Post, uno dei quotidiani più antichi e importanti del mondo, ha un motto bellissimo che campeggia sotto l’insegna all’ingresso della sua sede e che sintetizza tutto questo: “La democrazia muore nell’ombra”.

Donne coraggiose

Pochi giorni fa Lilli Gruber, intervistata da Serena Dandini, https://www.youtube.com/watch?v=Ul__ElyrGSI ha ammonito le donne italiane definendole “poco coraggiose”. Si riferiva alla difficoltà di farsi strada e arrivare a occupare posizioni di rilievo, come per dirci, forse, di crederci di più, di lottare contro un mondo ancora molto maschile.Tu, in questo senso, sei un esempio da seguire, sei la prima donna giornalista ad essere nominata Vice Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e quindi di coraggio ne hai avuto e ne hai, così come la Gruber lo ebbe come prima conduttrice donna di un TG. http://www.rainews.it/dl/rainews/TGR/media/tos-elisabetta-cosci-vice-presidente-ordine-nazionale-giornalisti-roma-7a931764-31b6-4bf1-bae9-3297caadff1a.html. Tuttavia la prevalenza delle firme sulla maggior parte dei quotidiani è maschile, specialmente per quanto riguarda la politica, come ha denunciato Michela Murgia  da tempo. Quanto coraggio manca ancora alle donne per poter avere le stesse opportunità degli uomini? Questa disparità dipende da una cultura ancora maschilista e una scarsa credibilità della donna nel trattare temi politici o da un limite delle donne a spiccare ancora il volo?  

Io non credo che sia solo una questione di coraggio, la questione è molto più complessa. Gli uomini sono abituati a fare squadra, le donne in Italia non riescono ad essere unite spesso neanche su posizioni che dovrebbero essere sostenute e condivise, non lo sono state neanche sul caso Weinstein per esempio. È stato un caso emblematico che la dice lunga sulla nostra condizione. In Usa la condanna è stata unanime. Da noi è sorto il dubbio sulla buona fede delle vittime. L’Italia quest’anno si è ritrovata al 71esimo posto su 136 paesi in fatto di pari opportunità. Io credo che sia giunto il momento di crescere, di acquisire consapevolezza. Non sarà facile, ma dobbiamo essere consapevoli, ognuna di noi, che bisogna spostare il fuoco, se non cambiamo questo sistema culturale strutturato secondo il modello maschile in ogni settore della società, se non ci sarà davvero parità di genere le donne saranno sempre in situazioni di sudditanza. Le donne devono sempre dimostrare di essere ancora più credibili per essere credute. Nei posti decisionali il pregiudizio nei confronti delle donne è ancora molto forte, anche da parte delle stesse donne, è un pregiudizio duro a morire e l’assunzione del modello maschile, anche da parte di tante donne che ricoprono cariche di rilievo non risolve, quindi è vero che è una questione di coraggio, ma soprattutto di acquisizione di consapevolezza e di capacità di essere unite per far valere i nostri diritti. Senza contare che a spiegare e interpretare il mondo c’è quasi sempre un punto di vista maschile. Eppure le donne esperte sono tante. E possono svecchiare una visione e un linguaggio che, ignorandole, trascura i segni del tempo e disconosce l’apporto delle donne in tutti gli ambiti, dalla scienza alla tecnologia, dall’economia alle scienze sociali. Per questo, per esempio, l’associazione Giulia (Giornaliste libere e unite, alla quale appartengo) https://giornaliste.org/2016/10/18/giulia-giornaliste-unite-libere-autonome/ ha messo a punto un progetto per valorizzare il lavoro delle tante donne esperte nei loro settori di competenza che per vari motivi non hanno visibilità o non ricoprono cariche importanti. Il progetto #100esperte, è una piattaforma online che raccoglie nomi e curricula di esperte da usare come strumento di ricerca di fonti femminili competenti per giornaliste e giornalisti, ma anche come risorsa di voci prestigiose e autorevoli che possono contribuire al dibattito pubblico, dentro e fuori i media. Si procede per settori: la prima fase è stata dedicata al settore STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica), quindi l’anno successivo il focus si è dedicato all’economia e alla finanza, altro settore strategico per lo sviluppo del Paese. E così intendiamo procedere. Questo è solo un esempio del lavoro che stiamo portando avanti, che è un lavoro capillare che parte da quelle che possono essere considerate piccole azioni forse, ma sono mattoni importanti per costruire una consapevolezza diffusa che il mondo non si regge solo sulle spalle degli uomini.

Non esiste cambiamento senza crisi

Spesso dai momenti di grande criticità e sofferenza nasce qualcosa di nuovo. Nel mio campo, la psicologia, si usa riassumere questo concetto con ”non può avvenire un cambiamento stabile e profondo senza crisi”. I cambiamenti sono faticosi e possono nascere solo da bisogni profondi. Del resto la mia professione credo abbia molte affinità con la tua, entrambe partono dall’idea che per capire non è solo importante la risposta, ma sia fondamentale la domanda. E i giornalisti sono preziosi proprio per questo, hanno le competenze per porre domande, dubbi. Non solo possano informare ma, soprattutto, possano far ragionare e creare quelle che noi terapeuti chiamiamo discrepanze, che se analizzate conducono proprio a una crescita. Quindi, mi piace pensare di poter essere all’inizio di un cambiamento in questo divenire inarrestabile della storia, e mi piace pensare possa e debba essere un cambiamento inteso come crescita. Come vedi l’evoluzione del ruolo del giornalista in questo divenire? E come possiamo stimolare un bisogno nel “popolo” di informazione critica e seria che possa creare, a sua volta, una crescita per l’informazione stessa? 

Forse mi ripeto, ma sono profondamente convinta che il giornalista abbia un ruolo fondamentale. Il giornalista serve e deve essere ben preparato. Oggi che la velocità e la pervasività del web mettono tutti in condizione di divenire potenziali fonti o mediatori di notizie, il valore aggiunto dell’analisi di un professionista si deve sentire e lo si deve sentire su tutti i mezzi d’informazione, anche sui social. Il giornalista deve riconquistarsi la Fiducia che, oggi, sembra venuta meno nel patto giornalista-lettore. La soluzione alla crisi del giornalismo potrebbe essere proprio il giornalismo stesso, quello con la G maiuscola. Ritengo che l’unica via d’uscita sia nel puntare sulla qualità, su un’alta professionalità, su un un giornalismo fatto da professionisti indipendenti, trasparenti e preparati, con competenze sempre più complesse che sappiano districarsi tra le nuove grammatiche dell’informazione e siano in grado di conoscere, saper usare e governare anche i nuovi strumenti. Il giornalismo deve tornare a confrontarsi con i lettori e con i loro bisogni, deve essere in grado di fornire un valore aggiunto alle voci incontrollate e deve anche avere competenze rispetto alle “nuove” tecnologie. Per questo sono profondamente convinta della necessità della formazione, le competenze richieste in un’epoca come la nostra sono terribilmente più complicate, per questo occorre studiare, aggiornarsi continuamente, essere preparati, solo così, forse, ci salveremo e salveremo il diritto dei cittadini ad una corretta informazione che è fondamento di democrazia. Se l’informazione vuole avere un futuro deve posare su pilastri solidi. La forza del racconto, la bellezza di una storia, il fascino dell’inchiesta, insieme con la verifica delle fonti e del rispetto della verità, dell’etica e della deontologia può ancora fare la differenza rispetto alle bufale che spesso la rete ci propina. Insomma “gli esami non finiscono ma i”come affermava Eduardo e e noi giornalisti quegli esami, oggi più che mai, dobbiamo essere in grado di superarli

Dott.ssa Serena Ricciardulli

Psicologa, Psicoterapeuta e scrittrice. Vive nella sua amatissima Castiglioncello. Nel 2017 esce il suo romanzo di esordio “Fuori Piove” (Bonfirraro Editore) https://video.repubblica.it/edizione/firenze/fuori-piove-un-sex-and-the-city-in-salsa-livornese/289648/290267. Di lei hanno scritto La Repubblica, Il Tirreno, La Nazione, Nuova Antologia, la RAI, definendo il suo romanzo un successo editoriale. Da un anno tiene un blogger per WiP Radio, Pensieri Shakerati (mentre fuori piove) nel quale si occupa di attualità, società e cultura.

Elisabetta Cosci

Elisabetta Cosci giornalista freelance è iscritta all’ordine dei giornalisti dal 1984, dall’ottobre 2017 è Vicepresidente Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti. Ha collaborato con Radio (radio flash, CNR), tv (RTL, Tele Elefante, Video Music), quotidiani (il Tirreno, la Nazione, Il Telegrafo, l’Unità, il Manifesto) e periodici, in particolare con il mensile di TV Sorrisi e Canzoni, “Tutto” e con Nuovo Consumo. Ha diretto per la CGIL Livorno Bassa val di Cecina il mensile Nuova proposta. Con Paolo Malventi ha coordinato il volume commissionato dalla Regione Toscana sulla vicenda della nave di rifiuti tossici KARIN B. Nel 1990 è in Libia dove realizza un reportage tv e un servizio pubblicato da Il Tirreno con interviste a Gheddafi e ad Arafat  Dal 1991 ha iniziato l’attività di Ufficio Stampa per le mostre di arte moderna e contemporanea e per gli incontri letterari a Castello Pasquini. Dal 2000 cura l’ufficio stampa dell’associazione culturale Armunia, Castiglioncello (LI) e del festival di teatro e danza contemporanea Inequilibrio. Ha diretto il semestrale di filosofia e cultura Babel, condirettore il filosofo Alfonso Iacono.
Ha curato l’ufficio stampa di molti artisti e compagnie teatrali tra cui Alessandro Benvenuti per il quale ha anche curato la pubblicazione e scritto la prefazione del volume “Trilogia dei Gori” scritta da Benvenuti con Ugo Chiti, edizioni Titivillus.  e l’ufficio stampa di Micha van Hoecke, ha inoltre curato l’ufficio stampa di molte prime di spettacoli, tra i quali Storie di plastica di Marco Paolini, Guerra di Pippo Del Bono, progetti speciali di Virgilio Sieni e della Compagnia Lombardi Tiezzi. Collabora come ufficio stampa con il Teatro Cantiere Florida di Firenze. Ha curato l’ufficio stampa del Premio Letterario Castiglioncello, del Premio Cultura Politica G.Spadolini, del Premio per la Comunicazione e degli incontri letterari e sulla Comunicazione  e degli incontri di Paolo Mieli a Castello Pasquini Castiglioncello (LI). E’ stata per due anni nella giuria del Premio Lo Straniero di Goffredo Fofi. È docente di corsi formativi di giornalismo e ufficio stampa.  

Cura e organizza presentazioni di libri e incontri letterari. Ha ideato e dirige SereNere incontri con scrittori noir. Ha ideato e dirige con il giornalista Gianpaolo Boetti il festival Le vie del giornalismo a Castagneto Carducci (LI).

Serena Ricciardulli

Serena Ricciardulli

Psicoterapeuta e scrittrice. Vive nella sua amatissima Castiglioncello. Nel 2017 esce il suo romanzo di esordio "Fuori Piove" (Bonfirraro Editore). Di lei hanno scritto La Repubblica, Il Tirreno, La Nazione, Nuova Antologia, definendo il suo romanzo un successo editoriale. Adesso inizia la sua esperienza come blogger di WiP Radio.

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